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Effetto Regionali: come hanno votato Lazio e Lombardia il 4 marzo?

Anche se non se n’è parlato più di tanto, nel clamore generato dalle contestuali elezioni politiche, lo scorso 4 marzo si è votato anche per le elezioni regionali in Lazio e in Lombardia. Come era già avvenuto nel 2013, nello stesso giorno gli elettori di queste due regioni si sono dunque trovati ad esprimere il proprio voto per due differenti tipologie di arene, quella nazionale e quella locale. Alla luce della consapevolezza dimostrata dagli elettori in occasione delle ultime elezioni, la domanda è: come è cambiato il loro “comportamento” nelle due diverse arene elettorali?

Le differenze con le Politiche non si limitavano solo alla presenza di liste civiche e alla diversa composizione delle coalizioni ma riguardavano anche le modalità di voto. Gli elettori potevano scegliere di votare solo per un candidato presidente di Regione, per una lista (in questo caso il voto sarebbe andato automaticamente al candidato governatore ad essa collegato) o per entrambi. Fin qui, poche differenze con quanto previsto dal sistema elettorale per il Parlamento: alle Regionali era però ammesso il voto disgiunto, pertanto era possibile votare per un candidato presidente e per la lista di un diverso schieramento. Si potevano infine esprimere (anche qui, a differenza che per Camera e Senato) fino a due preferenze tra i candidati della lista votata, rispettando l’alternanza di genere.

Il voto regionale nel Lazio

Nicola Zingaretti è stato riconfermato alla presidenza del Lazio con il 32,9% dei consensi: è stata questa l’unica vera nota positiva in quella notte drammatica per il PD. Al contrario di quanto successo sul piano nazionale, il centrosinistra nel Lazio correva unito, potendo contare sul determinante sostegno di Liberi e Uguali. La corsa solitaria di Civica Popolare, fermatasi allo 0,2% dei voti, è stata di fatto ininfluente.

Una vittoria comunque di misura quella di Zingaretti, che è arrivato primo in 2 province su 5 (Roma e Rieti), a causa dell’ottimo risultato del centrodestra unito con Stefano Parisi che ha ottenuto il 31,2% nonostante la sua candidatura tardiva. Si è rivelata probabilmente decisiva la scelta di Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, di correre in solitaria per la presidenza: è infatti lecito pensare che, in caso contrario, buona parte del suo 4,9% sarebbe andato verso il centrodestra, ribaltando il risultato.

Roberta Lombardi si è attesta invece al terzo posto, con il 27% delle preferenze, sebbene quella del Movimento 5 Stelle sia risultata la lista più votata della regione.

I voti dati ai soli candidati presidenti, senza votare anche una lista, sono stati oltre 550.000. Se Zingaretti è stato votato da 1.018.736 persone, sono 867.393 quelli che hanno votato per le liste della sua coalizione che lo sosteneva. Meno “attrattiva” è stata la candidatura di Parisi, che ha fatto registrare un saldo di circa 42.000 voti rispetto alle liste del centrodestra. Questo aspetto è stato decisivo: le liste di centrodestra infatti hanno raccolto più voti di quelle di centrosinistra, che ha vinto grazie al numero molto maggiore di voti “solo presidente” (circa 150 mila) ottenuti da Zingaretti.

Il risultato di Zingaretti rimane comunque lontano dal 40,7% con cui si era imposto nel 2013, mentre Parisi ha lievemente migliorato la performance dell’allora candidato del centrodestra Francesco Storace, che prese il 29,3%. I 5 Stelle, che con Davide Barillari presero il 20,2 nel 2013%, si sono comunque dimostrati in forte crescita sul piano regionale.

Il voto regionale in Lombardia

In Lombardia il quadro delle coalizioni si presentava più in linea con quello nazionale. Il centrosinistra, orfano di LeU, in disaccordo con la candidatura del renziano Giorgio Gori, poteva contare sull’appoggio di Lombardia Progressista (movimento ispirato da Giuliano Pisapia) e della lista civica Lombardia per le Autonomie. Il centrodestra invece, rispetto alle Politiche, era sostenuto anche dalle liste del Partito Pensionati e di Energie per L’Italia.

Nessun testa a testa in Lombardia: quello di Attilio Fontana è stato un trionfo ben superiore anche al successo di Roberto Maroni nel 2013 (che vinse col 42,8%). Ha vinto infatti con il 49,8% dei voti: praticamente un elettore su due ha votato per l’ex sindaco di Varese.

Gori si è fermato appena al 29,1%. In ogni caso, quindi, l’1,93% del candidato di LeU non avrebbe cambiato l’esito della consultazione.

Il 17,4% di Dario Violi ha confermato il risultato del Movimento 5 Stelle, terzo partito della regione, alle Politiche in Lombardia.

Così come avvenuto nel Lazio, nel voto alle liste il successo del centrodestra è stato ancor più netto: più della metà dell’elettorato lombardo ha scelto una lista di quella coalizione, con un picco del 63,3% dei consensi nella provincia di Sondrio. Ha raccolto meno voti di Gori, invece,  la coalizione di centrosinistra, che ha ottenuto il suo miglior risultato nella provincia di Milano (31,1%).

Le preferenze infine confermano questo trend, con il centrodestra a trazione leghista che domina in tutte le province lombarde, mentre a Milano hanno la meglio i candidati di Forza Italia e quelli del Partito Democratico.

Come detto, la vittoria di Fontana va anche oltre il successo di Maroni nella tornata precedente, mentre il centrosinistra perde quasi 10 punti: Ambrosoli nel 2013 conquistò infatti il 38,2% dei consensi. Per i 5 Stelle il discorso è lo stesso del Lazio: anche cinque anni fa andarono peggio alle Regionali rispetto alle Politiche; tuttavia segnano comunque un miglioramento in confronto al precedente 14,3%.

Il confronto con le Politiche

L’atteso effetto traino delle Politiche sembra essersi verificato solo in Lombardia, trascinando il centrodestra ben oltre il risultato nazionale. La vittoria di Fontana (candidato leghista) inoltre accentua su scala regionale i rapporti di forza all’interno della coalizione: in Lombardia la Lega prende addirittura il doppio dei voti di Forza Italia, sia alle Regionali che alle Politiche.

Per quanto riguarda il centrosinistra, invece, la coalizione è andata un po’ meglio alle Regionali (27%) che alle Politiche (25,3%): ciò probabilmente è in parte dovuto anche all’apporto della lista Gori Presidente (3%). Guardando al voto di lista, il PD e i suoi principali alleati prendono meno voti rispetto a quelli espressi per il proprio candidato Governatore. I dem, tuttavia, rimangono il secondo partito della regione.

Infine, il Movimento 5 Stelle, terzo partito sia alle Politiche sia alle regionali, con Violi perde voti rispetto al confronto nazionale, come era già avvenuto nel 2013.

Nel Lazio, invece, il voto regionale sembra andare in controtendenza rispetto a quello delle Politiche. Il centrosinistra guidato da Zingaretti, come detto, vince anche grazie all’alleanza con LeU e il contestuale crollo dei 5 Stelle (meno 10 punti rispetto al dato di Camera e Senato). La liste +Europa e LeU fa meno bene rispetto al voto politico nazionale, ma in compenso il PD fa meglio, ottenendo un discreto 21,2% (insidiando il primato del M5S nel voto alle liste).

Il cambiamento più evidente, come accennato, riguarda il voto ai 5 Stelle: quasi un terzo di coloro che hanno votato M5S alle Politiche, infatti, non ha confermato il voto alle Regionali, condannando Roberta Lombardi alla terza posizione.

Il centrodestra ha invece sostanzialmente bissato il risultato delle Politiche, con l’unica differenza che qui Forza Italia è davanti alla Lega (14,6% contro 10%). Il partito di Berlusconi, in maniera opposta alle Politiche, è andato meglio nelle periferie rispetto a quello di Salvini. Fratelli d’Italia, dal canto suo, dimostra ancora una volta di avere nel Lazio la sua roccaforte attestandosi in entrambi i casi attorno all’8%.


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Emanuele Monterotti

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