Il mandato esplorativo conferito ieri dal Capo dello Stato al Presidente della Camera Roberto Fico è la seconda iniziativa istituzionale del Quirinale in pochi giorni per accelerare i tempi della nascita del nuovo governo. Non è la prima volta nella storia della nostra Repubblica che “gli esploratori” incaricati dal Quirinale entrano in campo per sbloccare una situazione di stallo: vediamo quali sono stati i precedenti e soprattutto quali esiti hanno prodotto.
Cinquanta giorni dopo il voto del 4 marzo, che ha stravolto la geografia politica dell’Italia, con un nord a trazione leghista, un centro-sud a maggioranza pentastellata e i due partiti “di sistema” (PD e Forza Italia) fortemente ridimensionati, non si è ancora prodotto un accordo di governo tra le principali forze politiche. Né sono stati definiti i ruoli di maggioranza e opposizione, necessari per far partire i lavori parlamentari a pieno regime.
Dopo aver condotto due giri di consultazioni – entrambi con esito negativo – con tutti i gruppi parlamentari, il primo incarico esplorativo da parte di Mattarella è stato affidato alla Presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati. Nel giro di 48 ore, tra il 18 e il 20 aprile, la Casellati ha ricevuto più volte le delegazioni nel suo studio di Palazzo Giustiniani, raccogliendo le posizioni ufficiali e saggiando in particolare lo stato dei rapporti tra la coalizione di centrodestra (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia) la più numerosa in Parlamento dove può contare su 265 deputati e 137 senatori, e il M5S, partito di maggioranza relativa con 227 deputati e 112 senatori. Ma la “quadratura del cerchio” non è arrivata.
Venuto a conoscenza dell’esito degli incontri e preso atto dell’assenza di significativi sviluppi nel confronto tra gli schieramenti, il Capo dello Stato ha convocato ieri pomeriggio il Presidente della Camera Roberto Fico, che fino a giovedì avrà il compito di condurre ulteriori colloqui, questa volta esplorando la possibilità di una convergenza tra il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico.
La decisione di coinvolgere i Presidenti delle Camere nel processo di formazione del governo rientra tra le possibilità a disposizione del Presidente della Repubblica, nel caso in cui non sia palesata fin da subito una maggioranza di governo e dunque le condizioni per un mandato pieno. La personalità di “alto profilo istituzionale” viene incaricata dal Colle di incontrare le delegazioni di tutti i gruppi parlamentari nel tentativo di verificare la possibilità di intese politiche non emerse in precedenza o comunque di guadagnare tempo in attesa di nuovi sviluppi.
I tentativi di questi giorni dovrebbero favorire il decollo effettivo della XVIII legislatura inaugurata lo scorso 23 marzo. Invero, i mandati esplorativi sono stati utilizzati diverse volte in passato, tuttavia senza mai trasformarsi in un mandato pieno, cioè senza portare alla nascita di un governo guidato dalla figura scelta dal Colle.
La Prima Repubblica in particolare offre diversi esempi di mandati esplorativi utilizzati per risolvere crisi di governo più o meno prolungate, in diversi frangenti della legislatura. Nella maggior parte dei casi, questa formula si presenta in occasione di crisi di governo. La durata delle crisi, intese come il lasso di tempo compreso tra le dimissioni di un esecutivo e il giuramento di quello successivo, hanno avuto nel corso della storia repubblicana una durata variabile, da un minimo di una settimana ad un massimo di quattro mesi.
Come si osserva nella tabella, la crisi di governo più lunga nella Prima Repubblica è quella che iniziò nel febbraio 1972 quando il primo governo Andreotti – monocolore DC – non ottenne la fiducia del Parlamento e fu costretto a dimettersi provocando le prime elezioni anticipate nella storia della Repubblica: passarono così ben 118 giorni, prima che si arrivasse al giuramento del governo successivo, sempre guidato da Andreotti, il 26 giugno 1972.
Al contrario, è interessante notare come la più breve crisi di governo si ebbe nel pieno dello scandalo di Tangentopoli nell’aprile 1993: dalle dimissioni del governo Amato al giuramento del successivo esecutivo guidato da Carlo Azeglio Ciampi passarono appena 7 giorni.
Ma esiste una corrispondenza tra l’utilizzo dei mandati esplorativi e la presenza delle crisi di governo più lunghe?
Confrontando i dati della nostra tabella con gli esempi di mandati esplorativi affidati ai Presidente delle Camere (9 casi in totale), si vede come non esista un rapporto diretto che leghi il ricorso a questa formula istituzionale alla presenza di crisi di governo particolarmente lunghe: ne sono degli esempi i casi di Cesare Merzagora nel 1957 (13 giorni) o di Sandro Pertini – allora Presidente della Camera – che nel 1968 ricevette dal Capo dello Stato Giuseppe Saragat l’incarico per un giorno solo nei 24 totali della crisi.
D’altra parte, crisi di governo lunghe, come quella già citata del 1972 o quella nata a seguito delle elezioni del giugno 1979 non produssero mandati esplorativi bensì altri esiti come dei pre-incarichi o dei mandati pieni, a discrezione della sensibilità del Presidente della Repubblica del momento nonché, ovviamente, della situazione politica generale del Paese.
In altri casi poi, i mandati esplorativi sono serviti per certificare l’impossibilità di ricomporre una maggioranza di governo già in crisi, portando allo scioglimento anticipato delle Camere e a nuove elezioni, come negli esempi di Tommaso Morlino (1983), Nilde Iotti (1987) e Franco Marini (2008).
In conclusione, i tentativi condotti dagli “esploratori istituzionali” Fico e Casellati si inseriscono in una prassi ormai consolidata nella fase delle consultazioni per la formazione del governo, una formula che non sempre si accompagna a crisi lunghe e che non si traduce necessariamente in un governo guidato da uno dei Presidenti delle Camere, ma che può rivelarsi decisiva per sbloccare una situazione di stallo e aprire una fase politica nuova.
Sarà un mandato esplorativo la mossa decisiva per dare il colpo d’avvio della Terza Repubblica?
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