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Governo: cosa vogliono gli elettori?

A quasi due mesi dal giorno del voto i partiti non sono riusciti a risolvere la situazione di stallo seguìta ai risultati delle Politiche del 4 marzo. I due giri di consultazioni effettuati dal presidente della Repubblica Mattarella e gli incarichi esplorativi affidati ai presidenti delle Camere non hanno – finora – sbloccato la situazione. Se tutti i tentativi falliranno, l’esito pressoché inevitabile sarà lo scioglimento anticipato e il ritorno alle urne, forse già entro la fine del 2018: ma i numeri della nostra Supermedia dei sondaggi sembrano suggerire che i risultati non si discosterebbero molto da quelli del 4 marzo e che quasi certamente non garantirebbero una maggioranza autonoma né al centrodestra né al Movimento 5 Stelle.

In tutto ciò, quali sono i desideri degli elettori? Che soluzioni vedrebbero di buon occhio per risolvere questo stallo e quali sono invece quelle che non gradirebbero?

Le varie ipotesi sono state vagliate più volte dopo il 4 marzo, da diversi istituti di sondaggio. Per provare a rispondere alla domanda, abbiamo quindi elaborato una vera e propria “supermedia degli scenari” sul modello di quella che dedichiamo alle intenzioni di voto.

Partiamo proprio dall’ipotesi di un ritorno al voto. Questa eventualità non sembra dispiacere troppo agli italiani: tenendo conto delle rilevazioni delle ultime settimane, il 18,8% degli intervistati ritiene che nuove elezioni siano l’ipotesi migliore per risolvere la situazione che si è venuta a creare. Questa percentuale però è diminuita di circa tre punti rispetto alle rilevazioni di inizio mese. Un dato che forse riflette lo scetticismo verso l’effettiva efficacia di questa soluzione, soprattutto se si pensa che negli altri paesi europei, quando si è tornati al voto una seconda volta a distanza di pochi mesi, le cose non sono cambiate più di tanto rispetto alla prima volta – e il dato dell’affluenza è andato anche diminuendo. Sarebbe interessante vedere se nel nostro paese un caso del genere (mai verificatosi nella storia della Repubblica) potrebbe spingere gli elettori italiani a un comportamento differente.

Ma l’opzione preferita dalla maggioranza relativa degli elettori per dare un governo all’Italia resta un’alleanza tra Movimento 5 Stelle e Lega. Luigi Di Maio e Matteo Salvini sono stati i due indiscussi “vincitori morali” del voto del 4 marzo e dal giorno successivo sono diventati i protagonisti del dibattito politico nazionale. Il leader pentastellato ha cercato in ogni modo di spezzare l’alleanza di centrodestra, mentre il segretario leghista ha cercato – senza successo – di far rinunciare a Di Maio le rivendicazioni alla premiership, rimanendo fedele agli alleati nonostante le continue esternazioni anti-M5S di Berlusconi. Nelle rilevazioni delle ultime due settimane l’ipotesi del ‘governo dei due vincitori’ è stata quella preferita dal 30,1% dei rispondenti (anche qui però facendo segnare un calo di quasi 3 punti rispetto al periodo precedente).

Per contro, forse anche a causa della fermezza con cui Salvini ha tenuto il punto sulla questione, l’ipotesi di una maggioranza composta dal M5S e dall’intera coalizione di centrodestra (Lega, Forza Italia e FDI) ha visto crescere i suoi consensi dal 9 ad oltre il 14% degli intervistati. Ma è comunque un dato che vale meno della metà rispetto a quello del patto a due tra Di Maio e Salvini. Un’eventuale alleanza M5S-centrodestra, se mai fosse messa in pratica, garantirebbe al governo una maggioranza granitica alla Camera, pari a circa 490 seggi su 630. Ma rimane un’opzione vista con meno favore anche rispetto al cosiddetto “governo del Presidente”, auspicato dal 17,2% degli italiani e il cui consenso è in costante aumento.

Quest’ultimo dato in particolare può essere considerato abbastanza sorprendente, visto che si tratta di una soluzione molto ‘stile Prima Repubblica’ certamente poco in sintonia con le indicazioni politiche emerse dal voto del 4 marzo. Evidentemente una parte crescente degli elettori sembra aver accettato come un dato di fatto che l’essere passati ad un sistema politico prevalentemente proporzionale porta con sé la possibilità di creare quei governi di larghe intese che erano stati a lungo evitati con il bipolarismo tipico della Seconda Repubblica e che sono tornati in auge con la fine dell’ultimo Governo Berlusconi nel 2011. Quella del ‘governo di tutti’ è l’ipotesi maggiormente gradita al PD attualmente guidato dal reggente Maurizio Martina, nonché l’unica che al momento i democratici sembrano seriamente voler prendere in considerazione per un loro ingresso nella maggioranza. L’idea di un governo con i 5 Stelle, sondata concretamente in questi giorni con l’incarico esplorativo affidato a Roberto Fico, non scalda i cuori: la vede come la miglior soluzione solo il 13% degli elettori, peraltro un dato in calo sia rispetto alle ultime settimane sia a quelle immediatamente successive alle elezioni.

Infine, nettamente ultima nell’indice di apprezzamento tra le varie opzioni possibili, c’è la cosiddetta ‘conventio ad excludendum’ nei confronti del Movimento 5 Stelle, con un governo centrodestra-PD che sarebbe la best option solo per il 5% degli elettori. Ma almeno questa, visti i veti reciproci tra le forze politiche coinvolte e lo scarsissimo gradimento che fa registrare, sembra essere davvero l’unica ipotesi che si può scartare con una certa sicurezza.

 

Matteo Senatore

Sono un ragazzo torinese laureato in Comunicazione Pubblica e Politica. Gran chiacchierone, da sempre amante dello sport, delle campagne elettorali e del cinema. Mi illudo ancora che la legge elettorale debba rappresentare le regole del gioco più profonde di un paese.

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