Non era un governo atteso. Non poteva essere escluso a priori ma pochi, prima del 4 marzo, prendevano questa opzione sul serio.
Invece, l’esecutivo gialloblu sta per nascere davvero, dopo la promozione plebiscitaria da parte dei rispettivi “popoli” nei gazebo del weekend.
Tuttavia, se per Salvini e Di Maio gli ultimi due mesi e mezzo sono stati tutt’altro che facili, il momento difficile viene adesso.
Perché entrambi sono di fronte a grandi rischi, e l’opinione pubblica italiana ha dimostrato più volte di essere spietata.
Luigi Di Maio e i 5 Stelle sono i partner che rischiano di più: il risultato straordinario che hanno ottenuto alle elezioni politiche è una responsabilità importante e ora sta a loro l’onere di mostrare di saper governare. Il contratto stipulato assieme ai leghisti, non c’è dubbio, guarda a destra. E questo sarà il primo grande rischio per un MoVimento che ha fondato i propri successi elettorali sul paradigma per il quale “destra e sinistra sono categorie superate”. Il MoVimento 5 Stelle ha un elettorato fortemente eterogeneo, diviso tra ex elettori di destra e di sinistra a livello di base, e tra movimentisti e istituzionali ai vertici (basti pensare alle enormi differenze tra Roberto Fico e lo stesso Di Maio). Non sarà facile spiegare agli storici elettori progressisti che nei 5 Stelle hanno visto la “nuova sinistra” una politica particolarmente dura sull’immigrazione e iniqua sul piano fiscale.
L’ultimo Atlante Politico di Demos & Pi, uscito ieri per la Repubblica, mostra già una flessione del MoVimento 5 Stelle, tornato a poco più del 31%: piccole avvisaglie che ricordano a Di Maio che l’elettorato italiano non fa sconti.
Dopotutto, la comunicazione a 5 Stelle degli ultimi anni ha creato attorno a sé enormi aspettative, difficili da rispettare.
La Lega di Salvini, invece, vive un momento di grande successo, con risultati record registrati negli ultimi sondaggi: dal 22% di Demos & Pi al picco del 27% registrato da Lorien Consulting; per Demos, inoltre, Salvini avrebbe superato Paolo Gentiloni come leader politico più apprezzato del Paese.
Grazie a un’identità e una cultura politica più solide, il leader dell’ex partito del nord è riuscito a dominare la sfida con i 5 Stelle per l’influenza sul programma, e oggi è forte, apprezzato, vincente.
Eppure, anche lui nei prossimi mesi si troverà di fronte a sfide difficili da affrontare.
Uno dei leader più accaniti contro questo governo sarà infatti il suo alleato Silvio Berlusconi, che sembra avere al suo fianco quasi tutto lo stato maggiore di Forza Italia (Toti escluso). Un problema superabile – dopotutto Berlusconi ha già governato assieme al Pd con la Lega all’opposizione, senza mai mettere in dubbio l’alleanza – ma non trascurabile: senza un centrodestra unito, la Lega perde improvvisamente il proprio peso politico. Il suo 25% stimato dagli ultimi sondaggi, senza l’aggiunta dei dati di Forza Italia e Fratelli d’Italia, serve a ben poco. Salvini dovrà quindi tirar fuori nuovamente la propria abilità scacchistica per tenere assieme l’equilibrio di governo e l’equilibrio di coalizione.
Il rischio di perdere consensi è sempre dietro l’angolo, in un Paese che ha scoperto dopo settant’anni il voto fluido. Per il momento, però, all’orizzonte non si vedono competitor agguerriti – fatta eccezione per il vecchio leone di Arcore.
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