Domenica scorsa si è votato per eleggere le principali cariche politiche della Repubblica Federale del Brasile: governatori, deputati statali e federali, senatori e il Presidente della Repubblica. Quest’ultima era la competizione decisamente più “pesante”: dei (tanti) candidati alla presidenza avevamo parlato diffusamente qui. Com’è andata a finire?
1. I RISULTATI
È andata a finire che al ballottaggio del 28 ottobre andranno Jair Bolsonaro e Fernando Haddad, come peraltro era stato previsto dai sondaggi della vigilia. Ben oltre qualunque sondaggio, però, si è rivelato il risultato finale di Bolsonaro, che ha rischiato di vincere al primo turno, raccogliendo oltre 49 milioni e 200 mila voti, pari a circa il 46% dei voti validi, contro poco meno del 30% del candidato del PT (31 milioni e 300 mila voti), ex vice di Ignacio Lula Da Silva.
Segue Ciro Gomes, ex governatore del Cearà e candidato del Partito Democratico Laburista (PDT), con il 12 per cento circa (13,3 milioni di voti). Non si è verificata la svolta attesa tanto attesa da Gomes nello sprint finale, in cui ha cercato di posizionarsi come la proposta politica moderata, contrapponendosi agli estremismi di Bolsonaro e Haddad, e la sconfitta alle urne si è rivelata peggiore delle previsioni.
L’ex governatore dello stato di San Paolo, Geraldo Alckmin, del Partito Social Democratico Brasiliano (PSDB), si è fermato sotto il 5% con poco più di 5 milioni di voti, mentre risulta deludente Marina Silva, crollata all’1% (e al settimo posto) dopo essere stata ampiamente sopra il 10% nelle intenzioni di voto fino a un mese dalle elezioni. Quinto si è classificato infatti João Amoêdo (Partito Novo), con il 2,5% mentre sesto a sorpresa Cabo Daciolo (candidato dell’estrema destra e molto religioso di cui avevamo parlato), con ben 1.348.323 voti, più di quelli di dinosauri della politica brasiliana come la stessa Silva e Henrique Meirelles.
Una delle chiavi principali per leggere questo tornata elettorale è senza dubbio quella della altissima volatilità del voto brasiliano, non solo rispetto ai risultati finali delle elezioni precedenti, ma anche alle intenzioni di voto rilevate nelle settimane che hanno preceduto il voto. Perché se solo i sondaggi più ottimisti davano Bolsonaro al 40%, altri come Datafolha e Ibope avevano già spiegato come metà degli elettori di Alckmin, il 43% di quelli di Gomes e addirittura oltre il 60% di quelli di Marina Silva sarebbero stati disposti a cambiare voto.
Allo stesso tempo, i due principali istituti brasiliani riscontravano una maggiore cristallizzazione tra gli elettori di Bolsonaro e Haddad, e il venirsi a creare di una polarizzazione violenta (l’uccisione a coltellate di un uomo che aveva dichiarato di aver votato PT può aiutare a dare un’idea del clima politico di queste settimane in Brasile). In ogni caso, questa è stata probabilmente l’elezione più imprevedibile dal 1985, caratterizzata fin dall’inizio dalla lotta del PT per via giudiziaria contro l’incandidabilità di Lula, e passata per l’attentato a Bolsonaro, che l’ha costretto a concludere la campagna elettorale da un letto d’ospedale, utilizzando estensivamente i social media per conquistare voti.
Social media che hanno giocato un ruolo fondamentale in queste elezioni. Vale la pena ricordare che sei brasiliani su dieci si informano via WhatsApp, e come il peso della tv si è dimostrato sempre meno influente nell’indirizzare le opinioni nel Paese: Alckmin ha goduto di 5 minuti e 32 secondi di tribuna elettorale, più del doppio di Haddad (2 minuti e 33 secondi) e ben 42 volte il tempo di Bolsonaro (cioè…8 secondi). Facebook e Instagram hanno trascinato e continueranno a trainare un popolo che spende una delle maggiori percentuali di tempo giornaliero al mondo sui social network.
2. VOCI SUI BROGLI: DA DOVE VENGONO?
Secondo il collettivo di fact-checking Eleições Sem Fake, nove dei dieci post di WhatsApp pubblici più condivisi in Brasile il giorno delle elezioni erano voci secondo le quali sarebbe stato impedito ai sostenitori di Bolsonaro di votare. Le catene sono state inoltrate da gruppi WhatsApp pro-Bolsonaro durante tutto il weekend, paventando un golpe e rilanciando bizzarri avvertimenti (come ad esempio quello di non indossare t-shirt col faccione di Bolsonaro ai seggi).
Façam vídeos dizendo o estado/cidade, zona, seção eleitoral, horário e seu nome completo. Postem nas redes. Precisamos de mais informações para colocar as denúncias adiante, seja no TRE/TSE, OEA ou PF. Façam boletim de ocorrência tb de preferência no plantão da Polícia Federal. https://t.co/AMhGETKk1z
— Eduardo Bolsonaro 17 (@BolsonaroSP) October 7, 2018
Su Twitter Eduardo Bolsonaro, figlio di Jair, invitava a raccogliere prove dei brogli in corso. In Brasile, però, come in Italia e in qualunque democrazia matura o sedicente tale, è contro la legge scattare qualsiasi tipo di foto o video nel seggio. Non è la prima volta tuttavia che l’entourage di Bolsonaro ha paventato la possibilità di brogli per influenzare elezioni; risale a poche settimane fa il video in cui Bolsonaro, dal suo letto d’ospedale, diceva che se non avesse vinto sarebbe stato a cause delle macchinazioni fraudolente architettate dal PT.
Sulla stessa linea e solo leggermente più caute le dichiarazioni post-voto, dove ha parlato di problemi legati al voto elettronico. «Sono certo che se non ci fossero stati, avremmo avuto il nome del Presidente della Repubblica stasera. Non possiamo rimanere in silenzio, chiederemo soluzioni al Tribunale Supremo Elettorale», ha detto in un video su Facebook. I suoi sostenitori hanno protestato contro il TSE a Brasilia al grido di «Brogli, brogli!».
3. IL NUOVO PARLAMENTO BRASILIANO
Dalle urne sono usciti i nomi di 54 degli 81 senatori brasiliani, (due eletti per ognuno dei 27 stati, mentre il terzo verrà eletto tra quattro anni) e dei nuovi 513 deputati, eletti in numero proporzionale alla popolazione su base statale.
Il PSL di Bolsonaro ha ottenuto un risultato storico al Congresso nazionale, superando le previsioni di tutti gli addetti ai lavori ed eleggendo 52 deputati federali, rispetto all’unico deputato (lo stesso Bolsonaro) piazzato nel 2014. Anche al Senato federale il risultato è stato positivo, con 4 senatori eletti a fronte di zero eletti nel 2010.
Il PT di Lula, Roussef e Haddad perde 13 deputati ma si conferma il primo partito della Camera brasiliana, con 56 seggi conquistati. Al Senato invece si ferma a 4 senatori, contro gli 11 delle elezioni del 2010. Sempre al Senato, il Movimento Democratico Brasiliano (MDB), del presidente della Repubblica uscente Michel Temer, si conferma il primo partito con 12 senatori.
Come abbiamo spiegato qui, in Brasile vige una sorta di “presidenzialismo proporzionale”: il Presidente è eletto direttamente dai cittadini, come negli USA (o meglio, come in Francia), ma deve poi trovare una coalizione in un Parlamento tra i più frammentati al mondo per far passare i provvedimenti legislativi.
4. VERSO IL BALLOTTAGGIO: CHI APPOGGIA CHI
«Abbiamo tutto per essere una grande nazione. Dobbiamo unire i nostri voti, unire i cocci lasciati da un governo di sinistra del passato», ha detto Bolsonaro promettendo di salvare «il paese sull’orlo dell’abisso» con una ricetta basata innanzitutto su un taglio alle tasse e una minore presenza dello stato in economia: «Non possiamo far tornare la sinistra al potere», ha aggiunto.
– Hoje elegemos Senadores e Deputados que defendem nossas bandeiras por todo o país. Dia 28 selaremos essa vitória no…
Gepostet von Jair Messias Bolsonaro am Sonntag, 7. Oktober 2018
Haddad, da parte sua, ha festeggiato la notizia del ballottaggio: «Vogliamo un grande progetto per il Brasile, profondamente democratico, ispirato alla ricerca instancabile della giustizia sociale».
#AgoraÉHaddadAgradeço a todas e todos que depositaram nas urnas a confiança de ver o Brasil feliz de novo.Agora, o…
Gepostet von Fernando Haddad am Sonntag, 7. Oktober 2018
«Non posso aspettare una settimana, no. Di solito decido queste cose rapidamente, ma ora rappresento un insieme molto grande di forze. Quindi vogliono annunciare per me stesso. Il mio spirito è fare ciò che ho fatto tutta la vita: lottare in difesa della democrazia e contro il fascismo», ha dichiarato Gomes, lasciando intendere che mai supporterà Bolsonaro. Ele não, «lui no, senza dubbio». La candidata a vicepresidente nel ticket con Gomes, Katia Abreu (esponente dei grandi latifondisti brasiliani), tuttavia, ha già dichiarato che si manterrà neutra al ballottaggio, rifiutandosi di appoggiare Haddad.
Alckmin probabilmente farà un endorsement per Bolsonaro mentre Marina Silva non ha ancora preso posizione: potrebbe dire di votare Haddad, ma molti dei suoi (comunque pochi) elettori si ritroverebbero più vicini a Bolsonaro, in particolare sui temi economici. Amoêdo del Partido Novo ha lasciato intendere che è pronto a sostenere Bolsonaro, anche perché difficilmente risulterebbe credibile un avvicinamento nei confronti di Haddad.
‘Precisamos entender as ideias de Bolsonaro’, diz Amoêdo sobre apoio no 2º turno https://t.co/A4hgow1axA pic.twitter.com/j5TluBMciN
— Folha de S.Paulo (@folha) October 7, 2018
Boulos, leader del Movimento dei lavoratori senza tetto (MTST) e a guida la coalizione Partito Socialismo e Libertà (PSOL), a sinistra del PT, ha ufficializzato che sosterrà Haddad al ballottaggio.
Nós recebemos com muita alegria a notícia de que Guilherme Boulos e o PSOL vão nos apoiar no segundo turno. Nosso…
Gepostet von Fernando Haddad am Dienstag, 9. Oktober 2018
5. CURIOSITÀ DI UNO “TSUNAMI” ELETTORALE
Una delle sorprese maggiori è senza dubbio la mancata elezione di Dilma Rousseff. Deposta da un processo di impeachment nel maggio 2016, era candidata al Senato nello stato di Minas Gerais, il terzo più importante per popolazione e ricchezza prodotta in Brasile, ed era la favorita nei sondaggi, con il 30% delle intenzioni di voto. Nonostante l’appoggio massiccio del partito e dell’ex presidente Lula, si è fermata al terzo posto, con circa il 15% dei consensi – e incassando anche alcuni fischi al seggio.
Un’altra sfida che ha attirato l’attenzione è stata quella per il governo dello stato di Rio de Janeiro, dove tra i candidati favoriti vi era l’ex giocatore della nazionale brasiliana Romário, campione del mondo nel 1994. O Baixinho, come è soprannominato l’ex campione brasiliano, già deputato federale eletto nel 2010 e nel 2014 nelle file del Partito Socialista Brasiliano (PSB), a questa tornata candidato per il partito Podemos, è arrivato quarto con circa il 7% dei voti validi. Anche qui hanno fallito le rilevazioni sulle intenzioni di voto, che lo davano di poco sotto al 20.
Nello stato di San Paolo, Eduardo Suplicy, ex senatore del PT famoso in Italia per essere il grande protettore di Cesare Battisti, non è stato eletto al Senato: si è classificato terzo, con il 12% (era dato al 26% nei sondaggi). È stato invece eletto deputato federale dello stato Alexander Frota, ex pornodivo, candidato per il Partito Social Liberale (PSL) di Bolsonaro.
Rimangono fuori Lindbergh Farias – esponente di spicco del PT e coinvolto nell’inchiesta Lava Jato, che ora rischia di finire in carcere non avendo più accesso al foro privilegiado, istituto giuridico in ogni caso già ridimensionato dal Supremo Tribunale Federale – e Magno Malta, pastore evangelico e ex senatore dello stato dell’Espírito Santo fortemente appoggiato da Bolsonaro (vince, per una curiosa applicazione della legge del contrappasso politico, Fabiano Cantarato, candidato omosessuale).
Eletti infine entrambi i figli di Bolsonaro. Eduardo, 34 anni, è risultato il deputato federale più votato nella storia del Brasile con 1,8 milioni di voti. Flávio, 37 anni, quattro volte deputato per lo stato di Rio de Janeiro, è stato eletto senatore delle stato con 4,2 milioni di voti (corrispondente al 32% dei voti validi), avvicinando il record di Romário che nel 2014 ne ottenne 4,6 milioni.
Ah, ve lo ricordate Tiririca? L’ex clown semianalfabeta eletto la prima volta nel 2010 con un voto di protesta da record?
Sì, ha vinto per la terza volta confermandosi così deputato federale dello stato di San Paolo.
https://www.facebook.com/tiriricanaweb/photos/a.576029665821182/1885017934922342/?type=3&theater
6. COSA SUCCEDERÀ ADESSO
È piuttosto probabile che Jair Bolsonaro vinca il ballottaggio e diventi Presidente. Gran parte della stampa italiana in questi giorni evidenzia le sue uscite più grottesche e pericolose, e le sue posizioni estreme su temi come l’aborto (in ogni caso ad oggi permesso sono ad alcune specifiche condizioni), gli omosessuali, il ritorno dittatura militare e della tortura come strumento di lotta alla criminalità.
Tuttavia, può essere utile provare ad andare oltre una rappresentazione macchiettistica del personaggio che, al di là di tutto, è riuscito evidentemente ad accreditarsi come credibile per metà degli elettori brasiliani, che nell’ex capitano riformato dell’esercito vedono la possibilità di risolvere il problema della violenza nel Paese. In Brasile muoiono ammazzate ogni anno 63 mila persone: più di quante ne vengano uccise nella Siria martoriata nella guerra civile, in proporzione alla popolazione; Marielle Franco, l’attivista per i diritti umani nelle favelas di Rio salita alle cronache anche in Italia dopo essere stata brutalmente uccisa a pistolettate, è solo uno degli ultimi eclatanti esempi. Un altro dato da evidenziare è il 30% dei brasiliani che si è ritrovata in mezzo a uno scontro a fuoco nell’ultimo anno nelle strade di Rio. Esiste certamente il tema di una percezione di insicurezza esagerata, sapientemente alimentata. Ma allo stesso tempo i numeri ci dicono che i decessi per morte violenta erano “solo” 20 mila quando per la prima volta il PT prese il potere, quindi un problema di pubblica sicurezza esiste ed è reale. Ed è a questo che Bolsonaro si propone come alternativa ai brasiliani.
Inoltre, Bolsonaro è visto come un argine alla corruzione dilagante e pervasiva che affligge il paese, potendo vantare di non essere mai stato invischiato in nessuna delle tante inchieste giudiziarie che hanno segnato la politica brasiliana negli ultimi anni, andando a colpire praticamente tutti (numerosissimi) partiti dell’arco costituzionale. Anche in quest’ottica va letta la proposta di dimezzare i Ministeri, da 29 a 15, accorpando ad esempio Educazione, Cultura e Sport. O quella di non barattare poltrone in cambio dell’appoggio al Congresso. Sono solo annunci di misure certamente simboliche, ma che ai brasiliani piacciono.
La squadra di governo, di cui sono stati già presentati 9 elementi, farà probabilmente da contraltare a certi eccessi di un Bolsonaro Presidente. Lo stesso Bolsonaro è consapevole dei suoi limiti, a partire dalla politica estera ed economica. Ed è per questo che si è sempre circondato non solo di parenti e yesmen ma anche di personalità tecniche e preparate, come Paulo Guedes, economista super-liberale con una carriera di successo in ambito finanziario e accademico, che gli ha scritto il programma economico dall’inizio alla fine, o Onyx Lorenzoni, coordinatore della campagna e probabile futuro Ministro-Chefe da Casa Civil (una specie di super Ministro degli Interni italiano).
Questo non esclude che, in caso di vittoria di Bolsonaro, il Paese cambierà rotta. Appare evidente che dopo quattro governi a guida PT, e una breve parentesi con Temer, il Brasile subirà una svolta ancora più a destra e in senso conservatore. La sinistra e la stampa progressista parlano di un rischio di riduzione della lotta alle diseguaglianze sociali e di minore attenzione alle minoranze (curiosità: il deputato federale più votato nello stato di Rio, con 345.234 preferenze, è un inno vivente alle minoranze: Helio Fernando Barbosa Lopes, afro-brasiliano del PSL, appartenente alle comunità LGBTQI e indigene). Si teme anche una riduzione del sistema dei sussidi e delle pensioni, sotto attacco per essere una delle cause principali del deficit del Paese (tuttavia, Bolsa Familia, il programma di welfare avviato nel 2006 da Lula e in grado di far uscire dalla povertà milioni di brasiliani, probabilmente non verrà toccata, dal momento che vale meno dell’1% di una finanziaria). Altro punto in programma è la riduzione del carico fiscale, che è uno dei più alti del Sudamerica.
Bravissimo ad scrivere tutto quello che noi brasiliane sentiamo in questo momento, la maggiorana in Brasile vuole assolutamente Bolsonaro come presidente, siamo stanche dei corrotti , haddad é comandado da Lula un ladro che deve scontare 12 anni di carcere, il bolsa famiglia non ha mai fatto nessuno uscire della povertà, i in ricchezza vivono loro nella loro Villa da capo giro, abbiamo bisogno urgentemente di cambiare questo governo mediocre, stiamo lotando con le ugne e dente per eleggere Bolsonaro Presidente, usando le nostre rete sociale, a volte senza dormire perché c’è il fuso orario di 5 ore di differenze, tutto questo per amore del mio paese. Grazie per non avere infangato il nome del mio candidato a presidente tutta una nazione aspetta il 28 ottobre per cambiare il rumo del Brasile, grazie mille .
Orama se ne devono fare tutti una ragione !! l mondo ha capito ( ad eccezioni di paese dove impera la povertà assoluta, vedi venezuela e con la poca compagnia rimasta) che il socialcomunista è fallito nel mondo . Se abbiamo l esempio della Russia dove nato ed è crollato dobbiamo aspettarci altro?? Io ho vissuto 15 anni in Brasile e conosco molto bene questo paese! Adesso merita veramente di cambiare pagina risollevarsi dopo che Lula e compagnia hanno creato la più grande corruzione mai fatta in nessun posto ( Si calcola 10 miliardi di dollari…tiè….)