I partiti di orientamento populista sono più capaci dei partiti tradizionali di intercettare nuove porzioni di elettorato. L’aspetto ideologico, seppur più debole di un tempo, è ancora determinante nelle questioni attuali come Europa e migrazioni. Lo afferma uno studio condotto dal Pew Research Center, che ha intervistato gli elettori di otto paesi dell’Europa occidentale per confrontare le loro posizioni in merito alle istituzioni europee, all’immigrazione e infine ai rispettivi partiti nazionali.
Per studiare a fondo gli orientamenti e le attitudini politiche degli intervistati, i ricercatori hanno suddiviso l’intero asse politico in sei categorie ideologiche: populismo di sinistra, sinistra mainstream, centro populista, centro mainstream e infine destra populista e destra mainstream. Quindi, hanno chiesto agli intervistati di “auto collocarsi” su di una scala sinistra-destra da 0 a 6 (dove il valore 0 rappresenta l’estrema sinistra e 6 l’estrema destra). Infine, per ciascuna area ideologica, sono stati suddivisi in “populisti” e “mainstream”. Per compiere tale distinzione, sono state misurate negli intervistati delle componenti considerate fondamentali del populismo: ad esempio il grado di antagonismo tra élite ed il popolo e l’insoddisfazione nei confronti della capacità del governo.
Gli elettori italiani
La quota complessiva di chi si auto-colloca sulla parte destra dell’asse (34%) corrisponde all’incirca al risultato ottenuto dall’intera coalizione di centrodestra (Lega-Forza Italia-FDI-NCI) alle elezioni politiche 2018 (37%). Soprattutto, corrisponde quasi esattamente alla quota attribuita alla stessa coalizione dai sondaggi effettuati nello stesso periodo (la rilevazione del Pew è stata effettuata negli ultimi 3 mesi del 2017). Da notare come oltre un italiano su quattro (28%) si auto-collochi esattamente al centro dell’asse politico.
La componente mainstream è prevalente nella sinistra e nel centro, ma minoritaria nella destra: tale “propensione al populismo” potrebbe spiegare (o essere spiegata da) l’ascesa di leader politici quali Silvio Berlusconi (ieri) e Matteo Salvini (oggi). A sinistra, seppur in presenza di un forte arretramento elettorale, la presenza di un partito “istituzionalizzato”, dei sindacati e di una rete di associazioni e cooperative ha probabilmente disinnescato l’emersione di una forza politica di stampo populista.
Qual è la composizione degli elettori delle due forze politiche sconfitte alle scorse consultazioni? Il Partito Democratico gode del sostegno di un elettorato prevalentemente mainstream e che si auto-colloca a sinistra e al centro. La preponderanza di questa componente è probabilmente dovuta ad una propensione del Partito Democratico, durante gli anni della leadership di Matteo Renzi, a contrapporsi in modo netto ed esplicito a tutte le forze politiche definite “populiste” – come Lega e Movimento 5 Stelle. Quasi un terzo degli elettori del PD appartiene all’area di centro: ciò sembrerebbe confermare il progressivo spostamento verso posizioni centriste del PD che contribuì ad assorbire i voti andati a Scelta Civica nel 2013. Significativo è anche il 12% che si colloca a destra (9% mainstream, 3% populisti): si tratta della probabile conseguenza dell’aver intercettato, durante l’ultima legislatura, segmenti dell’elettorato di centrodestra favorevole alla riforma costituzionale e che davanti al declino di Forza Italia e all’avanzare della Lega si sono spostati sul partito guidato da Renzi.
Forza Italia gode, invece,del sostegno di un elettorato molto più compatto, perlopiù riconducibile alla destra. Nel corso degli ultimi anni, la formazione guidata dal Cavaliere ha perso appeal tra i moderati di centro: molti sono stati sedotti da Renzi, altri sono stati intercettati dal Movimento 5 Stelle. La crescita impetuosa della Lega ha ristretto quindi gli appartenenti del partito guidato da Silvio Berlusconi a coloro che si possono classificare nella destra mainstream, pur mantenendo comunque una quota di sostenitori (33%) riconducibili alla destra populista. In conclusione, tra i due partiti tradizionali italiani persiste una divisone ideologica ben marcata.
I ricercatori del Pew hanno posto anche una domanda più generica, chiedendo agli intervistati verso quali partiti abbiano opinioni positive. Poco sorpendentemente, i tre gruppi di elettori classificati come populisti tendono a concentrarsi sulle forze anti-establishment, mentre mostrano livelli di gradimento più bassi nei confronti delle forze tradizionali.
Il Partito Democratico registra giudizi abbastanza favorevoli nell’intera area ideologica di sinistra e dal centro mainstream, mentre non ha, o quasi, appeal tra i non allineati e la destra populista. Di contro, Forza Italia riceve buoni apprezzamenti in tutto lo spettro della destra e in misura molto minore nel centro.
La Lega ottiene, come prevedibile, giudizi positivi tra chi si auto-colloca a destra, meno generosi tra i mainstream rispetto a Forza Italia ma più benevoli tra i populisti (anche di centro). Il Movimento 5 Stelle, infine, riceve feedback piuttosto positivi all’interno di tutte le aree ideologiche, facendo peggio solo tra la sinistra mainstream. Ennesima conferma della capacità del Movimento di convogliare un consenso trasversale che spesso prescinde dall’appartenenza ideologica dell’elettore. Ben il 44% degli appartenenti al gruppo della sinistra populista ha una opinione favorevole nei confronti dei pentastellati. Ciò potrebbe in parte spiegare l’insuccesso elettorale delle formazioni di sinistra radicale lo scorso 4 marzo. Infine, un terzo dei non allineati ha espresso un giudizio positivo nei confronti del partito guidato da Di Maio. Tale elemento rappresenta un enorme vantaggio, perché permette, potenzialmente, di attirare cospicui gruppi di elettori senza una chiara appartenenza ideologica, molti dei quali finiscono per essere indecisi nelle ultime settimane della campagna elettorale.
In conclusione, i partiti populisti riscuotono più facilmente consensi trasversali tra le varie aree ideologiche, mentre i partiti tradizionali rimangono tutt’ora ancorati – quasi limitati – ai nuclei fondamentali e più compatti dei propri bacini “storici”.
E in Europa?
Chiarite le dinamiche nazionali, la ricerca passa ad analizzare le dinamiche europee. È stato chiesto agli intervistati se nel corso degli anni l’appartenenza all’Unione Europea abbia prodotto risvolti positivi per l’economia nazionale.
Coloro che hanno un orientamento populista sono in maggior infatti per la maggior parte convinti che l’appartenenza al mercato unico abbia arrecato dei danni all’economia nazionale. Anche coloro che si collocano a destra sono restii nel considerare l’UE come portatrice di benefici economici. Discorso inverso va fatto, invece, per gli elettori che ricadono nei gruppi della sinistra e del centro mainstream, cioè quelli tendenzialmente più affini all’area di governo della scorsa legislatura.Questo dato è molto simile a quello elaborato recentemente da Eurobarometro.
Sovranismo vs comunitarismo
Non è la prima volta che si rileva tra gli italiani una spiccata tendenza sovranista. Anche in questo caso tanto le componenti populiste di sinistra e del centro, quanto la destra nel suo insieme sono maggiormente propense ad un ritorno della centralità degli stati membri. Davanti a tale quadro, in vista delle Europee 2019, per i partiti “europeisti” la strada sarà in salita, in quanto la narrazione degli “Stati Uniti d’Europa” non solo rischierà di non attirare consensi, ma addirittura di ottenere l’effetto contrario.
Banche e Finanza
Qual è il grado di fiducia degli intervistati nei confronti di banche e istituzioni finanziarie? Da quando è sorta la crisi della solvibilità delle banche a seguito della grande recessione, molti si sono interrogati sul ruolo delle banche e delle istituzioni finanziarie prima e dopo lo shock. In Italia, le vicende che hanno riguardato principalmente gli istituti toscani e veneti hanno generato una fortissima sfiducia nei confronti degli istituti di credito e più in generale nelle istituzioni finanziarie.
Anche in questo caso, a prescindere dall’orientamento politico, i gruppi populisti nutrono una minor fiducia nei confronti delle banche ed istituzioni finanziarie, considerate parti integranti dell’establishment. Esiste un divario “ideologico” di segno opposto rispetto a quanto rilevato con riferimento al sovranismo, perché in questo caso chi si posiziona a sinistra nutre generalmente maggior sfiducia.
Immigrazione
In Italia durante la campagna elettorale (e non solo) il tema migratorio è stato tra i più ricorrenti tra le forze politiche.
Persistono forti differenze di opinione tra i gruppi di sinistra-destra e mainstream-populisti. A sinistra c’è una percezione per cui i migranti non sono un peso né a livello economico né occupazionale. Discorso opposto per i gruppi di destra, per via della convinzione che i migranti rappresentino una vera e propria minaccia per i lavoratori appartenenti ai settori meno specializzati.
Un atteggiamento simile si riscontra in relazione alla percezione del legame tra numero di migranti e rischio di attacchi terroristici.
Per la maggioranza degli elettori di destra nel complesso esiste un collegamento tra immigrati e rischio attentati poiché si pensa che tra i richiedenti asilo si nascondono miliziani affiliati ai gruppi terroristi mediorientali. A sinistra, invece, solo uno su tre concorda con questa interpretazione. Anche in questo caso, nell’area di centro esiste una notevole differenza tra chi appartiene al gruppo mainstream (39%) e quello populista (63%).
Molto interessante questa ricerca. Sarebbe utile fare una valutazione in funzione del quadro attuale ben diverso da quello di fine 2017. Immagino che l’autocollocazione degli elettori di FI sia mutata e, presumo, anche quella dei cinque stelle.