Domani, dalle 8.00 alle 20.00, i cittadini dell’Andalusia saranno chiamati ad eleggere i 109 deputati che siederanno nel nuovo Parlamento regionale. La legge elettorale prevede un sistema proporzionale con liste bloccate. Nelle circoscrizioni elettorali (sono otto, corrispondenti alle province andaluse) vengono eletti 8 deputati di base. A questi viene aggiunto un numero di seggi distribuito in proporzione alla popolazione delle province (in totale 18 seggi Sevilla, 17 Málaga, 15 Cádiz, 13 Granada, 12 Almería e Córdoba, 11 Huelva e Jaén).
L’Andalusia è un importante terreno di prova per la ricerca di una maggioranza nazionale: con oltre 8 milioni di abitanti (pari al 18% della popolazione totale spagnola) è la regione più popolata della Spagna, nonché la terza economia più importante del paese.
Una roccaforte rossa, ma sbiadita
Dal 1996 al 2015, in Andalusia è stato il PSOE il partito più votato. Unica eccezione, il 2012, quando prevalse il Partito Popolare. Si tratta dunque di una regione storicamente a maggioranza socialista, anche se, confrontando i risultati degli ultimi anni, possiamo notare un calo generale del PSOE. Sicuramente la crescita di Ciudadanos (e la nascita di Podemos) potrebbe aver ulteriormente intaccato il bacino elettorale dei socialisti, ma rimane ben visibile come il trend negativo (dal 50,4% del 2004 al 35,4% del 2015) sia iniziato ben prima dell’affermazione dei due nuovi partiti.
Le elezioni anticipate
I risultati delle ultime elezioni regionali avevano confermato il PSOE di Susana Diaz come primo partito dell’Andalusia. Tuttavia, i socialisti non hanno ottenuto una maggioranza assoluta e, com’è successo anche a livello nazionale, i partiti hanno dovuto accordarsi per formare un governo. Il patto del PSOE con Ciudadanos, però, è durato fino al 7 ottobre, quando Juan Marín (leader di C’s Andalusia) ne ha annunciato la rottura a causa delle “inadempienze” di Diaz. La Presidente ha dunque indetto le elezioni anticipate per il 2 dicembre motivando la scelta di una data così ravvicinata in questo modo: “La mia terra non merita l’instabilità che c’è a livello nazionale, la mia terra non merita una campagna elettorale di 5 o 6 mesi.”
Maggioranza cercasi
La speranza di Susana Diaz di conquistare una maggioranza più stabile si scontra però con i dati sulle intenzioni di voto. Il PSOE, nonostante sia il primo partito della regione (33,1%), è ben lontano dalla maggioranza assoluta. Sarà di nuovo necessario, quindi, stipulare un patto di governo con una delle maggiori forze politiche. Tra queste ci sono il PP (21,1%), Ciudadanos (17,4%) e Adelante Andalucia (la coalizione di sinistra formata da Podemos e Izquierda Unida) che raggiungerebbe il 19,8%.
La media dei sondaggi degli ultimi 15 giorni
Se lo scenario politico venisse confermato dai risultati delle urne, si presenterebbe una situazione quasi identica a quella nazionale. Del resto, si tratta di un quadro piuttosto diffuso in Spagna; solo la Galizia è governata da una maggioranza assoluta (PP), mentre tutte le altre regioni presentano lo stesso livello di instabilità.
“Make Spain Great Again”
Impossibile non evidenziare il risultato del partito di estrema destra Vox (4,8%). Parlare di ascesa sembrerebbe esagerato, ma occorre fare due precisazioni: innanzitutto, l’ultima volta che in Spagna una forza politica di estrema destra ha conquistato un seggio in Parlamento (nazionale o regionale) era il 1982; inoltre, solo un anno fa, Vox era fermo allo 0,2%. Il risultato attuale invece consentirebbe ai populisti di destra (il cui slogan è «Hacer España Grande Otra Vez» ovvero «Make Spain Great Again» – vi ricorda qualcosa?) di entrare nel parlamento andaluso. In una regione, va ricordato, storicamente di sinistra. Ma non finisce qui. Infatti, sommando i possibili risultati di C’s, PP e Vox, un’ipotetica formazione di centro/centrodestra/destra otterrebbe il 43,7% staccando il PSOE di oltre 10 punti. A questo punto, l’unica possibilità per i socialisti sarebbe aprirsi ad un’alleanza a sinistra in coalizione con Adelante Andalucia.
D’altronde, lo spettro del patto a destra deve già vagare per le stanze del potere, visto che Susana Diaz durante un dibattito televisivo ha chiesto ai candidati di PP e C’s, per ben quattro volte, se fossero disposti a stipulare un patto con Vox pur di frenare il PSOE. La stessa domanda è stata posta, fuori dagli studi televisivi, anche dai giornalisti spagnoli. Non è stata fornita alcuna risposta.
Le altre battaglie
Tuttavia, l’importanza delle elezioni andaluse non deriva solo dallo scontro tra i partiti, ma anche dagli scontri interni agli stessi. Nel 2017 Susana Diaz si era candidata alla segreteria del PSOE ed era stata sconfitta, a sorpresa, proprio da Pedro Sánchez, oggi primo ministro spagnolo. Al tempo, i toni della campagna non erano stati molto amichevoli. Durante il dibattito congressuale, Susana Diaz aveva detto a Sánchez:
“Il tuo problema non sono io, sei tu. La gente che ha lavorato con te non si fida di te.”
Oggi, con il futuro del governo Sánchez che sembra interamente dipendere dall’approvazione della finanziaria, una larga vittoria del PSOE in Andalusia potrebbe giovare al partito, ma non solo. Difatti, se Sánchez aveva cercato di separare le elezioni regionali dal futuro nazionale, Susana Diaz ha invece provveduto a sottolineare il legame tra il risultato dei socialisti alle regionali andaluse e le elezioni generali spagnole. Chissà se, proprio in caso di elezioni generali anticipate, la vittoria del PSOE in Andalusia non possa trasformarsi con il tempo anche in una vittoria di Susana Diaz nelle gerarchie interne del PSOE.
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