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Brexit: quanto conoscono, i britannici, l’Unione Europea?

Da quando il Regno Unito ha deciso di lasciare l’Unione Europea, il 29 marzo del 2016, è iniziata una lunga discussione circa quale fosse il livello di informazione degli elettori al momento del voto. La maggior parte di questo dibattito si è incentrato sulla convinzione che i sostenitori del leave fossero considerevolmente meno informati di chi invece sosteneva il remain. Diversi tabloid e commentatori britannici, infatti, riportarono gli esiti della consultazione referendaria come la vittoria delle fake-news (The Independent), l’affermarsi di una maggioranza ignorante e raggirata (Richard Dawkins), inconsapevole delle conseguenze del proprio voto (Baroness King). Gli stessi dati forniti da Google Trends, i quali rivelarono un aumento del 250% nelle ricerche per “what happens if we leave the EU”, subito dopo l’annuncio di vittoria del leave, vennero riportati come una prova evidente del fatto che molti elettori non avessero ben compreso le conseguenze della loro decisione.

Di fatto, la stagione politica successiva alla Brexit è stata caratterizzata da dibattiti simili in molte democrazie occidentali. Dalle Presidenziali americane, sino, in parte, alle elezioni politiche italiane del marzo scorso, la sconfitta del cosiddetto establishment si è spesso nascosta dietro ad un presunto difetto della regola democratica, suggerendo implicitamente, e inconsapevolmente, che vi possano essere alternative epistocratiche al suffragio universale.

Tuttavia, lo studio “Leave and Remain voters’ knowledge of the EU after the referendum of 2016” (Electoral Studies, Vol.57), sembrerebbe in parte smentire queste argomentazioni. Somministrando, tra febbraio 2018 e marzo 2018, un questionario online ad un campione stratificato di 3003 cittadini britannici rappresentativi della popolazione del Regno Unito, Carl Noah, Lindsay Richards e Anthony Heath hanno mostrato come, almeno attualmente, non vi sia alcuna differenza significativa nel livello di conoscenza delle istituzioni europee tra gli elettori dei due schieramenti.

Il questionario, comprendente 15 affermazioni di tipo vero o falso sul funzionamento, gli Stati membri e le maggiori personalità politiche dell’UE, ha mostrato come, benché i cittadini britannici registrino livelli di conoscenza delle istituzioni europee generalmente bassi, gli elettori del remain siano incapaci di raggiungere punteggi sistematicamente migliori rispetto a quelli del leave.

Leavers e remainers? Simili livelli di conoscenza

Il punteggio medio registrato su tutto il campione è di circa 8.8 su 15, appena 1.3 punti in più di quanto si otterrebbe rispondendo a caso a tutte le affermazioni. Tuttavia, in entrambi gli schieramenti, 9 elettori su 10 riescono a riconoscere una fotografia di Jean-Claud Junker, mentre 7 su 10 riconoscono rispettivamente i volti di Donald Tusk e Mario Draghi. Su entrambi i fronti, solo un terzo degli elettori mostra una conoscenza approfondita degli Stati membri dell’Unione, rispondendo correttamente a tutte le prime tre affermazioni del questionario.

Altrettanto interessante è l’analisi delle ultime sei affermazioni, le quali si concentrano invece sulle relazioni tra il Regno Unito e l’Unione Europea. Poiché le tematiche incluse tra le affermazioni 10 e 15 sono state più volte al centro del dibattito politico precedente il voto, i ricercatori suggeriscono che le percentuali di risposte esatte osservate possano essere maggiormente influenzate dalle sensibilità politiche degli intervistati. Di fatto, è riscontrabile in alcuni elementi del questionario un trend per il quale gli elettori dell’una e dell’altra fazione riconoscono con maggiore facilità un’affermazione più conveniente alle loro convinzioni politiche (registrando una differenza più elevata tra le risposte corrette dei due gruppi), e rifiutano invece quelle più distanti alla loro causa. È il tema della post-verità, che il questionario riesce ad evidenziare empiricamente. Si hanno difficoltà nel riconoscere “le verità dell’altro”, rendendo impossibile il dibattito successivo sulle diverse possibili soluzioni ai temi politici reali.

Ancora una volta, questa tendenza non è propria né dell’una né dell’altra fazione, ma anzi si presenta “coerentemente” in entrambi i campi. Ad esempio, all’affermazione numero 10, “Attualmente il Regno Unito paga all’UE più di quanto riceva indietro sotto forma di sussidi e altri finanziamenti.”, osserviamo una percentuale di risposte esatte significativamente più elevata tra gli elettori del leave, poiché tale questione era “ideologicamente conveniente” alla causa. Analogamente, osserviamo l’effetto opposto nel quesito numero 13.

Come ammettono gli stessi ricercatori, però, lo studio presenta alcune limitazioni non indifferenti. Ad esempio, la lunghezza limitata del questionario, composto solamente da quindici elementi, ha permesso di coprire solamente una piccola parte dei molti aspetti che caratterizzato l’Unione europea. Quindi, il fatto che il questionario sia stato sottoposto agli elettori ben 18 mesi dopo il voto referendario, potrebbe aver portato a una sottostima del quadro di conoscenza dell’Unione Europea ai tempi del voto, essendo provato che la conoscenza politica dei cittadini su determinati argomenti tende a essere più alta nell’immediato momento successivo alle campagne elettorali.

Edoardo Berretta

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