C’era una volta il dibattito interno al Partito Democratico fra partito solido (quello dei circoli) e partito liquido che, anche grazie all’uso della Rete, si pensava sarebbe stato più efficace per intercettare il voto di opinione. Erano i tempi in cui ancora si cercava una chiave di lettura per servirsi al meglio del digitale, come se questo mezzo fosse in sé contrapposto alle tradizionali forme di organizzazione e comunicazione di un partito politico.
Oggi la comunicazione politica digitale, da strumento ancillare, pare invece essere diventata la comunicazione politica tout court. Non solo leva organizzativa di un movimento (i meet-up del M5S ai suoi albori), ma mezzo adottato per influenzare l’agenda dei media (gli “elefanti” di Lakoff), per disintermediarne il ruolo grazie a dirette video e post, per trasmettere un’immagine di volta in volta coerente con gli obiettivi simbolici che si intendono perseguire. Avendo in mente il mitologico streaming, quello che era uno strumento di trasparenza sembra, in qualche caso (si pensi al video di Alfonso Bonafede dedicato all’arrivo di Cesare Battisti), asservito alla parvenza che intendono darne gli spin doctor.
In questa prospettiva, è comprensibile dunque che vi sia chi, all’opposizione del vicepremier Salvini, inviti a smettere di seguire sui social media l’account del Ministro e a non interagire con i suoi post, anche quando questi contengono una esplicita provocazione. Per comprendere le ragioni di questa e di analoghe iniziative è utile approfondire la conoscenza degli algoritmi dei social media, a partire da Facebook che, con i suoi 31 milioni di iscritti in Italia, è particolarmente efficiente come mezzo per raggiungere da un lato gli attivisti e, dall’altro, anche gli elettori più indecisi.
L’algoritmo che regola la visibilità di un contenuto nel flusso di notizie che appaiono nella homepage del social network si basa su moltissimi fattori. Il suo compito è di offrire, a ciascun utente, le informazioni più pertinenti e più capaci di produrre, da parte sua, interesse ed interazione. Cambiato significativamente nel corso dell’ultimo anno, ha accresciuto il peso dato – oltre ai messaggi pubblicitari – ai video in diretta, ai post che attengono all’attualità, ai post che sono pubblicati all’interno dei Gruppi a cui si appartiene, alle informazioni del luogo da cui si naviga e, soprattutto, alle conversazioni che in misura maggiore hanno saputo generare commenti e reazioni all’interno delle cerchie sociali a cui si appartiene. Alla luce di questi fattori si comprendono pertanto alcune scelte che, in particolare, i partiti della maggioranza hanno preso con i loro staff per accrescere la rilevanza dei loro messaggi simbolici, delle loro posizioni politiche, della capacità che stanno dimostrando di dettare l’agenda e di rappresentare con forza la cornice narrativa con cui oggi stanno informando il dibattito pubblico.
I dati dei principali video Facebook in diretta della pagina di Matteo Salvini
Fonte: Facebook, Gennaio 2019
Se i video in diretta sono ormai diventati la cifra con cui Salvini e Di Maio comunicano direttamente con le loro basi elettorali, è da notarsi lo stile con cui i post del team di comunicazione di Luca Morisi – il digital strategist del Segretario della Lega – sono pensati, sul piano tecnico, per rispondere ai requisiti dell’algoritmo così da allargarne la portata (o “reach”) e raggiungere il maggior numero possibile di utenti mensili che entrano in contatto con i contenuti della Pagina:
- per venire incontro al fattore cronologico del “Time decay” sfamano la “Bestia”, ovvero alimentano costantemente e in orari differenti il social network, così da mantenere alta la visibilità organica dei suoi post introducendo anche, per ragioni simboliche, le abitudini alimentari del leader.
- si servono di una ricca base di profili (di attivisti in carne ed ossa e non solo) per dare abbrivio ai post, così da renderli agli occhi dell’algoritmo meritevoli di essere premiati.
- hanno un taglio diretto per mobilitare la base ma, sempre più spesso, provocatorio nei confronti degli oppositori: non si tratta solamente di una tecnica di delegittimazione dell’avversario (dai simpatizzanti del Pd alla Fornero), ma anche di un modo per indurre gli utenti a interagire, accrescendo ulteriormente la sua visibilità nei loro confronti (è il fattore “Affinity”) e nei confronti dei loro amici, spesso elettori indecisi e meno sensibili al voto di appartenenza (è il fattore “Weight” che visualizza nel nostro feed contenuti in ragione di quanto abbiano interessato i nostri contatti);
- inducono un confronto serrato fra detrattori e simpatizzanti, così da aumentare la durata del contenuto: il fattore “Story bumping” infatti prolunga la visibilità di un post in ragione dei commenti che riceve;
- trovano diffusione online anche grazie alla fitta e attiva presenza di pagine e gruppi, alcuni ufficiali, come “Lega Salvini Premier” e “Noi con Salvini”, altri totalmente indipendenti (“Adesso Basta”, “Silenzi e falsità della stampa italiana”, …). Ciò contribuisce a renderne capillare la visibilità e a sollecitare la partecipazione, secondo una lezione già sperimentata in Italia con il M5S, ma anche all’estero: il Progetto Alamo della campagna elettorale di Donald Trump fece un uso esteso e granulare dei dati per ottimizzare l’erogazione dei messaggi a micro-target di elettori.
Fan, tasso di interazione e utenti attivi mensili delle pagine Facebook dei principali leader
Fonte: Facebook Audience Insights e Likalyser, Gennaio 2019
L’ampiezza della base di fan della Pagina Facebook di Matteo Salvini è però anche la causa della sua potenziale debolezza: l’algoritmo infatti premia la visibilità dei contenuti in ragione del tasso di interazione che produce, e costringe chi la gestisce a confrontarsi con un’asticella sempre più alta, sia sul piano quantitativo, più contenuti e più serrati, cerchi concentrici di profili, Pagine e Gruppi che li rilanciano, sia sul piano qualitativo ovvero del tasso di interazione che è in grado di generare: non solo in virtù dei fatti, delle scelte e delle posizioni politiche che hanno luogo, ma anche grazie ad un’impronta sempre più capace di suscitare il confronto fra i follower.
Oggi si può fare politica anche servendosi delle fazioni opposte e, questo aspetto, se mostra le ragioni del successo – sul piano digital – della Pagina di Matteo Salvini, indica anche la strada per opporvisi, confermando la ragionevolezza di chi invita a non interagire con i contenuti (al limite, meglio un post originale con uno screenshot) e a de-followarla per non alimentarne la visibilità e così cadere vittima di un meccanismo consapevole e ricercato.
Si tratta di una ragionevolezza non solo tecnica, ma anche di comunicazione politica: rendere visibili i post significa infatti estendere la narrazione di un leader, il frame entro il quale illustra i fatti e li inscrive in una posizione politica, detta l’agenda ai media ed all’elettorato sul piano dei temi e del linguaggio.
Quando mai, nel passato, per fare comunicazione politica, si è infatti andati ai comizi altrui ingrossandoli? Quando mai si sono mandate lettere al direttore del giornale del partito a cui ci si intendeva opporre? Allo stesso modo, chi oggi vuole fare opposizione deve avere la forza – nel merito politico e, come abbiamo visto, anche nel game della comunicazione digitale – di imporre la visibilità dei propri canali social con una strategia propria, ma altrettanto efficace nell’allargare il perimetro della sua azione.
A cura di Andrea Boscaro
Partner The Vortex
@andrea_boscaro
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