Youtrend

Elezioni Sardegna: partita a 3 per le Regionali

Domenica si vota per eleggere il Presidente: si sfidano in 7, fra cui Zedda (csx), Solinas (cdx) e Desogus (M5S). Tutto quello che c’è da sapere.

Domenica 24 febbraio, dalle 6:30 alle 22, si voterà in Sardegna per rinnovare il Consiglio Regionale ed eleggere il Presidente della Regione. Le elezioni arrivano dopo una consiliatura completa, guidata dal centrosinistra. Il presidente uscente, Francesco Pigliaru, ordinario di economia politica e già assessore regionale al bilancio dal 2004 al 2006, ha scelto di non ricandidarsi. I candidati in lizza sono ben 7, riflettendo una discreta varietà dell’offerta politica tipica della Sardegna. Vedremo se questa diversificazione, insieme all’attenzione mediatica, contribuirà ad alzare l’affluenza, che alle scorse regionali del 2014 si era fermata al 52,3%.

[Clicca qui per partecipare al nostro sondaggio predittivo sulle elezioni in Sardegna!]

Elezioni Sardegna: l’affluenza alle regionali 2014

Le proteste dei pastori sardi

Il voto sardo è infatti oggetto dell’attenzione dei media nazionali da diverse settimane (a differenza di quanto successo, ad esempio, con le Regionali in Abruzzo). Il motivo principale è uno: le proteste dei pastori sardi per il prezzo del latte di pecora troppo basso che sta mettendo in crisi un settore che nella regione conta oltre 100 mila occupati. Questo ha spinto diversi esponenti politici di tutti gli schieramenti a partecipare in prima persona alla campagna elettorale, trasformando il voto sardo in un importante test nazionale. In primis per i partiti di governo, Lega e Movimento 5 Stelle.

Ma la protesta sul latte non è l’unico tema dibattuto. Esiste infatti anche una discussione sulla continuità territoriale, la misura che garantisce ai residenti sardi di poter volare da e verso l’isola a prezzi garantiti. Dopo la recente assegnazione per il prossimo triennio, a seguito del rifiuto di Air Italy una parte delle tratte sono rimaste scoperte, lasciando una bella grana al futuro assessore regionale ai trasporti – incarico strategico per la Sardegna.

La Lega e il centrodestra

Partiamo dal partito di Matteo Salvini. Il ministro dell’Interno ha investito molto sul voto in Sardegna, soprattutto con azioni e dichiarazioni sulla crisi del latte. In questo senso ha svolto una funzione strategica l’aver preteso, all’epoca della formazione del governo Conte, il Ministero dell’Agricoltura per il leghista Gian Marco Centinaio. Questo protagonismo, insieme al ruolo di front-runner del centrodestra giocato dalla Lega nell’ultimo anno, potrebbe quindi spingere il Carroccio verso la palma di primo partito.

Una situazione che può sembrare incredibile se pensiamo che alle Regionali del 2014 il partito del Nord non si era neanche presentato. Ma, in effetti, è la stessa dinamica che abbiamo già visto in Abruzzo. Come qualcuno ricorderà, avevamo scritto che lì i voti della Lega erano aumentati di ben 70 volte tra le Politiche 2013 e quelle 2018. Ebbene, solo in una regione l’aumento era stato addirittura superiore: proprio la Sardegna, in cui si è verificato un incremento di ben 110 volte (anche se ciò si è tradotto “solo” nel 10,8% dei voti).

Elezioni Sardegna: l’andamento della Lega

Un potenziale ostacolo al primato della Lega viene dall’interno del centrodestra. La coalizione che include Lega, Forza Italia e Fratelli D’Italia comprende infatti al suo interno ben 11 liste, partitiche e civiche. La più importante, che esprime anche il candidato presidente della Regione, Christian Solinas, è il Partito Sardo d’Azione. Lo storico partito autonomista, fondato fra gli altri da Emilio Lussu, è alleato con il centrodestra sin dalle regionali del 2009, e lo stesso Solinas è stato eletto senatore nelle liste della Lega proprio alle Politiche 2018.

Il Movimento 5 Stelle

Se la Lega è in crescita, il Movimento 5 Stelle sembra alle corde. Gli ultimi sondaggi nazionali lo danno a quasi 10 punti dalla Lega, un distacco in costante aumento. In Abruzzo non solo non è riuscito a confermare il ruolo di prima forza ottenuto alle Politiche 2018, ma ha addirittura perso quasi due terzi dei voti assoluti e quasi la metà in percentuale. Peraltro, il voto negativo sull’autorizzazione a procedere contro Salvini nel caso Diciotti, ha di nuovo infiammato le polemiche interne.

Tornando alla Sardegna, anche qui alle elezioni politiche 2018 il M5S era stato il primo partito. Con il 42,5% aveva ottenuto praticamente il triplo dei voti del PD e di Forza Italia e il quadruplo di quelli della Lega. Sulla carta, un vantaggio ancor più netto rispetto a quello che aveva in Abruzzo. Alle Regionali 2014, invece, il Movimento non si era neanche presentato, a causa di dissidi interni. Ma soltanto pochi mesi dopo, alle Europee, la Sardegna fu la regione in cui i pentastellati andarono meglio, con il 30,5% dei consensi – il 9,3% in più rispetto al dato nazionale.

Elezioni Sardegna: l’andamento del Movimento 5 Stelle

Nonostante questo, il M5S in Sardegna continua a soffrire in modo persistente di uno scarso radicamento sul territorio. Salvo i rari casi in cui amministra nei comuni (Carbonia, Assemini, Porto Torres, Dorgali), la presenza locale è infatti piuttosto ridotta. Inoltre, i ministri che hanno ottenuto visibilità sulla protesta dei pastori sono stati quelli leghisti, molto più di quelli pentastellati.

Insomma, il compito del Movimento 5 Stelle e del suo candidato Francesco Desogus è difficile: reggere il confronto con le performance passate in Sardegna sembra un’impresa. Potrebbe essere aiutato da un’alta affluenza, visto l’elettorato storicamente più difficile da mobilitare, ma resta da capire se e quanto sia vero in elezioni locali.

Il Partito Democratico e il centrosinistra

Come successo in Abruzzo, il centrosinistra si presenta come una coalizione di molte liste (8 in totale) in sostegno di un candidato che dell’unità del centrosinistra è stato il simbolo: il sindaco di Cagliari Massimo Zedda. Zedda, infatti, era stato un esponente di punta dei sindaci “arancioni” (di provenienza esterna al PD) eletti nel biennio 2011-12 anche in città come Milano, Napoli, Genova e Palermo. A differenza degli altri, però, è stato l’unico a essere rieletto in una coalizione che vedeva presente anche la lista del PD. Il suo profilo, particolarmente noto in tutta l’isola, lo rende un potenziale concorrente per la vittoria, al di là delle percentuali nazionali della coalizione.

Elezioni Sardegna: l’andamento del centrosinistra

Il PD, però, si presenta in un momento cruciale anche per la sua storia interna: la domenica successiva al voto sardo ci saranno le primarie aperte per la scelta del segretario. Il partito, dopo un anno senza timone, sta dando qualche timido segnale di ripresa nei sondaggi, ma non ha ancora recuperato il 18,7% delle Politiche. In Sardegna nel 2018 era risultato il secondo partito per il rotto della cuffia, con solo il 14,8% e meno di 400 voti di vantaggio su Forza Italia. Per il risultato sarà quindi fondamentale il ruolo delle altre liste della coalizione, in primis Sardegna in Comune e Noi (la lista civica di Zedda).

Gli altri candidati

  • La lista Autodeterminatzione candida Andrea Murgia, funzionario della Commissione Europea di 47 anni. Murgia, ex PD e già candidato alle primarie regionali di centrosinistra nel 2014, ha abbandonato il Partito Democratico all’epoca del referendum sulle trivelle. La lista è nata dalla somma di numerose forze autonomiste (Rossomori, Liberu, Sardigna Natzione, Sardegna Possibile, Indipendentzia Repubrica de Sardigna, Gentes). Nella scorsa tornata elettorale, alcuni di queste sigle si erano presentate in coalizione con il centrosinistra (i Rossomori hanno 2 seggi in consiglio, iRS uno), altri avevano sostenuto la candidatura della scrittrice Michela Murgia.
  • Paolo Maninchedda, ex assessore ai trasporti della giunta Pigliaru, è il candidato del Partito dei Sardi, di stampo indipendentista. Il Partito nella scorsa tornata elettorale si era presentato in coalizione con il centrosinistra, arrivando terzo dietro PD e SEL e guadagnando 2 seggi. In autunno un referendum interno al partito con una notevole partecipazione (oltre 18 mila votanti) ha approvato quasi all’unanimità una mozione che chiedeva maggiori poteri per la Sardegna.
  • Altro candidato è Vindice Lecis, giornalista dell’Espresso e scrittore cinquantasettenne. Lo sostiene una lista che assomma Rifondazione, Comunisti Italiani e altri esponenti della sinistra sarda.
  • Infine, la lista Sardi Liberi appoggia Mauro Pili, politico di lungo corso nel centrodestra e deputato del PdL dal 2006 al 2018. Pili, inoltre, è già stato in due occasioni Presidente della giunta regionale, una brevissima nel 1999, l’altra più duratura fra il 2001 e il 2003. La lista indipendentista raccoglie al suo interno diverse forze politiche, compresi alcuni fuoriusciti del Partito Sardo d’Azione.

La legge elettorale

La legge elettorale sarda è un proporzionale con premio di maggioranza eventuale. Viene proclamato presidente, in un turno unico, il candidato che ottiene più voti – e fin qui tutto come nelle altre regioni. La particolarità è che la sua coalizione ottiene un premio di diversa entità se i voti ottenuti dal candidato andranno dal 25% al 60%. Tra il 25 e il 40% il premio sarà di 33 seggi su 60 (il 55%), mentre tra il 40 e il 60% sarà di ben 36 (il 60%). Nel caso – improbabile – in cui il candidato presidente venga eletto con meno del 25% o con più del 60%, l’assegnazione dei seggi sarà puramente proporzionale. Normalmente, le opposizioni si dividono il resto, prima fra le coalizioni (e le liste) che hanno superato lo sbarramento, e poi al loro interno.

Per quanto riguarda la formazione del Consiglio, due seggi sono assegnati d’ufficio al presidente eletto e al candidato che si classifica secondo. La soglia di sbarramento è fissata al 10% per le coalizioni e al 5% per le liste non coalizzate. È invece assente per le liste all’interno di una coalizione, lasciando come unica soglia quella “implicita” (cioè variabile a seconda del numero di seggi da assegnare: minore il loro numero, maggiore la soglia da raggiungere per ottenere almeno un seggio).

Un’ultima particolarità: l’elettorato passivo, cioè la possibilità di candidarsi al consiglio e alla presidenza, è limitato ai soli iscritti nelle liste elettorali della regione. Un caso estremamente raro, al livello locale: ad esempio in Abruzzo, il neo-presidente Marco Marsilio non era residente nella regione: se la legge elettorale abruzzese avesse avuto una disposizione simile, non avrebbe potuto candidarsi.

Le suppletive a Cagliari

Oltre a tutto questo, non dobbiamo dimenticare che cinque settimane fa in Sardegna ci sono già state delle elezioni: le suppletive a Cagliari che hanno visto l’elezione a deputato di Andrea Frailis (centrosinistra). Quelle elezioni, però, seppur vinte in modo netto, sono un’indicazione poco affidabile a causa della bassissima affluenza (15,6%!). Per questo è difficile trarne delle conclusioni: l’unica è, come abbiamo già scritto, che l’elettorato di centrosinistra è più facile da mobilitare, e quindi si reca alle urne con maggiore probabilità in caso di bassa affluenza. Tuttavia, anche vista la grande mobilitazione delle ultime settimane, una percentuale di votanti così bassa è chiaramente impensabile domenica.

Insomma la sfida è aperta. E voi che ne pensate? Ditecelo nel nostro sondaggio predittivo sulle elezioni in Sardegna!

 

Si ringrazia Andrea Marini per la preziosa collaborazione e per gli spunti.

Giovanni Forti

Romano, studia Economics all'Università di Pisa e alla Scuola Sant'Anna. Quando non è su una montagna, si diverte con sistemi elettorali, geografia politica e l'impatto delle disuguaglianze sul voto.

4 commenti

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

  • Articolo molto interessante e che fotografa molto bene l’attuale panorama politico sardo ! La sensazione, da sardo e da cagliaritano, è che il centro-destra sia un pò in difficoltà mentre Massimo Zedda, più che il centro-sinistra, stia risalendo la china. I grillini sardi sono molto divisi al proprio interno e sarà interessante capire se voteranno il proprio candidato, se diserteranno le urne o, addirittura, se metteranno in atto il famoso e famigerato voto disgiunto a favore di Zedda – che penso attueranno anche molti elettori di centro-destra che non apprezzano il candidato Solinas ! In entrambe le elezioni a sindaco di Cagliari, Zedda ha sempre ottenuto molti più voti rispetto alle liste che lo sostenevano… potrebbe accadere anche questa volta e condurlo incredibilmente alla vittoria contro ogni pronostico.

  • “Mauro Pili, politico di lungo corso nel centrodestra e deputato del PdL dal 2006 al 2018”
    *****
    Mauro Pili ha lasciato il PdL nel 2013, mi sembra faccia una bella differenza, dall’averlo lasciato nel 2018, era già presente alle Regionali 2014 con la sua lista Unidos ed altre liste minori dove ha ottenuto circa il 6% ma non ebbe rappresentanza in Consiglio Regionale a causa dello sbarramento al 10%.
    Inoltre è stato Presidente una sola volta per circa 22 mesi (2001-2003), nel 1999 era solo incaricato ma non riuscì ad ottenere la fiducia del Consiglio e dovette rinunciare all’incarico.