In questi ultimi mesi la Francia ha vissuto una stagione politica intensa sul piano interno, basti pensare alla mobilitazione dei Gilets Jaunes, al Grande Dibattito Nazionale, fino ad arrivare al tragico incendio della Cattedrale di Notre-Dame che ha scosso l’opinione pubblica.
In un contesto del genere, le questioni legate all’Unione Europea assumono un’importanza secondaria rispetto a quelle di rilevanza nazionale. A rivelarcelo è un sondaggio dell’istituto Ipsos, in cui è stato chiesto ai francesi su quali motivazioni (nazionali o europee) orientassero il proprio voto.
Il 54% degli intervistati ha dichiarato che esprimerà il voto sulla base di ciò che è avvenuto nel contesto nazionale anziché quello europeo.
Sotto questo aspetto, assistiamo nuovamente a una polarizzazione tra gli elettori dei partiti “di centro” e quelli posti alle ali estreme del sistema politico. Difatti, i due terzi degli elettori di La République En Marche, Les Républicains, dei socialisti e dei verdi baseranno la loro scelta su questioni europee. A dare maggior rilevanza alle tematiche nazionali sono invece gli elettori di La France Insoumise (64%), del Rassemblement National (74%), e Debout La France (64%).
I temi al centro della campagna elettorale
Nonostante la prevalenza generale delle questioni nazionali, l’istituto Elabe ha comunque analizzato quali sono i temi che dovrebbero essere al centro della campagna europea secondo i francesi.
Il tema maggiormente sentito è quello relativo alla protezione dell’ambiente (36%). Questo è il più citato tra i potenziali elettori dell’EELV (86%), e compare tra i primi tre per i supporters di La France Insoumise (43%), di En Marche e del PS (38% per entrambi). La rilevanza delle questioni ambientali, generata in parte anche dalla mobilitazione dei Gilets Jaunes nei mesi scorsi, ha posto le premesse per la “svolta ecologista” di En Marche.
Seguono la lotta al terrorismo (35%), e il controllo dei flussi migratori (31%), quest’ultimo tema caro in particolare agli elettori del Rassemblement National (61%) e dei Les Républicains (52%).
Il tema della crescita economica (29%), viene citato in particolar modo tra i potenziali elettori dei partiti di centro (LR 46% e LREM 45%) e infine la protezione sociale dei cittadini europei viene richiamata dai supporters del Partito socialista e di Place Publique (39%).
Meno di un elettore su cinque cita tra le priorità la questione del funzionamento delle istituzioni europee.
Centralità della nazione
Il maggior rilievo delle questioni nazionali a scapito di quelle europee si accentua ulteriormente nel momento in cui viene chiesto ai francesi se sia necessario ampliare o diminuire i poteri dell’Unione nei prossimi anni. Il 60% degli intervistati da Ipsos ritiene che la soluzione migliore sarebbe “rafforzare i poteri decisionali del proprio paese”, anche se ciò portasse a limitare quelli dell’Europa.
Questa tendenza è comune a tutti gli elettorati delle principali forze in campo, persino tra quelli di En Marche. Ciò spiega in parte la maggior “cautela” del presidente Macron nel trattare temi prettamente “europeisti” negli ultimi mesi.
Le liste in lizza per le Europee
Alle elezioni del 2014, il territorio francese era suddiviso in otto circoscrizioni (di cui una estera), mentre stavolta vi sarà un collegio unico nazionale. È prevista inoltre una soglia di sbarramento: soltanto le formazioni che otterranno almeno il 5% potranno accedere alla ripartizione dei seggi.
Nel complesso le liste che si sono presentate sono trentaquattro. Tra queste troviamo ben tre formazioni ispirate al (o provenienti dal) movimento dei Gilets Jaunes, denominate Évolution Citoyenne, Alliance Jaune ed infine Mouvement pour l’initiative citoyenne.
Bipartitismo debole
La lotta per il primo posto è sempre più una questione riservata a En Marche e Rassemblement National di Marine Le Pen. Dato il distacco minimo che intercorre tra le due formazioni, dovremo aspettare l’esito delle elezioni per capire chi sarà il primo partito di Francia.
A prescindere da chi ricoprirà il primo posto, ci troviamo di fronte ad un caso di bipartitismo debole, in quanto le 2 formazioni più votate, messe insieme, non riescono a superare il 50% dei consensi.
Dal mese di novembre, e con l’avvicinarsi del voto, i due principali partiti sono riusciti ad attirare nella propria orbita soltanto il 4% degli elettori in più.
I sondaggi sulle intenzioni di voto
Negli ultimi due mesi, il quadro politico non è mutato significativamente. Persiste, anche se si è ridotto, un lieve vantaggio di En Marche nei confronti della formazione lepenista, e perdura la situazione di incertezza a sinistra per via della moltitudine delle forze in campo. Complessivamente, i partiti progressisti rappresentano quasi il 30% dell’elettorato, ma a causa dei conflitti che intercorrono tra di essi, molti finiranno col non essere rappresentati al Parlamento Europeo.
I tentativi di creare una lista unitaria che comprendesse comunisti, socialisti ed ecologisti, proposta dall’ex candidato Presidente del PS Benôit Hamon a febbraio e in seguito dal filosofo André Glucksmann, si sono rivelati fallimentari. L’assenza di un vero competitor a sinistra ha così rafforzato il partito del Presidente, che negli ultimi due anni si è concentrato sulla conquista dell’elettorato moderato. Questa strategia risulterà vincente soltanto se la sinistra si confermerà frammentata e se i Républicains dovessero restare su percentuali non lontane dal 10%.
Ma negli ultimi 2 mesi i repubblicani stanno lentamente recuperando consensi e hanno di fronte a loro una duplice sfida: (ri)mobilitare il proprio elettorato e continuare ad attirare nella propria orbita gli elettori più conservatori di En Marche. Più la formazione di Laurent Wauquiez aumenta i consensi, maggiori sono le probabilità che En Marche perda il primo posto alle Europee.
Infine, le tre liste dei Gilets Jaunes nel complesso non dovrebbero essere in grado di superare il 3%.
La partecipazione: verso nuovo record negativo?
L’affluenza è la vera incognita di queste elezioni. Vista l’incertezza dell’esito, il livello dei votanti potrebbe essere decisivo nel determinare sia “l’ordine di arrivo” dei partiti sia l’effettivo riparto dei seggi.
Dal 1979, in Francia il tasso di partecipazione alle Europee è calato di oltre venti punti percentuali. Per i partiti in corsa sarà di vitale importanza riuscire a mobilitare i propri elettori nei prossimi giorni. È ancora la rilevazione dell’istituto Ipsos a stimare una partecipazione finale intorno al 40%.
Secondo questo sondaggio, un elettore su due di En Marche si recherà alle urne mentre per tutti gli altri partiti la mobilitazione è sotto al 50%. Lo scenario è particolarmente difficile per il Partito Socialista poiché soltanto il 35% dei suoi sostenitori sarebbe propenso a recarsi alle urne. Una scarsa partecipazione degli elettori socialisti rende estremamente rischiosa l’elezione di almeno un rappresentante nel Parlamento Europeo.
L’ondata di “non mobilitazione” colpisce anche il partito della Le Pen (45%), che rischia di arrivare al secondo posto dietro En Marche. Infine, la mobilitazione per gli altri partiti è estremamente bassa (28%) e ciò spiega in parte per quale ragione le liste dei Gilets Jaunes, di Nicolas Dupont-Aignan (DLF) e di Hamon (G.S.) ottengono percentuali basse.
Fiducia in Macron stabile (ma sotto il 30%)
Contrariamente a ciò che accadeva nei mesi scorsi, i livelli di fiducia nei confronti del Presidente Emmanuel Macron rimangono stabili, ma al di sotto del 30%. In questo frangente Macron ha accantonato i temi europei per focalizzarsi sulle questioni nazionali al fine di non alienarsi ulteriormente le simpatie dei francesi.
Il mancato balzo in avanti del livello di gradimento di Macron è dovuto essenzialmente a due fattori. Il primo riguarda il Grande Dibattito Nazionale: dopo la fase delle consultazioni ora la palla è passata al Parlamento, ma nel frattempo il Presidente ha già annunciato una riduzione delle imposte sul reddito. Un provvedimento non visto di buon occhio dai francesi, più favorevoli a una politica redistributiva. Il secondo fattore è la convinzione, tra gli elettori francesi, che soltanto i grandi dirigenti d’impresa abbiano beneficiato delle politiche economiche di Macron: a rivelarlo è uno studio dell’istituto Ifop, dal quale emerge che più della metà dei francesi pensano che i maggiori beneficiari siano i dirigenti delle grandi aziende (73%) e gli abitanti dei grandi centri urbani (54%). Mentre le categorie considerate maggiormente danneggiate sono i pensionati (retraités) e gli abitanti delle zone rurali.
In conclusione: nonostante il suo attivismo seguito alle proteste dei gilet gialli e le iniziative del suo governo, Macron viene visto ancora come un politico rappresentativo delle élite. Ciò spiega in parte la mancata ripresa nei sondaggi negli ultimi mesi.
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