Fare il pieno di preferenze non fa vincere le elezioni. Lo dimostrano i dati sulle ultime regionali in Piemonte, che hanno visto il centrodestra con il candidato di Forza Italia Alberto Cirio battere il governatore uscente Sergio Chiamparino del centrosinistra. Sulla scheda verde i piemontesi potevano esprimere una preferenza per un candidato nelle liste provinciali. In questa tornata le liste ammesse erano 5 per Cirio, 7 per Chiamparino, la sola del Movimento 5 Stelle per Giorgio Bertola così come solo quella del Popolo della Famiglia per Valter Boero.
Nonostante la concomitanza con il voto per il Parlamento Europeo che ha sovrapposto le due campagne, diversi fattori “locali” hanno influenzato la scelta finale su quale simbolo barrare. Non per ultimo la notorietà o il prestigio delle persone in corsa che possono spostare anche centinaia di voti, come vedremo, e con notevoli differenze da lista a lista e da collegio a collegio.
Le preferenze, lista per lista
Tra le tre forze politiche principali sono i candidati del Partito Democratico a raccogliere più preferenze con una media regionale di oltre 25 (25,85% per essere precisi) per ogni cento voti al partito. Meno della metà per i leghisti, solo l’11,56% di coloro che hanno votato per il movimento di Matteo Salvini in Piemonte ha espresso una preferenza. Meno di 1 elettore su 10 (8,70%) del Movimento 5 Stelle, infine, ha votato anche per i nomi nelle liste dei pentastellati.
L’ampio consenso di cui gode Salvini in questo momento sembra aver quasi messo in secondo piano i membri in corsa del suo partito. I candidati locali del Movimento non sono riusciti a fare da argine all’emorragia di voti persi a livello nazionale e alla crisi di leadership di Di Maio. I dem al contrario sembra abbiano potuto contare popolarità dei propri candidati, molti provenienti da passate esperienze amministrative locali o da carriere professionali di successo. Mauro Salizzoni, chirurgo di fama mondiale specializzato in trapianti ha raggiunto la cifra di 18.095 preferenze con il Pd nella provincia di Torino. Una cifra da capogiro, il secondo numero di più alto di preferenze, di Daniele Valle per i Dem, non arriva a 7000.
Dietro il buon risultato di Fratelli d’Italia può esserci in parte l’apprezzamento per i nomi che il partito di Giorgia Meloni ha deciso di schierare: la media regionale delle preferenze sfiora il 30% con un 29,09%. In Forza Italia il rapporto è un po’ più basso, fermo a 23,89%.
Un terzo dei votanti di Liberi e Uguali Verdi (31,26%) ha appoggiato anche uno dei candidati mentre per Più Europa il dato si dimezza a 14,01%
Tra i due principali schieramenti in media le liste che hanno appoggiato Cirio, nonostante la larga vittoria, hanno raccolto meno preferenze (16,91% dei voti) di quelle in supporto a Sergio Chiamparino (27,59%).
Regionali in Piemonte: il rapporto preferenze/voti lista per lista
La distribuzione geografica delle preferenze
La distribuzione di preferenze varia molto anche a livello geografico. Dalla provincia di Cuneo dove ben un elettore su quattro (24,87%) ha espresso una preferenza, fino al 9,03% di Biella. Poco dietro la “Granda” c’è Asti con 21,14% e a seguire l’area metropolitana di Torino con 19,92%, Verbania 19,72%, Vercelli 16,20%, Novara 15,57% e Biella al 9,03% che chiude. In alcune provincie (Asti, Biella e Verbania) Valter Boero per il Popolo della Famiglia non aveva né liste né candidati provinciali, raccogliendo di conseguenza zero preferenze ed abbassando la media di quei collegi.
L’indice di preferenze per provincia
A dimostrazione che avere più preferenze non significa ottenere un buon risultato elettorale è il caso di Italia in comune, nella coalizione per Chiamparino. Il partito ha raccolto un modesto 0,58% dei voti ma di questi il 61,11% con una preferenza per uno dei candidati, la percentuale più alta in questa tornata elettorale. Stesso discorso si può fare per la lista nello schieramento di centrodestra Sì Tav Sì lavoro con l’1,41% in tutta la regione di cui oltre il 40% (43,51%) con un voto ai nomi presenti nelle liste provinciali e per l’Udc con il 48,01% di preferenze ma un risultato dei centristi poco sopra l’1% (1,15%).
I campioni delle preferenze
In alcuni casi risulta essere chiaro quanto la popolarità di un candidato possa fare la differenza. È il caso di Monica Cerutti, l’assessore regionale uscente da sola ha raccolto praticamente un quinto dei voti, 2345, della sua lista Italia in Comune. Nel collegio torinese, dove Cerutti era candidata, ben oltre 7 elettori su 10 di Italia in Comune hanno dato una preferenza. Sempre per lo stesso partito le preferenze volano di nuovo oltre il 60% dei voti ricevuti nel cuneese con il sindaco di Priero Alessandro Ingaria il più votato della lista.
L’Udc fa anche il pieno di preferenze (il 64,95% dei voti totali) con il sindaco di Pianezza Antonio Castello nell’area metropolitana di Torino, così come nell’alessandrino (59,91%) trainato dall’assessore del capoluogo di provincia Giovanni Barosini. Il peso dei singoli è ancora più chiaro se si guarda alle preferenze che hanno raccolto gli altri candidati tra le fila dell’Udc: a parte il Verbano-Cusio-Ossola (31,71% voti con preferenza sul totale) negli altri collegi il rapporto preferenze-voti non supera il 20%.
Anche i Moderati per Chiamparino hanno goduto della spinta di un sindaco Renato Maiolo, un ex consigliere di Cuneo Mario Di Vico e di un ex primo cittadino Mario Picco nel collegio cuneense dove oltre le metà, il 56,54%, degli elettori della lista ha sostenuto con la preferenza uno dei candidati.
Non sorprende che l’ex sindaco di Cuneo ed assessore uscente Alberto Valmaggia valga un quarto delle croci su Chiamparino per il Piemonte del Sì, lista di cui è stato uno dei principali azionisti. Le preferenze nella Granda per questa civica superano il 50% dei consensi così come in Alessandria, dove in corsa c’era la sindaca di Casale Monferrato, Tiziana Palazzetto. Il paradosso – dovuto al riparto provinciale dei seggi – è che l’unico eletto di questa lista sia invece Mario Giaccone, nonostante abbia raccolto un numero molto più basso di preferenze (2106 su 36362 voti).
Proseguendo troviamo l’unica civica della coalizione di centrodestra Sì Lavoro Sì Tav per il Piemonte, dove la metà degli elettori circa ha deciso di dare una preferenza nei collegi di Torino, in particolare all’ex consigliere Gian Luca Vignale, di Alessandria, al primo cittadino di Costa Vescovato Fabio Boveri, e nel vercellese a Roberto Sella, sindaco di Lozzolo, e a Giovanni Negra, vicesindaco di Alagna.
Infine, dati poco incoraggianti sembrano essere quelli di Più Europa e del Popolo della Famiglia. Entrambe le liste hanno raccolto poco sia in termini di voti assoluti sia in termini di preferenze. Le loro cattive performance registrate a livello regionale possono essere sintomo di una carenza di spinta dal livello nazionale e, soprattutto, di una carenza di leader locali in grado di raccogliere consensi.
Conclusioni
Dopo questa panoramica sulla distribuzione dei voti ai candidati possiamo innanzitutto affermare che se da una parte personaggi forti e conosciuti possono fare la differenza, dall’altra il volume di preferenze in un partito non è un buon indicatore del risultato finale del partito stesso. Al contrario, tra queste due variabili per quanto riguarda le regionali piemontesi c’è una debole correlazione negativa, il che vuol dire che maggiori sono i voti raccolti dal partito stesso minori sono le preferenze raccolte dai suoi singoli candidati. Come già detto in precedenza, su questo dato pesano molto il dato della Lega di Salvini, il cui peso specifico del suo leader nazionale è maggiore rispetto a quello dei candidati locali così come per il Movimento 5 Stelle.
Nel Pd questo rapporto è più equilibrato grazie al gran numero di amministratori in carica ed uscenti, più conosciuti per gli elettori. Soprattutto nelle liste più piccole, è evidente quanto il rapporto tra i voti al candidato consigliere e quelli alla lista cambi nettamente da una provincia all’altra, e quindi quanto i singoli possano effettivamente portare voti ad un partito. Alcune di queste persone sono da tenere d’occhio, potrebbero essere i protagonisti della scena politica di domani. Per entrare nel consiglio regionale, però, resta imprescindibile il risultato a livello di lista.
Articolo a cura di Alessandro Ghiberti, Facoltà di Scienze Politiche, Università di Aarhus
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