Il voto del 26 maggio prima e quello del 9 giugno poi sembrano davvero aver concluso un’epoca. All’alba delle elezioni politiche del 1948, Ferrara era la provincia più a sinistra d’Italia, con quel 61,41% del Fronte Democratico Popolare che la metteva davanti persino alle storiche province rosse di Bologna e Firenze. Nel 2019, invece, dopo settant’anni di ininterrotta amministrazione della sinistra, è stato eletto sindaco Alan Fabbri, leghista e volto principale del Carroccio emiliano-romagnolo.
🔴 #Ballottaggi – Alan Fabbri (CDX) vince il ballottaggio ed è il nuovo sindaco di #Ferrara. Sconfitto Aldo Modonesi (CSX).#MaratonaYouTrend pic.twitter.com/YaTYdvPEJa
— YouTrend (@you_trend) 9 giugno 2019
Il contesto della campagna elettorale
Diversi fattori, dai sondaggi precedenti alle elezioni fino alla distribuzione del voto sezione per sezione al primo turno, lasciavano trasparire un vento politico mutato a livello cittadino, che ha reso il comune contendibile come mai prima. Le motivazioni di questa richiesta di cambiamento da parte della popolazione estense si possono ricondurre sicuramente a due livelli distinti: uno nazionale ed uno, invece, più legato alle vicende del territorio.
A livello nazionale, non si può non considerare l’ondata quasi inarrestabile di consensi conquistati da Matteo Salvini: la destra ha conseguito una notevole serie di vittorie nelle elezioni che vanno dal 4 marzo 2018 ad oggi. Questi avvenimenti si inseriscono in una sorta di “conquista del Paese” e danno ulteriore forza alla narrazione che la Lega costruisce su di sé e sulle proprie issues identitarie, anche all’interno di zone storicamente di sinistra come, appunto, Ferrara.
In una prospettiva di analisi territoriale, invece, emergono i sentimenti che avevano iniziato a diffondersi nella popolazione ferrarese in maniera sottesa e latente già da tempo: una disaffezione verso la classe dirigente locale, per lo più dovute alla percezione che quest’ultima non sia stata capace di risolvere concretamente le problematiche del territorio. Tra di esse, spiccano certamente le questioni socio-economiche e quelle relative al degrado e alla sicurezza. I cittadini, infatti, secondo quanto emerge dalle interviste qualitative – condotte il 26 maggio da chi scrive fuori dai seggi – si sono dimostrati preoccupati principalmente dal tasso di disoccupazione, dalle difficoltà delle imprese, dalla risoluzione del caso Carife e dai disagi legati all’immigrazione e alla vivibilità di zone multietniche come la Gad. Tutti temi, quelli citati, centrali nella campagna elettorale retta sul “cambio di rotta” e sulla “rivoluzione pacifica” di Fabbri.
Ferrara: la percentuale per sezione dei voti ottenuti da Fabbri (CDX) al primo turno
Ferrara: la percentuale per sezione dei voti ottenuti da Modonesi (CSX) al primo turno
Ferrara: la percentuale per sezione dei voti ottenuti da Mantovani (M5S) al primo turno
Ferrara: la percentuale per sezione dei voti ottenuti da Fusari (+EU) al primo turno
I flussi elettorali
Spostando l’attenzione su ciò che raccontano i dati elettorali, emergono alcune informazioni interessanti: per esempio, il centrosinistra paga la spaccatura interna più al secondo turno che al primo; i pentastellati, poi, nella loro ininfluenza, finiscono per favorire Fabbri; infine, esiste una divisione tra centro e periferie sia dal punto di vista partecipativo che da quello delle preferenze.
Al primo turno tenutosi il 26 maggio (in contemporanea con le Europee), il centrosinistra si presenta con quattro candidati diversi: si tratta, in ordine decrescente di voti ottenuti, di Aldo Modonesi (PD e liste civiche), Roberta Fusari (+Europa, Coalizione Civica e Azione Civica), Alberto Bova (Italia in Comune) e Andrea Firrincieli (InnovaFe). In termini assoluti, i primi tre hanno complessivamente ottenuto 32.293 voti. Al secondo turno, tuttavia, nonostante l’apparentamento di Fusari e Bova con le liste di Modonesi, quest’ultimo raggiunge la cifra di 28.561 voti: oltre 3.500 voti in meno rispetto al primo turno. Insomma, si può ritenere che Modonesi non sia riuscito a convincere e mobilitare in toto il bacino elettorale a sua disposizione.
Al contrario, al ballottaggio Fabbri fa il pieno di consensi: già forte del risultato del 26 maggio che lo vedeva saldamente in testa col 48,4% dei voti validi, guadagna circa altri mille voti, probabilmente provenienti dal bacino di Giustizia Onore e Libertà, un partito che si colloca ancora più a destra della coalizione a guida leghista. Fabbri diventa così praticamente irraggiungibile, anche grazie all’astensione di oltre l’80% dell’elettorato pentastellato (più di 4.000 dei 5.161 voti del primo turno). Quest’ultimo, infatti, anche vista la decisione del partito di non appoggiare nessuno dei due candidati il 9 giugno, ha indirettamente agito a svantaggio di Modonesi, che per sperare nella vittoria aveva necessariamente bisogno di molti dei loro voti.
La geografia del voto
Infine, considerando questo contesto anche da un punto di vista geografico, la differenza tra la città entro le mura e l’insieme di periferie e frazioni si è avvertita particolarmente. Innanzitutto, il calo dell’affluenza – in termini generali -9,6%, pari a circa 10.500 elettori in meno – nel centro città si è rivelato più lieve rispetto alle zone esterne alle mura, con una variazione media di -8,2% per le sezioni più centrali e di -10,7% per quelle periferiche.
In secondo luogo, le periferie sono i luoghi che hanno visto prevalere Fabbri in modo più deciso: guardando le 20 sezioni in cui il candidato del Carroccio ha superato il 65% delle preferenze, si può notare che ben 19 di queste si trovano ai margini del territorio comunale. Confrontando le 16 sezioni in cui ha prevalso Modonesi (13 delle quali in posizione all’interno o limitrofa alle mura) con le 16 in cui Fabbri ha ottenuto i risultati migliori, le medie del calo dell’affluenza fra i due turni sono al -9,4% nelle prime contro il -11,3% delle seconde.
Ferrara: il candidato più votato per sezione al secondo turno
Il voto nella società
Si possono analizzare, infine, i profili degli elettori emersi dall’exit poll condotto in collaborazione con il Resto del Carlino e l’Istituto Cattaneo. Se si prendono in esame le classi d’età, Fabbri conquista un terzo del suo consenso totale nella fascia compresa tra i 35 e i 54 anni; lo stesso segmento anagrafico è quello più importante anche tra gli elettori del candidato M5S Mantovani. Gli elettori con più di 65 anni, invece, costituiscono i gruppi più numerosi tra gli elettori sia di Modonesi sia di Fusari, indicando una tendenza assolutamente classica e prevedibile tra le fila dell’elettorato di centrosinistra.
Per quanto riguarda l’occupazione sono curiosi, invece, sono i dati riguardanti gli studenti: questi si ritagliano ruoli molto importanti tra gli elettori di Fusari e Mantovani, ma non di Modonesi. Al contrario, come da aspettative, per quest’ultimo rimangono fondamentali i voti dei dipendenti pubblici.
Anche dal punto di vista del collocamento politico-valoriale, il passo più importante – probabilmente decisivo ai fini della vittoria – lo compie Fabbri, che riesce a recuperare un quarto dei suoi consensi dagli elettori che si dichiarano di centro oppure che preferiscono non collocarsi all’interno dello spettro politico. Il candidato leghista, peraltro, aveva già mostrato in passato le sue abilità politiche: nel 2009 venne eletto per la prima volta Sindaco di Bondeno, diventando il primo sindaco leghista in un comune dell’Emilia-Romagna con più di 15mila abitanti.
Commenta