Con il sì degli iscritti alla piattaforma Rousseau del Movimento 5 Stelle all’alleanza con il Partito Democratico, cade l’ultimo ostacolo sulla strada del Governo Conte bis. Le trattative tra M5S e PD continueranno, sia perché c’è da stabilire l’effettiva formazione dell’esecutivo, sia per ciò che riguarda i punti programmatici di un governo che – almeno nelle dichiarazioni dei suoi promotori – si darà come obiettivo quello di arrivare fino a fine legislatura.
Ma quali sono le priorità che il nuovo governo dovrà affrontare? Anche questo è stato al centro dell’indagine condotta da Quorum/YouTrend per SkyTg24. Tra i risultati del sondaggio, come abbiamo visto, il tema del lavoro spiccava come quello di gran lunga in cima ai pensieri degli intervistati, con il 58% delle citazioni totali. Ma è interessante confrontare questo dato aggregato con quello relativo agli elettorati dei principali partiti: Lega, M5S e PD.
I temi: l’importanza del lavoro è trasversale
Già a una prima occhiata emerge come la classifica delle priorità sia piuttosto simile: il lavoro è visto come il principale problema da affrontare secondo una grande maggioranza degli intervistati e in modo trasversale agli elettorati, nella Lega come nel M5S e nel PD. Ma un’analisi più attenta permette di cogliere le peculiarità di ciascun elettorato.
Ad esempio, gli elettori della Lega sono più propensi della media a citare il tema delle tasse, della sicurezza e soprattutto dell’immigrazione: in tutti questi casi, gli elettori leghisti che citano questi temi sono nettamente superiori a quelli che fanno lo stesso nell’elettorato di M5S e PD.
Leggermente diverse sono le priorità che caratterizzano gli elettori del Movimento 5 Stelle. Questi ultimi sono meno sensibili rispetto a quelli della Lega, ma più sensibili degli elettori del PD, su temi come tasse, sicurezza e immigrazione, mentre il contrario avviene su temi “progressisti” come l’ambiente e l’istruzione. Gli elettori del M5S sono quelli che citano di più come priorità il taglio degli sprechi della politica, e anche questo non sorprende. Infine, gli elettori del Partito Democratico sono quelli che più di tutti citano il tema del lavoro (lo fanno ben 2 su 3) e sono quelli relativamente più preoccupati di ambiente, istruzione e sanità. Chi vota PD percepisce anche – come pure chi vota Lega – una certa urgenza nell’affrontare una riforma della giustizia, in misura superiore agli elettori pentastellati.
Unione Europea: un bene o un male?
Fin qui le priorità. Ma le differenze tra gli elettorati dei diversi partiti (e non solo) emergono anche sul posizionamento rispetto a diversi temi di particolare attualità. Il primo tema, su cui si dividono i partiti pro-UE e quelli anti-UE, è quello della appartenenza dell’Italia all’Unione Europea. Abbiamo già visto come, tra tutti gli italiani, quelli meno soddisfatti di questa partnership siano leggermente superiori (42,8 contro 39,3) a chi invece vede il bicchiere mezzo pieno. Tra chi vota partiti diversi le cose cambiano molto: gli elettori della Lega e del M5S sono in netta maggioranza “euro-critici”, in egual misura tra loro e molto più rispetto alla media. Per contro, ben due elettori PD su tre ritengono che dall’appartenenza alla UE il nostro paese ci abbia guadagnato.
Un’interessante chiave di lettura ci viene anche dalle risposte suddivise per classe d’età: qui possiamo notare come i più giovani tendano ad essere i meno severi rispetto alla UE (50% a favore 25,6% contro), mentre al crescere dell’età la situazione si inverte, con la maggioranza degli over 55 che invece ritiene che l’Italia abbia ricevuto più svantaggi che vantaggi.
L’immigrazione fa bene all’economia?
Altro tema divisivo per eccellenza è quello dell’immigrazione. In questo caso il nostro sondaggio chiedeva un giudizio su questo fenomeno dal punto di vista prettamente economico: ne è emersa una certa polarizzazione, ma anche una prevalenza (43% contro 31%) di chi ritiene che l’immigrazione non abbia apportato benefici all’economia italiana. Qui le differenze tra gli elettori dei partiti sono ancora più nette: 7 elettori leghisti su 10 non pensano che l’immigrazione abbia fatto bene alla nostra economia, mentre quasi il 60% degli elettori del PD ritiene che questa sia stata un fattore più positivo che negativo. A metà strada si collocano gli elettori del M5S, di cui la metà non condivide la visione positiva dell’immigrazione ma non un buon 32% che invece vede di buon occhio il fenomeno – quantomeno sul piano economico.
Anche in questo caso le differenze generazionali incidono sull’atteggiamento degli elettori: qui possiamo notare come i più anziani siano quelli meno ben disposti verso l’idea che l’immigrazione abbia fatto bene all’Italia, mentre i più giovani (18-34 anni) sono quelli relativamente più “benevoli” (anche se tra questi ultimi un vasto 37% si astiene dal prendere una posizione in merito).
Meglio politici rappresentativi o competenti?
Il tema della rappresentanza politica è quello su cui si registra la distanza più forte tra gli elettori del Movimento 5 Stelle e quelli del Partito Democratico. Chi vota M5S tende infatti a preferire nettamente la funzione rappresentativa del politico, anche a scapito della competenza (57% contro il 27% che invece privilegia la preparazione). Lo fanno anche gli elettori della Lega, ma in modo meno netto. Gli elettori del PD sono invece più divisi, ma tra loro prevale chi ritiene che il politico debba essere prima di tutto competente a ricoprire il suo ruolo (50,6%).
L’impostazione degli elettori democratici non è particolarmente condivisa. Guardando allo spaccato per classe d’età però notiamo come le generazioni più giovani non tendano a privilegiare in modo particolare un aspetto invece che un altro. Fanno eccezione gli elettori con più di 55 anni, dove prevale nettamente l’idea che il politico debba innanzitutto rappresentare la gente, ben più che essere competente.
Divisi su (quasi) tutto, uniti sulla redistribuzione
Fin qui abbiamo visto come i diversi elettorati (e le diverse generazioni) abbiamo sensibilità alquanto diverse – anche se non del tutto – sulle priorità e su alcuni dei principali temi su cui si dividono le forze politiche. Ma c’è un tema che sembra mettere tutti d’accordo: la necessità di ridurre le disuguaglianze. La cosa non ci stupisce, visto che poco meno del 70% degli intervistati si era dichiarata d’accordo con l’idea che il governo debba intervenire per ridurre le differenze di reddito. Ma, come tutti i dati aggregati, poteva benissimo nascondere dei forti scostamenti una volta considerati i singoli sotto-insiemi del campione: ad esempio, era lecito aspettarsi che gli elettori della Lega (la cui proposta chiave in ambito fiscale è la Flat Tax) fossero quantomeno un po’ più “freddi” della media su questo tema.
L’analisi degli elettorati ci dice che non è così: non solo gli elettori leghisti sono d’accordo sulla necessità di ridurre le disparità di reddito, ma lo sono in misura superiore rispetto agli elettori del PD, partito in teoria erede di una tradizione politica quasi interamente basata sul tema della lotta alle disuguaglianze di classe. Gli elettori più “interventisti” sono, ad ogni modo, quelli del Movimento 5 Stelle, tra i quali ben l’84% auspica interventi governativi per livellare le differenze di reddito. In questo caso il tema è estremamente trasversale, al punto da non mostrare variazioni significative nemmeno tra gli elettori di generazioni differenti. Quali che siano le sfide che il nascente governo Conte bis deciderà di affrontare, questi dati ci dicono che una politica economica di tipo redistributivo – ammesso che sia possibile visti i vincoli di bilancio – dovrebbe incontrare il favore degli elettori in modo trasversale e (quasi) unanime.
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