I sondaggi sulle elezioni in Canada prevedevano un testa a testa, ma nel sistema Westminster il governo deve avere un volto dopo le elezioni. A poche ore dalla chiusura delle urne il nome c’è ed è quello del premier liberale uscente Justin Trudeau, riuscito a districarsi in uno scenario a lui più ostile rispetto a quello che lo condusse alla vittoria nelle passate elezioni del 2015.
La difficoltà nel prevedere l’esito del voto in un Paese come il Canada passa sicuramente per un sistema elettorale maggioritario, in grado di portare ad importanti distorsioni tra il voto popolare e la composizione del Parlamento, come accaduto nel caso della tornata di lunedì.
Il sistema elettorale
Il first-past-the-post, noto anche come uninominale secco o a turno unico, prevede la suddivisione del territorio canadese in un numero di collegi pari ai seggi della Camera dei Comuni, e in ciascun collegio risulta eletto il candidato che ottiene la maggioranza anche solo relativa dei voti.
Il numero dei seggi varia in base ai mutamenti demografici delle 13 unità territoriali (10 province e 3 territori) che compongono la federazione canadese. Il rinnovo della Camera dei Comuni per queste elezioni, come per le precedenti, prevedeva l’elezione di 338 membri, pertanto per avere la maggioranza assoluta un partito avrebbe dovuto vincere in 170 collegi. Tuttavia, a differenza delle elezioni del 2015, nessun partito è stato in grado di raggiungere questo obiettivo.
I risultati
La maggioranza relativa della House of Commons continua a detenerla il Partito Liberale di Justin Trudeau, che conquista 157 seggi, perdendone però 27 rispetto alla passata legislatura. Lo scenario che si apre quindi è quello di un governo di minoranza: la prassi vuole infatti che il compito di formare un governo sia attribuito sempre al leader del partito di maggioranza relativa dal Governatore Generale, il rappresentante della Corona del Commonwealth presso le istituzioni canadesi.
Ad ogni modo, il Partito Liberale è riuscito a tenere testa ai principali rivali ed è tornato a vincere soprattutto nei grandi centri metropolitani come Toronto, Montreal e la capitale Ottawa. Come spesso si osserva nelle più recenti competizioni elettorali di diversi Stati, c’è una tendenza erosiva nelle periferie urbane da parte delle forze conservatrici, e il Canada non fa eccezione. Tuttavia, la battaglia si è consumata anche nei collegi di alcune province dell’Atlantico, zone che in passato rappresentavano per i liberali un importante serbatoio elettorale. A pesare sul consenso del Premier uscente sicuramente non sono mancati alcuni scandali, l’ultimo dei quali è del mese scorso e riguarda la diffusione di fotografie di un giovane Trudeau con la faccia dipinta di nero.
Elezioni in Canada – La nuova Camera dei Comuni
I rivali più temuti da Trudeau sono stati sicuramente i Conservatori, i quali col 34,4% sono arrivati primi nel voto popolare, sebbene i 121 seggi ottenuti siano meno di quelli vinti dai Liberali.
I Conservatori 4 anni fa ricevettero la prima battuta d’arresto di un consenso sempre in crescita a partire dal 2003, anno in cui nacquero in seguito alla fusione di due forze di centrodestra. Il giovane leader della rimonta Andrew Scheer ha fatto molto discutere, fino conquistare il titolo di Trump canadese: uscito vincitore alle primarie del Partito Conservatore di due anni fa, è stato in grado di tamponare la temuta emorragia di voti a destra verso il neonato Partito Popolare di Maxime Bernier: la piccola formazione politica titolare del voto di una più schierata destra populista non è infatti riuscita ad ottenere il seggio che molti sondaggisti le avevano attribuito.
Elezioni in Canada – I risultati in percentuale
Tra i più quotati per un sostegno al nuovo governo di Justin Trudeau vi è sicuramente la formazione socialdemocratica del Nuovo Partito Democratico. Non meno di qualche giorno fa erano considerati pericolosi in vista di un’emorragia di voti, questa volta a sinistra, da parte dell’elettorato liberale. Stando ai dati, anche questa emorragia risulta ben tamponata: l’NDP si attesta al 15,9% perdendo quasi 4 punti percentuali e passando da 44 a 24 scranni in Parlamento. Si tratta di una perdita consistente, determinata soprattutto in Québec da un importante incremento del consenso locale del Bloc Québécois, forza politica imperniata sulla tutela della popolazione francofona. Il leader del Bloc Blanchet ha ormai da tempo abbandonato le istanze separatiste, consentendo al partito di ottenere più del triplo dei seggi (passando da 10 a 32) e il rango di terza forza parlamentare più consistente nella legislatura che si va ad aprire.
La forza meno rappresentata nel Parlamento è quella dei Verdi, che si attesta al 6,5%, una percentuale comunque quasi doppia rispetto alla precedente tornata. Per la prima volta conquistano inoltre 3 collegi, aumentando la loro delegazione in una Camera in cui occupavano, dal 2011, un solo seggio.
L’affluenza
Nonostante un aumento dei seggi e l’implementazione di diverse facilitazioni logistiche per le operazioni di voto, l’affluenza nella tornata elettorale del 21 ottobre 2019 si è attestata al 66%. Il dato segna un’inversione di tendenza rispetto alle tre precedenti elezioni generali, le quali videro la mobilitazione del 58,8% degli elettori nel 2008, del 61,1% nel 2011 e del 68,3% nel 2015.
Verso un governo di minoranza
Ad Ottawa si sono visti raramente governi di coalizione, ma non si può dire lo stesso per i governi di minoranza.
Infatti, per quanto possa sembrare insolito in un sistema fortemente maggioritario, dalle ultime 20 tornate elettorali il Canada ha visto nascere 9 governi di minoranza. Quest’anomalia risulta più comprensibile se si considera il combinato disposto tra il sistema uninominale secco e la presenza di 5 forze politiche in parlamento, cosa che rende difficile una competizione bipartitica tipica delle elezioni che adottano lo stesso sistema.
Il Partito di Trudeau ha già incassato l’appoggio esterno del Nuovo Partito Democratico, annunciato dal suo leader Jagmeet Singh nel discorso post-elettorale. Il leader socialdemocratico non sarà però disponibile a venir meno ad alcuni punti programmatici della sua agenda, a partire da quelli per l’ambiente (Singh rimane fermamente contrario al progetto di espansione dell’oleodotto Trans Mountain che tanto ha fatto discutere nella campagna elettorale). Trudeau sarà in grado di sostenere i costi di un appoggio esterno che vale il superamento della fatidica soglia di 170 voti?
Commenta