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Ius soli o ius culturae? Ecco come la pensano gli italiani

Secondo i sondaggi, gli italiani sono favorevoli a nuove regole sulla cittadinanza, ma con grandi differenze tra ius culturae e ius soli

La pubblicazione di un recente sondaggio Demos & Pi su Repubblica riaccende i riflettori su due temi al centro dell’agenda politica da diversi anni, lo ius soli e lo ius culturae. Entrambi i criteri per l’acquisizione della cittadinanza da parte di minori figli di cittadini stranieri erano contemplati nel disegno di legge 2092 presentato durante la scorsa legislatura. Il testo era stato approvato in prima lettura alla Camera e calendarizzato – ma non discusso per l’assenza del numero legale – al Senato negli ultimi giorni del 2017 prima dello scioglimento delle Camere.

Ius soli “temperato” e ius culturae, comunque, non sono la stessa cosa. Qual è la differenza, in termini legislativi? Nella formulazione del ddl 2092, che tante polemiche aveva suscitato sul finire della scorsa legislatura:

Ius soli temperato –  Prevedeva che la cittadinanza venisse assegnata ai figli nati in Italia da genitori stranieri, nel caso in cui almeno uno dei due fosse munito di permesso di soggiorno di lungo periodo. La cittadinanza non era però automatica: il ddl prevedeva infatti la necessità che a richiederla fosse, entro il compimento della maggiore età dell’interessato, uno dei due genitori. Altrimenti, una volta divenuto maggiorenne, questi avrebbe avuto due anni di tempo per farne richiesta.

Ius Culturae –  Attribuiva, invece, la cittadinanza ai minori nati o arrivati in Italia prima dei 12 anni, che avessero frequentato, per almeno 5 anni, almeno un ciclo scolastico o che corsi professionali triennali o quadriennali idonei a conseguire una qualifica professionale. Inoltre, se la frequenza certificabile era quella della scuola primaria, era necessaria la conclusione positiva del ciclo di studi. Anche in questo caso, la cittadinanza non era automatica: se l’interessato era minorenne avrebbe dovuto fare esplicita richiesta uno dei genitori. Se invece tale richiesta non fosse pervenuta, allora il diretto interessato avrebbe potuto domandare la cittadinanza entro i due anni dal compimento della maggiore età.

I sondaggi sullo ius culturae

Questa differenza non resta solo sulla carta, bensì si riflette nel discorso pubblico. Gli italiani sembrano infatti vedere le due misure in modo significativamente diverso. Vediamo innanzitutto il sondaggio di Demos sullo ius culturae, che mostra anche interessanti disaggregazioni per età, area di residenza e intenzioni di voto.

Ius culturae – Il sondaggio di Demos&Pi

Si nota innanzitutto una grande trasversalità degli orientamenti: in tutti i segmenti demografici e in tutte le macro-aree geografiche si registra una percentuale di favorevoli superiore al 50% e spesso anche superiore. Gli unici segmenti dove i favorevoli sono meno dei due terzi, infatti, sono il Nord Est (58%) e le fasce d’età fra i 45 e i 64 anni (59% di favorevoli tra i 45 e i 54 anni, 64% fra i 55 e i 64). I picchi più elevati di consenso per lo ius culturae, invece, si riscontrano fra i più giovani e i più anziani, con il 71% nella fascia fino ai 29 anni e in quella dai 65 anni in su.

Il consenso per intenzioni di voto

Diverso è il caso della disaggregazione per intenzioni di voto: qui si nota una netta distanza fra gli elettorati dei due partiti più ostili – Lega e Fratelli d’Italia – e tutti gli altri, fino all’estremo degli elettori del Partito Democratico in cui si sfiora l’unanimità con il 93% di favorevoli. I dati che saltano particolarmente all’occhio come sorprese rispetto a quanto ci si potrebbe attendere sono tre.

Ius culturae – I favorevoli per intenzioni di voto

 

Il primo riguarda proprio Lega e FdI: nonostante le due formazioni si siano dette nettamente contrarie a qualunque estensione dei criteri di concessione della cittadinanza, la percentuale di elettori favorevoli è tutt’altro che irrilevante. L’elettorato della Lega è addirittura spaccato quasi a metà, con il 46% di favorevoli, mentre per Fratelli d’Italia la percentuale scende a un 36% che è comunque significativo (più di uno su tre).

Un altro fenomeno notevole è il consenso nettamente maggioritario all’interno dell’elettorato di Forza Italia, che si discosta così dai due partner di coalizione con un elevato 81% di favorevoli. Il diverso orientamento tra gli elettori della forza più moderata del centrodestra riflette quindi il favore espresso verso lo ius culturae da alcuni parlamentari di Forza Italia come Renata Polverini, piuttosto che la linea ufficiale (contraria) del partito, dettata a inizio ottobre dalla presidente dei senatori di FI Anna Maria Bernini

Infine, vale la pena notare la posizione mediana dell’elettorato del Movimento 5 Stelle. Gli elettori pentastellati, infatti, sono lievemente più favorevoli rispetto alla media (71% contro 67%), ma in misura minore rispetto agli elettori di centrosinistra e di Forza Italia, con uno scarto di almeno 10 punti.

Questo riflette anche la posizione incerta tenuta sul tema della cittadinanza dal M5S a livello nazionale. Nel 2013, infatti, il deputato M5S Giorgio Sorial aveva depositato una proposta di legge di ius soli persino più “coraggiosa” di quella del PD che abbiamo già illustrato. Due anni dopo, alla Camera, i 5 Stelle si erano astenuti perché il testo era stato “cambiato al ribasso”, e nella successiva votazione al Senato (dopo aver annunciato l’astensione in un post poi cancellato ma ancora leggibile qui) l’assenza in aula dei portavoce pentastellati era stata decisiva per il mancato raggiungimento del numero legale che sancì la morte (politica) del provvedimento.

Gli altri sondaggi

Quello di Demos, comunque, non è l’unico sondaggio che indica un sostegno maggioritario nella popolazione per lo ius culturae. Altri tre sondaggi di Ixè fra l’inizio di ottobre e ieri hanno mostrato che i favorevoli sono in crescita e oggi sarebbero addirittura più del 70%.

Ius culturae – Gli ultimi sondaggi

 

La differenza con lo ius soli

Ma che differenza c’è fra ius culturae e ius soli nell’opinione pubblica? L’ultima (corposa) tornata di sondaggi sul tema ius soli è avvenuta a marzo. All’epoca, l’attenzione del pubblico era concentrata sul caso di Rami e Adam, i due ragazzini, in quel momento senza cittadinanza italiana, che avevano contribuito al salvataggio dello scuolabus a San Donato (uno dei sondaggi, fra l’altro, era stato quello di Quorum/YouTrend per Il Confine su SkyTG24).

I risultati non erano stati univoci, ma la tendenza era chiara: lo ius soli era un tema su cui l’opinione pubblica era spaccata a metà. La media dei quattro sondaggi, infatti, vedeva i favorevoli lievemente in vantaggio con il 47,8%, mentre i contrari erano poco distanti con il 43,7%.

Ius soli – La media dei sondaggi di marzo

 

Un aspetto importante dei sondaggi – sempre, ma a maggior ragione su temi così delicati e complessi – è che una parte delle differenze nelle risposte può essere imputata alla formulazione della domanda. Entrando nello specifico, si nota che entrambi i sondaggi che vedono i contrari sopra i favorevoli (Eumetra e Euromedia) nella domanda specificavano che la cittadinanza sarebbe concessa “automaticamente”. Al contrario gli altri due, in cui i favorevoli sono in vantaggio (Quorum e EMG), non facevano cenno a meccanismi automatici.

Una differenza di frame

Insomma, fra il consenso (elevato) verso lo ius culturae nei sondaggi più recenti e quello (decisamente inferiore) per lo ius soli misurato a marzo c’è una distanza di almeno 20 punti (circa). Sembra difficile immaginare che l’unica differenza nel determinare una posizione favorevole o contraria per un tema così complesso sia una scelta lessicale, oppure no?

Su un tema del genere, quello della cittadinanza – dove entrano in gioco le convinzioni etiche più radicate – sono importantissimi i frame, cioè le cornici mentali (e le parole) con cui viene descritta la realtà che ci circonda. Un frame relativo alla cittadinanza tipico del centrodestra (come si nota con una semplice ricerca su Google), molto diffuso nella popolazione e continuamente presente nella comunicazione soprattutto di Matteo Salvini e Giorgia Meloni – come nel già citato caso di Rami e Adam – è che questa vada “meritata”. E proprio questa contrapposizione fra l’automatismo dello ius soli e il merito dello ius culturae può spiegare, probabilmente, una differenza percentuale così marcata fra due misure apparentemente così affini.

Giovanni Forti

Romano, studia Economics all'Università di Pisa e alla Scuola Sant'Anna. Quando non è su una montagna, si diverte con sistemi elettorali, geografia politica e l'impatto delle disuguaglianze sul voto.

1 commento

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  • In che cosa Salvini e Meloni (per citare gli esponenti “apicali” dei rispettivi partiti) avrebbero dimostrato i loro “meriti” ai fini dell’ottenimento della cittadinanza italiana?