Una nuova ondata di manifestazioni e di scioperi sta colpendo la Francia in questi giorni. Le dimostrazioni sono iniziate a seguito della decisione dei sindacati di opporsi al progetto di riforma del sistema pensionistico fortemente voluto dal Presidente Macron. Dal 5 dicembre, infatti, il Paese è paralizzato, e ad esserne maggiormente colpito è il settore dei trasporti. I sindacati, comunque, sono intenzionati a procedere con le mobilitazioni, affinché il governo ritiri il progetto di riforma.
Cosa prevede la riforma
Attualmente il sistema pensionistico francese è alimentato da una cassa comune – a sua volta finanziata dai lavoratori – che si suddivide in 42 sotto-casse, ognuna delle quali copre un settore specifico: c’è quindi la cassa dei ferrovieri, quella degli agricoltori, e via dicendo. Il progetto di riforma prevede la cancellazione di tutte le casse al fine di introdurre un unico sistema universale, per cui tutti i beneficiari potranno godere dello stesso trattamento pensionistico.
I sindacati e l’opposizione al governo sono contrari al progetto di riforma, per via del possibile incremento degli anni di lavoro necessari per ottenere la pensione e del crescente rischio di riscuotere una somma inferiore rispetto a quella attuale. Tuttavia, il governo ha deciso di non fare nessun passo indietro, dicendosi, però, disposto a trattare sulle modalità di transizione verso il modello pensionistico unico.
Sette francesi su dieci approvano lo sciopero
Il 4 dicembre l’istituto Odoxa ha pubblicato un sondaggio riguardante il consenso dei francesi verso lo sciopero. Dai dati è emerso che quasi sette francesi su dieci ritengono giustificata la grève, cioè lo sciopero iniziato il 5 dicembre.
In generale, la protesta viene approvata dalla dei cittadini. In particolare, questo sciopero viene ben visto dalla quasi totalità dei simpatizzanti della France insoumise di Mélenchon (il 95% lo considera giustificato). La questione unisce destra e sinistra estrema, infatti anche il 77% dei sostenitori di Marine Le Pen supporta i contestatori della riforma. La mobilitazione è apprezzata anche da socialisti (82%) ed ecologisti (71%). Sul tema, invece, sono maggiormente divisi gli elettori dei Républicains: il 51% si considera favorevole, mentre il 49% contrario.
Infine, ben il 32% degli elettori di En Marche!, il partito del Presidente, approva l’ondata di scioperi: campanello d’allarme per l’inquilino dell’Eliseo?
Dal sondaggio emergono anche le motivazioni sottostanti l’approvazione dello sciopero: l’89% degli intervistati non considera chiare le modalità con cui si vuole giungere al sistema unico delle pensioni, e un ulteriore 85% teme di essere costretto di lavorare più a lungo. La riforma, comunque, non è l’unica ragione, infatti l’80% dei francesi si dichiara ostile verso l’attuale maggioranza di governo. Una motivazione che spacca di più l’elettorato riguarda il nocciolo della riforma: il 40% si dichiara infatti favorevole a porre fine all’attuale sistema pensionistico.
La duplice sfida di Macron
In questo frangente, l’azione riformatrice di Macron rischia di essere messa a repentaglio, così come le sua possibile volontà di ricandidarsi alle prossime presidenziali. La media degli istituti di sondaggio rileva che il grado di fiducia del Presidente nel mese di novembre corrisponde al 34,5% (+0,7 punti rispetto al mese precedente).
Il Presidente ha pertanto davanti a sé una duplice sfida: quella di riuscire a disinnescare il conflitto sociale derivante dalla riforma delle pensioni e quella di ottenere un risultato soddisfacente alle elezioni municipali del 2020.
In occasione del centoduesimo congresso dei sindaci francesi che si è tenuto il 19 novembre, poi, Macron ha risposto alle richieste di François Baroin, Presidente dell’Associazione francese dei sindaci. Il discorso di Macron aveva l’obiettivo di portare alla luce tutti i progetti attuati dal governo e tutte le proposte da attuare provenienti dal Grande Dibattito Nazionale. Ma, sempre stando a Odoxa, il 61% dei francesi non ha trovato convincenti le parole di Macron in tale occasione.
La motivazione principale risiede nelle risorse ai municipi, considerate dal 73% degli intervistati come non sufficienti per far fronte ai problemi quotidiani dei comuni. In aggiunta a ciò, il 47% dei francesi considera Macron ostile verso i sindaci.
Questo dato acquisisce ulteriore importanza se lo si inserisce all’interno della percezione che la popolazione ha di lui: infatti, il 68% dei cittadini intervistati lo considera distante dalle istanze dei sindaci, e un ulteriore 78% ritiene che Macron non tenga sufficientemente conto del parere dei primi cittadini.
Decisive, si è detto, saranno anche le elezioni municipali di marzo 2020: vediamo quale situazione si prospetta a Parigi e Lione.
Municipali a Parigi: verso la riconferma di Hidalgo?
A Parigi persiste la frammentazione dell’offerta elettorale. Dalle rilevazioni del mese di novembre, il Sindaco uscente Anne Hildalgo (socialista) è ancora in testa con il 20,5%. Il vantaggio rispetto al mese precedente si è attenuato ma rimane di oltre tre punti percentuali rispetto al candidato di En Marche! Benjamin Griveaux, che subisce la concorrenza sia del dissidente Cédric Villani che dell’ex eurodeputata Rachida Dati, la quale ha incrementato il suo bacino di consensi e potrebbe arrivare seconda in molti distretti della città. La partita per la conquista della capitale resta dunque apertissima.
Municipali a Lione: En Marche! legato alla forza elettorale di Collomb
A Lione le divisioni interne della maggioranza sembrano attutite dalla popolarità dell’ex Ministro Gérard Collomb, Sindaco dal 2000. Per l’istituto Ifop il 27% dei lyonnais intervistati sostiene che voterebbe Collomb nel caso di una sua ricandidatura, contro il 18% che voterebbe per l’avversario ecologista Grégory Doucet. Questo ci mostra come, nonostante il calo della fiducia per Macron, il partito non abbia riscontrato un indebolimento a livello municipale, dove però il voto è sempre più scollegato dal partito e sempre più disegnato attorno alla figura del candidato.
La figura di Collomb è decisiva: è in grado di far convogliare su di sé cospicue porzioni di voti socialisti, repubblicani ed ecologisti, che altrimenti si disperderebbero in altre liste. In particolare, dai sondaggi emerge che i dieci punti che la lista di En marche! andrebbe a perdere, nel caso in cui Collomb non si presentasse, si sparpaglierebbero tra il Partito Socialista, che passerebbe da 4% a 7%, ma anche tra i Verdi e i Républicains, che guadagnerebbero entrambi il 2%.
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