Il sorpasso dei matrimoni civili
Lo scorso 20 novembre l’ISTAT ha pubblicato i nuovi dati, relativi al 2018, su matrimoni e unioni civili in Italia. I dati confermano alcuni trend già emersi negli anni precedenti, specialmente per quanto riguarda l’età media al primo matrimonio e la diminuzione del tasso di nuzialità, che influenza direttamente anche la natalità. Ma c’è anche qualche novità: ad esempio, per la prima volta nel nostro Paese si sono celebrati più matrimoni con rito civile che con rito religioso: in totale sono stati celebrati 195.778 matrimoni di cui 98.182 con rito civile e 97.596 con rito religioso, quindi si è trattato di un sorpasso “sul filo di lana” (appena 586 matrimoni).
Le province dove ci si sposa di più (e quelle dove ci si sposa di meno)
Quali sono le province in cui ci si sposa di più? Per rispondere a questa domanda dobbiamo guardare al tasso (o quoziente) di nuzialità, ossia al numero di matrimoni ogni mille abitanti. Scopriamo così che le 5 province dove ci si sposa – relativamente – di meno sono Milano (2,31), Lodi (2,43), Prato (2,46), Ancona (2,5) e Monza Brianza (2,52), mentre quelle con il tasso di nuzialità più alto sono Vibo Valentia (4,92), Reggio Calabria (4,66), Barletta-Andria-Trani (4,51), Salerno e Bolzano (4,45 per entrambe). Come si vede facilmente dalla mappa, il quoziente di nuzialità è tendenzialmente più alto nelle province del Mezzogiorno rispetto a quelle del Nord, dove, con alcune eccezioni (le province di Bolzano, Siena, Verbano-Cusio-Ossola e Verona) i matrimoni sono meno frequenti che al Sud.
Matrimoni in Italia – La mappa dei matrimoni ogni 1000 abitanti
Differenze ancora più evidenti tra Nord e Sud emergono per quanto riguarda la tipologia di rito con cui sono celebrati i matrimoni. Generalmente, infatti, nelle province del centro-nord i riti civili superano quelli religiosi, in alcuni casi di molto. In particolare, le province di Livorno, Trieste, Bologna, Ferrara e Grosseto meno del 30% dei matrimoni è celebrato con rito religioso. All’opposto, dal Lazio in giù, i matrimoni in chiesa sono più numerosi, e nelle province di Crotone, Vibo Valentia e Potenza la percentuale è superiore all’80%.
Matrimoni in Italia – I matrimoni religiosi
Matrimoni in chiesa in costante calo
In generale, come abbiamo visto, nel 2018 sono stati celebrati per la prima volta più matrimoni civili che religiosi. Se in alcune regioni questo sorpasso si era già verificato – e consolidato – nel decennio precedente (dal 2008 al 2018), in altre ciò è avvenuto solo più recentemente: Marche, Umbria e Sardegna. Nelle regioni del Mezzogiorno invece i matrimoni religiosi sono ancora più numerosi, nonostante siano in calo, mentre il numero di matrimoni civili è costante nel tempo.
Matrimoni in Italia – I matrimoni religiosi sono in calo
Il fenomeno del calo dei matrimoni e del rito religioso è in parte spiegabile con la secolarizzazione, termine coniato da Max Weber[1], che indica la progressiva perdita di importanza della religione in tutte le sfere della vita sociale: si tratta di una perdita dovuta all’espansione del capitalismo, allo sviluppo della scienza e al progressivo calo dell’influenza delle autorità religiose. La secolarizzazione è un fenomeno multidimensionale che coinvolge non solo il nostro Paese, ma riguarda tutti i paesi occidentali. Se la nuzialità (in particolare per ciò che riguarda il tipo di rito) è uno dei possibili indicatori della secolarizzazione, l’Italia risulta essere divisa in due, con un Centro-Nord più secolarizzato e il Sud più tradizionalista.
Le unioni civili: dopo il boom, la normalizzazione
Per quanto riguarda le unioni civili[2], nel 2018 si registra un drastico calo delle persone che decidono di unirsi civilmente rispetto al 2017. Infatti, se nell’anno precedente le unioni civili erano state in totale 4.376 – di cui 2.962 coppie composte da soli uomini – nel 2018 sono state complessivamente 2.808, di cui 1.802 tra due uomini. Come si suggerisce nel rapporto dell’ISTAT, probabilmente il calo delle unioni civili è dovuto alla progressiva normalizzazione del fenomeno a seguito dell’introduzione della legge Cirinnà nel 2016. Ciò che rimane costante però è il maggior numero di coppie formate da uomini rispetto a quelle formate da donne: anche nel 2018 infatti il 64% delle coppie unite civilmente sono formate da due uomini.
Chi sono gli italiani che si sono sposati nel 2018?
I dati dell’Istat consentono di delineare anche un profilo delle principali caratteristiche socio-demografiche degli sposi italiani, in particolare considerando età, occupazione e titolo di studio.
Per quanto riguarda l’età media, il valore medio al momento del matrimonio è di 35,6 anni per gli uomini e 32,9 anni per le donne. In linea con quanto avvenuto anche negli anni precedenti, le donne continuano a sposarsi mediamente qualche anno prima degli uomini.
Il dato relativo alla deviazione standard ci dice che in Italia l’età del primo matrimonio è piuttosto variabile sia per gli uomini che per le donne, poiché entrambi i generi hanno una variabilità intorno alla media pari o superiore a 8 anni. La deviazione standard è infatti un indicatore statistico che ci dice di quanto si discostano le osservazioni dal dato medio: più alto è il valore della deviazione standard, più alta è la variabilità della variabile analizzata.
Matrimoni in Italia – L’età media degli sposi per sesso
E il titolo di studio? La maggior parte dei nuovi sposi hanno per la maggior parte un diploma di scuola secondaria superiore (rispettivamente 43,3% e 44,1%). Ma tra gli uomini i diplomati sono seguiti al secondo posto da coloro che hanno la licenza media (25,9%) con i laureati sono in terza posizione (19,6%). Tra le donne invece, la seconda posizione è occupata dalle laureate (25,4%) e quelle con la sola licenza media sono al terzo posto (20,3%).
Matrimoni in Italia – Gli sposi per sesso e titolo di studio
Infine, per quanto riguarda la condizione occupazionale, sia per gli uomini che per le donne la maggior parte risultano occupati anche se tra i due generi vi sono ben 17 punti percentuali di differenza. Questo dato non è sorprendente, poiché riflette una condizione che riguarda la popolazione italiana nel suo complesso. Da notare come le donne figurino molto più spesso come casalinghe (11,6%) rispetto agli uomini (1%).
Matrimoni in Italia – Gli sposi per sesso e condizione occupazionale
[1] Fonte: Conti, F., (2013) La secolarizzazione inconsapevole. Laicità e dimensione pubblica nell’Italia contemporanea. Memoria e ricerca, N. 43, pag. 45-65. DOI: 10.3280/MER2013-043004
[2] Con il termine unione civile, l’ISTAT intende solo unioni formate da persone dello stesso sesso.
Ciao Alice,
per la mia tesi di laurea sto preparando un prospetto sull’evoluzione (puramente statistica) dei matrimoni (civili e religiosi), dei divorzi e delle separazioni in Italia dal 1970 ad oggi. Ti volevo chiedere se potevi darmi una mano magari con qualche tua ricerca o spunto. Mi è molto piaciuto questo articolo complimenti.
Edoardo Clerici