Nella notte tra martedì 14 e mercoledì 15 gennaio si terrà a Des Moines, in Iowa, il settimo dibattito per le primarie del Partito Democratico, organizzato da CNN e The Des Moines Register. A moderare il dibattito, a partire dalle 3 di notte, ora italiana, sarà Wolf Blitzer, volto di punta della CNN, affiancato da Abby Phillip e Brianne Pfannenstiel.
Il dibattito è l’ultimo prima dell’inizio delle primarie che si terranno in tutti gli Stati fino a giugno, per assegnare i delegati che il prossimo luglio dovranno decretare, alla Democratic National Convention di Milwaukee, chi sarà il candidato democratico. Il primo Stato a votare sarà proprio l’Iowa il 3 febbraio, seguito da New Hampshire (11 febbraio), Nevada (22 febbraio) e South Carolina (29 febbraio), per poi arrivare all’importante Super Tuesday del 3 marzo.
Primarie democratiche USA: le intenzioni di voto per i candidati
A dividersi il palco in questo dibattito saranno 6 candidati, uno in meno rispetto all’ultimo debate di dicembre. I requisiti per qualificarsi e partecipare richiedevano ai candidati di avere almeno 225 mila donatori ed il 7% dei consensi in almeno 2 sondaggi nei primi quattro Stati al voto o il 5% in almeno 4 sondaggi nazionali o negli early states. Le regole per qualificarsi ai successivi dibattiti non sono ancora state rese note dal Comitato Nazionale Democratico, ma la possibilità che i requisiti diventino più stringenti non sarebbe certo una buona notizia per gli ultimi del gruppo, vale a dire Tulsi Gabbard, Michael Bennet, John Delaney e Deval Patrick. Alcuni candidati hanno tuttavia già abbandonato il campo. Dopo l’importante addio di Kamala Harris del 3 dicembre scorso, il 2 gennaio si è ritirato anche l’unico candidato latinoamericano, Julián Castro, mentre il 10 gennaio è stata la volta di Marianne Williamson, la quale era stabilmente accreditata all’1% nei sondaggi a livello nazionale.
Rispetto al dibattito di dicembre resta fuori soltanto Andrew Yang che, pur avendo raggiunto il requisito riguardante le donazioni, è apparso soltanto in 2 sondaggi che lo accreditavano al 5%. Stesso discorso per Cory Booker, che ha anche formalmente protestato con il Democratic National Committee per l’assenza di un sufficiente numero di sondaggi nel periodo precedente alla deadline del 10 gennaio per qualificarsi al dibattito. Sia Yang che Booker hanno così espresso il proprio malcontento per la lineup del dibattito, composta solamente da candidati bianchi.
Primarie democratiche USA: la media dei sondaggi relativi all’Iowa
Il dibattito in Iowa darà comunque qualche segnale rispetto alla forza dei frontrunners ed allo slancio che le diverse campagne elettorali potranno prendere in vista delle primarie. Il voto in Iowa è particolare, in quanto strutturato nei cosiddetti caucus all’interno dei quali, in ciascuna contea dello Stato, gli elettori si incontrano per discutere e votare i candidati, tentando anche di convincere gli indecisi e di spostare il consenso. Anche per questo motivo, vista la forza mobilitatrice della sua base (che gli ha permesso di raggiungere la cifra record di $35 milioni nell’ultimo trimestre dell’anno), Bernie Sanders è in testa con 20 punti percentuali nell’ultimo sondaggio registrato il 10 gennaio in Iowa, pubblicato da CNN/The Des Moines Register. Subito dietro troviamo Elizabeth Warren con il 17%, Pete Buttigieg al 16% e Joe Biden al 15%. Il fatto che in quest’ultimo sondaggio soltanto due quinti degli intervistati abbia individuato il proprio candidato da supportare rende più plausibile la media dei sondaggi realizzata da Real Clear Politics, che traccia il quadro di uno scenario di possibile testa a testa nei caucus in Iowa.
L’importanza del primo voto è data soprattutto dal fatto che, qualunque sia l’esito, le campagne elettorali potranno subire scossoni o battute d’arresto impreviste. In questo momento è Sanders ad avere il maggiore impatto, forte sia degli ultimi numeri in Iowa che delle performance della propria campagna a livello nazionale. Sarà molto probabilmente al centro della scena e se fino a poche settimane fa avremmo potuto pensare di assistere ad un dibattito incentrato sull’impeachment di Donald Trump, quasi sicuramente questo martedì assisteremo ad un confronto anche e soprattutto sulla politica estera. Sanders, anti-interventista e contrario alle mosse dell’Amministrazione nel caso Soleimani, avrà un terreno amico in Iowa, i cui elettori hanno votato negli ultimi anni un alto numero di deputati non interventisti. Storicamente è tuttavia vero che l’attenzione degli americani su questi temi si è sempre dimostrata poco rilevante in sede di elezione presidenziale.
Joe Biden, ancora in testa nella media dei sondaggi nazionali, si trova indietro in Iowa mentre sembra poter contendere il New Hampshire. Sebbene sia in piena corsa per arrivare in fondo alle primarie, sta subendo i colpi di Sanders, il quale ha criticato il suo appoggio a diversi accordi commerciali esteri ed alla guerra in Iraq del 2003. La forza di Biden emergerà però in Nevada e soprattutto in South Carolina, dove è favorito e la base di elettori è composta maggiormente da afroamericani. In un recente sondaggio targato Washington Post-Ipsos Biden è la prima scelta per il 48% dei democratici afroamericani, mentre Sanders ha soltanto il 20% di gradimento e dietro di lui Elizabeth Warren ha il 9%. Il fatto che Sanders però riesca a registrare il 42% di consensi tra i giovani neri sotto i 35 anni, contro il 30% di Biden, lascia intendere come anche negli Stati più favorevoli per l’ex Vice-presidente la partita sia tutt’altro che scontata.
Primarie democratiche USA: la media dei sondaggi relativi al New Hampshire
Pete Buttigieg, ormai ex sindaco di South Bend dopo aver rinunciato a ricandidarsi nel 2019 per concentrarsi sulla campagna presidenziale, dovrà affrontare il dibattito cercando di distinguersi dai due candidati veterani. In Iowa, dove la popolazione è per il 90% composta da bianchi, è molto vicino agli altri candidati. La maggiore difficoltà di Buttigieg è il rapporto con il suo elettorato non di riferimento, quello afroamericano. Gli ultimi sondaggi in South Carolina lo attestano soltanto al 2% e se riuscirà a confermare le previsioni negli altri early states potrà cercare di dare maggiore credibilità al suo percorso. Un ulteriore ostacolo alla corsa di Buttigieg è il fatto che negli ultimi 230 anni gli americani non hanno mai eletto un sindaco presidente. Forse è anche questo numero ad aver fermato la corsa di Julián Castro, ex sindaco di San Antonio, che ha deciso tuttavia di dare il proprio endorsement ad Elizabeth Warren, anch’essa con una campagna non del tutto in salute. Warren ha subito attacchi e pressioni da ambo i lati del Partito. Se l’ala più a sinistra appoggia Sanders, i più moderati si schierano con Biden o Buttigieg ed in Iowa Warren è anche insidiata da Amy Klobuchar. A Warren manca uno zoccolo duro di elettori e resta molto popolare come seconda scelta, come avevamo scritto già a novembre scorso. Il dibattito di martedì potrebbe dare maggiori indizi sulla sua forza prima del voto del 3 febbraio.
Primarie democratiche USA: la media dei sondaggi relativi al Nevada
Al dibattito del 14 gennaio ci sarà anche Tom Steyer, qualificatosi il penultimo giorno utile ottenendo il 12% ed il 15% in due sondaggi rispettivamente per il Nevada e il South Carolina. I numeri del miliardario hanno sorpreso in quanto Steyer non aveva mai superato il 5% in sondaggi utili alla partecipazione ad un dibattito, mentre in Iowa è stimato al 2% ed in New Hampshire al 3%. Ma Steyer nell’ultimo periodo ha speso oltre 100 milioni di dollari in pubblicità proprio nei due Stati in cui i suoi numeri sono impennati.
Primarie democratiche USA: la media dei sondaggi relativi al South Carolina
Lo stesso ha fatto l’ultimo arrivato nella corsa alla nomination, il miliardario Michael Bloomberg, ex sindaco di New York ed imprenditore. Bloomberg ha già speso 200 milioni di dollari, 41 soltanto nell’ultima settimana, raggiungendo, in alcuni sondaggi a livello nazionale, tra il 7 e l’11% e ricevendo l’accusa da parte di Warren di voler cercare di comprare l’elezione. Bloomberg ha scelto di non ricevere donazioni e per questo motivo non potrà verosimilmente partecipare a nessun dibattito, a meno che il DNC non cambi i requisiti per accedervi. L’ex sindaco ha anche annunciato di non partecipare alle primarie nei primi quattro Stati, puntando direttamente al Super Tuesday ed al mese di marzo, durante il quale si assegneranno quasi due terzi dei delegati democratici. La priorità per Bloomberg è quella di battere Trump e per questo ha affermato di poter arrivare a spendere fino ad 1 miliardo di dollari, potendo contare su un patrimonio di oltre 50 miliardi. Qualora non dovesse ottenere la nomination, per raggiungere l’obiettivo il newyorkese sarebbe disposto a sostenere qualunque altro candidato. L’indipendenza economica di Bloomberg potrà essere un altro fattore decisivo nel 2020? Staremo a vedere.
Commenta