Il 2020 si apre con due importanti elezioni, dal momento che il 26 gennaio si voterà in Emilia Romagna e in Calabria. Ma il nuovo anno sarà segnato anche da altre sei elezioni regionali, che si terranno in primavera inoltrata: Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana e Veneto rinnoveranno infatti Presidente e Consiglio regionale in una data ancora da stabilire.
Sarà un anno elettoralmente intenso anche per molte città italiane: nel 2020 si terranno infatti le elezioni amministrative in 1.082 comuni, di cui 102 sopra i 15 mila abitanti. In particolare, saranno da tenere d’occhio 3 capoluoghi di regione (Aosta, Trento e Venezia) e 14 capoluoghi di provincia, ossia Chieti, Matera, Crotone, Reggio Calabria, Lecco, Mantova, Fermo, Macerata, Andria, Trani, Nuoro, Enna, Agrigento e Arezzo.
Ma non finisce qui: si dovrebbe tenere, sempre in primavera, il referendum confermativo sulla riforma che riduce il numero dei parlamentari, dal momento che al Senato sono state raccolte le firme necessarie per richiederne l’indizione. Tra febbraio e marzo, infine, andranno al voto due collegi uninominali del Senato e uno della Camera, per le elezioni suppletive.
Le elezioni regionali
Come dicevamo, 8 regioni sono certe di essere chiamate alle urne nel 2020. La situazione attuale vede 11 regioni governate dal centrodestra e 7 dal centrosinistra. Delle 8 che rinnovano Presidente e Consiglio regionale quest’anno, però, ben 6 sono governate dal centrosinistra, mentre il centrodestra guida solo Liguria e Veneto.
Emilia-Romagna
In Emilia-Romagna, al voto il 26 gennaio, ci sono sette candidati in corsa: il governatore uscente del centrosinistra, Stefano Bonaccini, si ricandida con l’appoggio di Partito Democratico, Europa Verde, +Europa, Volt, Emilia Romagna Coraggiosa e Bonaccini Presidente. Dopo il fallimento del “patto civico” in Umbria, infatti, il Movimento 5 Stelle ha deciso di correre in solitaria candidando il consigliere comunale di Forlì Simone Benini.
Dall’altra parte, invece, il centrodestra propone il nome di Lucia Borgonzoni, senatrice leghista appoggiata da Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Cambiamo-Il Popolo della Famiglia, Borgonzoni Presidente e Giovani per l’Ambiente.
Per quanto concerne i candidati minori, Marta Collot, Laura Bergamini e Stefano Lugli corrono, rispettivamente, per Potere al Popolo, per il Partito Comunista e per L’Altra Emilia-Romagna, mentre Stefano Battaglia si candida col supporto della lista Movimento 3V (Vaccini Vogliamo Verità).
Calabria
In Calabria, chiusi i termini per la presentazione delle liste, ci sono quattro candidati in corsa. Anche in questo caso il Movimento 5 Stelle, dopo il voto su Rousseau, ha scelto il suo candidato: si tratta del professore universitario Francesco Aiello. Tuttavia, in questa elezione i 5 Stelle non corrono da soli, ma per la prima volta il loro candidato avrà l’appoggio di una seconda lista (nel caso di specie, Calabria Civica).
Il centrosinistra, composto da Partito Democratico, Democratici e Progressisti e dalla lista Io resto in Calabria, schiera invece l’imprenditore Pippo Callipo, privo di precedenti esperienze politiche. L’attuale governatore di centrosinistra Mario Oliverio, dopo alcune tensioni interne alla coalizione, ha dunque deciso di non ripresentarsi.
Dall’altra parte, il centrodestra ha trovato un accordo sulla candidatura della deputata Jole Santelli, coordinatrice regionale di Forza Italia ed ex vicesindaco di Cosenza: anche qui ci sono state delle tensioni interne alla coalizione, dal momento che la candidatura del sindaco di Cosenza Mario Occhiuto (sempre in quota FI) ha incontrato lo stop della Lega ed è stata ritirata. Santelli, dunque, si presenta con l’appoggio di sei liste: oltre ai tre partiti tradizionali (Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia) sono presenti la Casa delle Libertà, l’Unione di Centro e la lista Santelli Presidente.
Infine, l’ultimo dei quattro candidati è Carlo Tansi, ex coordinatore regionale della Protezione Civile appoggiato da tre liste civiche: Calabria Libera, Calabria Pulita e Tesoro Calabria.
Le altre elezioni regionali
Guardando ora alle altre regioni, in Toscana, nonostante non sia ancora stata stabilita la data, il Partito Democratico ha già individuato la candidatura dell’attuale Presidente del Consiglio regionale, Eugenio Giani. Il centrodestra, invece, non avrebbe ancora trovato l’accordo su un nome, anche se l’indicazione dovrebbe spettare alla Lega (si fanno i nomi dell’europarlamentare Susanna Ceccardi e del sindaco di Grosseto Antonfrancesco Vivarelli Colonna). Inoltre, il voto in Toscana è interessante, dal momento che risulta essere l’unica regione a prevedere il ballottaggio nel caso in cui nessuno dei candidati raggiunga il 40% dei voti.
In tutte le altre regioni (Marche, Veneto, Campania, Liguria e Puglia) non ci sono ancora nomi certi, salvo le probabili ricandidature di alcuni presidenti uscenti: Zaia (Veneto) e Toti (Liguria) per il centrodestra, Emiliano (Puglia) e De Luca (Campania) nel centrosinistra. Le voci interne al centrodestra, inoltre, danno per probabile l’indicazione di Stefano Caldoro (FI) in Campania (Regione che ha già governato dal 2010 al 2015), del deputato Francesco Acquaroli (FdI) nelle Marche e di Raffaele Fitto (FdI) in Puglia (di cui è già stato Presidente dal 2000 al 2005).
E la Valle d’Aosta?
Anche la Valle D’Aosta potrebbe essere chiamata al voto nel 2020: lo statuto speciale valdostano prevede che il Presidente della Regione sia eletto dal Consiglio regionale e non direttamente dai cittadini, per cui in ogni legislatura si possono succedere più Presidenti. Le ultime elezioni che hanno interessato la Regione sono avvenute il 20 maggio 2018 e hanno visto trionfare l’Union Valdôtaine come primo partito, ma in meno di due anni la Valle d’Aosta ha visto ribaltoni interni, con cambi alla Presidenza della Regione: prima la leghista Nicoletta Spelgatti, poi l’autonomista Antonio Fosson, dimessosi in seguito all’inchiesta “Egomnia” sulle infiltrazioni mafiose nella politica locale. Questi ultimi accadimenti potrebbero portare i valdostani a elezioni anticipate, reclamate da alcuni partiti quali la Lega, il Mouv’ e l’Union Valdôtaine. Ma non è ancora certa la chiamata alle urne.
I comuni alle urne
Per il voto amministrativo non ci sono ancora date precise, eccezion fatta per il Trentino-Alto Adige, dove i comuni voteranno il 3 maggio e – in caso di ballottaggio – il 17 maggio (in Trentino il secondo turno è possibile nei comuni con almeno 3 mila abitanti, a differenza del resto d’Italia dove la soglia è 15 mila). Sappiamo in ogni caso che almeno 1.082 comuni, di cui 102 con più di 15 mila abitanti, saranno chiamati a scegliere il nuovo sindaco questa primavera.
Nello specifico, sono 17 i capoluoghi al voto: il centrodestra governa al momento Andria, Arezzo, Chieti, Matera e Venezia, mentre sindaci di centrosinistra sono in carica ad Agrigento, Aosta, Lecco, Macerata, Mantova, Reggio Calabria, Trani e Trento. I primi cittadini di Crotone, Enna, Fermo e Nuoro sono invece espressione di liste civiche.
Nel 2015 il M5S aveva vinto solo in 5 comuni superiori (Imola, Genzano di Roma, Venaria Reale, Porto Torres e Augusta). Nel corso degli ultimi cinque anni molti elementi sono mutati, dunque a queste elezioni amministrative potremmo assistere a diversi cambi di colore. Il numero dei comuni chiamati alle urne, infine, potrebbe ancora variare, in caso di scioglimenti last minute.
Elezioni amministrative 2020: i comuni al voto con più di 15 mila abitanti
Le elezioni suppletive
In tre domeniche consecutive a cavallo tra febbraio e marzo, inoltre, si terranno 3 elezioni suppletive in altrettanti collegi uninominali, uno per la Camera (a Roma) e due per il Senato (a Napoli e in Umbria).
La prima suppletiva del 2020 si terrà il 23 febbraio a Napoli, e servirà a individuare il nuovo senatore che prenderà il posto del pentastellato Franco Ortolani, deceduto il 23 novembre scorso. Voteranno la metà dei napoletani, dal momento che il collegio uninominale in questione (Campania-07) copre la metà orientale della città partenopea, e nello specifico i seguenti 14 quartieri: Arenella, Barra, Miano, Piscinola, Poggioreale, Ponticelli, San Carlo all’Arena, San Giovanni a Teduccio, San Pietro a Patierno, Scampia, Secondigliano, Vicaria, Vomero e Zona industriale.
Paolo Gentiloni, invece, ha lasciato la Camera dei deputati il 2 dicembre scorso, avendo assunto la carica di Commissario europeo che è incompatibile con quella di parlamentare. L’ex Premier era stato eletto deputato il 4 marzo 2018 nel collegio centrale di Roma (collegio uninominale Lazio 1-01), comprendente tutti i rioni del centro storico della capitale più i quartieri Trionfale, Flaminio e Della Vittoria. Si tratta di un collegio sicuro per il centrosinistra (Zingaretti ha già chiesto a Gianni Cuperlo di candidarsi) e le elezioni suppletive avranno luogo il prossimo 1° marzo.
Infine, a meno di 5 mesi dalle elezioni regionali, la metà meridionale dell’Umbria tornerà al voto per eleggere uno dei suoi due senatori eletti nella quota maggioritaria. Il motivo? La leghista Donatella Tesei, essendo stata eletta Presidente della Regione Umbria lo scorso 27 ottobre, ha dovuto abbandonare il proprio seggio al Senato, che aveva conquistato il 4 marzo 2018 vincendo nel collegio uninominale Umbria-02. Gli elettori di questo collegio sono dunque chiamati al voto il prossimo 8 marzo per trovare il sostituto di Tesei. I comuni interessati sono tutti quelli della provincia di Terni più altri 27 della provincia di Perugia.
Il referendum confermativo
Il 10 gennaio scorso in Cassazione sono state depositate le firme di 71 senatori per chiedere il referendum confermativo sulla riforma che riduce il numero dei deputati e dei senatori elettivi rispettivamente a 400 e 200 (al posto degli attuali 630 e 315).
Considerando le tempistiche previste dal nostro ordinamento, il referendum si dovrebbe tenere in un una domenica compresa tra il 15 marzo e il 14 giugno, e potrebbe quindi essere ipoteticamente accorpato alle elezioni regionali e amministrative di questa primavera. Si tratta dello stesso tipo di referendum con cui abbiamo votato, l’ultima volta, il 4 dicembre 2016: non c’è nessun quorum da raggiungere per validare l’esito della consultazione, a cui si voterà Sì per approvare il taglio e No per respingerlo.
L’iter parlamentare della riforma si era concluso il 7 ottobre con il voto favorevole della Camera. Tuttavia, trattandosi di una riforma costituzionale e non essendo stata raggiunta la maggioranza dei due terzi in entrambe le Camere, ai sensi dell’art. 138 Cost. era prevista la possibilità di richiedere un referendum confermativo qualora, entro tre mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ne avessero fatto richiesta “un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali”. È stato al Senato che si sono raccolte le firme: ne erano sufficienti 64, dal momento che i senatori sono attualmente 319, ma alla fine in Cassazione ne sono state depositate 71. Ecco di chi sono:
Commenta