L’anno scorso, le elezioni regionali in inverno (Abruzzo, Sardegna e Basilicata) furono decisive per segnare il boom della Lega e per accelerare il declino del Movimento 5 Stelle. Un anno dopo, il partito di Matteo Salvini è passato all’opposizione ed è dato in lieve calo nei sondaggi. Le prime elezioni regionali del 2020, quindi, saranno un banco di prova importante per verificare se si tratta di un fenomeno passeggero o dell’inizio di un trend. Dopo che ieri abbiamo approfondito le elezioni in Calabria, oggi è il turno di quelle in Emilia Romagna.
Domenica, infatti, i cittadini emiliano-romagnoli saranno chiamati alle urne per eleggere il Presidente della Regione e rinnovare il Consiglio regionale. Si tratta della Regione “rossa” per eccellenza: fin dall’istituzione delle regioni nel 1970 è stata amministrata dal Partito Comunista Italiano, prima, e dal centrosinistra, poi. Elettoralmente, qui nella Seconda Repubblica il candidato di centrosinistra non ha mai vinto con meno di 15 punti percentuali di vantaggio. Nel 2020, però, la partita è davvero aperta. Entriamo nel dettaglio e conosciamo i candidati.
Stefano Bonaccini
Il Presidente della Regione uscente è Stefano Bonaccini (PD), 53 anni, eletto la prima volta nel novembre 2014 dopo le dimissioni anticipate di Vasco Errani. Bonaccini, all’epoca molto vicino al segretario PD Matteo Renzi, aveva vinto nettamente contro Alan Fabbri (Lega), da giugno 2019 sindaco di Ferrara. Il presidente uscente negli ultimi 5 anni ha ottenuto la fama di ottimo amministratore, tanto da classificarsi al secondo posto in una classifica nazionale dei Presidenti di Regione più stimati dai propri elettori, stilata da SWG a novembre 2019. Secondo il sondaggio, il 62% degli emiliano-romagnoli riteneva efficace l’operato di Bonaccini, una percentuale superata solo dal 66% del leghista Luca Zaia in Veneto.
Emilia Romagna: candidato presidente vincente per comune alle elezioni regionali del 2014
Nonostante la reputazione personale, il compito di Bonaccini non sarà semplice, visto che alle Europee di maggio 2019 la coalizione di centrosinistra era in svantaggio. In Emilia Romagna, infatti, le tre liste di centrodestra avevano ottenuto il 44,3% contro il 39,6% complessivo di PD, +Europa, Europa Verde e La Sinistra. Oggi, il presidente uscente si ripresenta alla testa di una coalizione di sei liste. Di queste, quattro sono nazionali, PD, Europa Verde, +Europa e il giovane partito Volt, e due sono civiche, Bonaccini Presidente ed Emilia Romagna Coraggiosa, guidata dall’ex eurodeputata Elly Schlein.
Emilia Romagna: coalizione vincente per comune alle elezioni europee del 2019
Lucia Borgonzoni
La principale sfidante di Bonaccini è la senatrice 43enne Lucia Borgonzoni (Lega). Borgonzoni è già stata candidata per il centrodestra a sindaco di Bologna contro Virginio Merola (PD) nel 2016, perdendo al ballottaggio. La candidata leghista ha a suo sostegno il centrodestra compatto, con le liste politiche di Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Cambiamo e le civiche Progetto Emilia-Romagna e Giovani per l’Ambiente.
Come si diceva prima, se Borgonzoni vincesse le elezioni sarebbe la prima donna presidente dell’Emilia Romagna, nonché la prima presidente di centrodestra della Regione. La vittoria segnerebbe inoltre la prosecuzione del filotto del centrodestra nelle elezioni regionali, iniziato in Sicilia nel 2017 e interrotto solo da Nicola Zingaretti nel Lazio. Negli ultimi due anni e mezzo, insomma, il centrodestra ha vinto ben 11 elezioni regionali su 12, e domenica capiremo se la striscia si allungherà.
Gli altri candidati
Simone Benini, consigliere comunale a Forlì, è il candidato scelto dal Movimento 5 Stelle con una votazione sulla piattaforma Rousseau dopo la disfatta umbra. Come si è visto in tutte le elezioni regionali del 2019, il MoVimento a livello locale tende a perdere rispetto al risultato delle ultime elezioni nazionali. Vedremo se gli sconvolgimenti in corso nei 5 Stelle, con le dimissioni del capo politico Luigi Di Maio, influenzeranno il risultato di Benini.
Ai candidati delle formazioni nazionali più importanti si uniscono altri tre candidati di sinistra: Marta Collot (Potere al Popolo), Laura Bergamini (Partito Comunista) e Stefano Lugli (L’Altra Emilia Romagna). Collot e Bergamini sono riuscite a presentare la propria candidatura a presidente raccogliendo le firme – anche se in alcune province non avranno liste a loro sostegno. Al contrario, Lugli non ne ha avuto bisogno, vista la presenza di un consigliere dell’Altra Emilia Romagna nel consiglio regionale uscente. Infine, l’ultimo candidato è Domenico Battaglia, alla testa della lista Movimento 3V – Vaccini Vogliamo Verità.
L’incognita astensione
Nel 2014, oltre alla vittoria di Bonaccini, le elezioni regionali in Emilia Romagna avevano segnato un record nella storia elettorale italiana: l’elezione regionale con l’affluenza più bassa di sempre. La percentuale di votanti sul totale degli aventi diritto cinque anni fa, infatti, si era fermata appena al 37,71%. Un risultato incredibile, se si pensa che fino al 1990 l’Emilia Romagna era stata la regione con l’affluenza nettamente più alta in Italia, sistematicamente superiore al 90%.
L’affluenza sarà una chiave di lettura molto importante per capire il risultato delle elezioni 2020. In particolare, sarà da tenere d’occhio la differenza fra l’affluenza nei comuni medi e grandi nei pressi della via Emilia, l’area più favorevole al centrosinistra, e la partecipazione dei comuni appenninici e delle province di Piacenza e Ferrara, zone dove il centrodestra si è imposto nelle ultime elezioni.
Emilia Romagna: affluenza per comune alle elezioni regionali del 2014
La legge elettorale
Il sistema elettorale dell’Emilia Romagna si rifà come impronta di base alla Legge Tatarella, ma è stato modificato significativamente nel 2014. Innanzitutto, viene eletto presidente il candidato che ha ottenuto più voti, che è anche membro di diritto del Consiglio regionale. Sui restanti 50 seggi del Consiglio regionale, 40 vengono assegnati con metodo proporzionale alle varie liste in circoscrizioni provinciali. La soglia di sbarramento è fissata al 3% per le liste collegate a candidati presidente al di sotto del 5%, mentre per i candidati che superano il 5% tutte le liste collegate possono accedere alla ripartizione. Poi, un seggio spetta di diritto al candidato presidente arrivato secondo.
Infine, gli ultimi 9 scranni possono essere assegnati in due modi diversi come “premio di maggioranza”: se le liste a sostegno del presidente non hanno già raggiunto i 25 seggi nel riparto proporzionale, viene assegnato un grosso premio di maggioranza di 9 seggi. Al contrario, se i 25 seggi della maggioranza assoluta sono già stati ottenuti, il premio viene ridotto a soli 4 seggi, mentre gli altri vengono assegnati all’opposizione. Se dopo questa procedura la coalizione del presidente eletto non raggiunge ancora i 27 seggi, gli vengono comunque attribuiti altri seggi fino al raggiungimento dei 27.
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