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Primarie USA: e ora cosa ci aspetta?

Dopo il trionfo di Sanders in Nevada facciamo il punto sugli ultimi sviluppi e sui sondaggi

Le primarie USA del Partito Democratico stanno per entrare nel loro periodo più decisivo. Dopo i caucus del Nevada stravinti da Bernie Sanders toccherà agli elettori democratici della Carolina del Sud esprimere la propria preferenza alle primarie di sabato 29 febbraio. Il prossimo 3 marzo, poi, saranno chiamati alle urne i cittadini di 16 stati (tra cui California e Texas) in occasione del fondamentale Super Tuesday.

Nel frattempo, i candidati democratici si preparano al prossimo dibattito televisivo, che si terrà proprio in South Carolina nella notte tra martedì 25 e mercoledì 26 febbraio. È stato organizzato da CBS insieme al Congressional Black Caucus Institute e verrà trasmesso in diretta su CBSNews tra le 2 e le 4 di mattina. I qualificati sono 7: Bernie Sanders, Joe Biden, Michael Bloomberg, Elizabeth Warren, Pete Buttigieg, Amy Klobuchar e Tom Steyer. Per essere ammessi, i candidati dovevano aver ottenuto almeno un delegato nazionale in Iowa, New Hampshire o Nevada, o altrimenti aver raggiunto il 12% in almeno due sondaggi condotti in South Carolina o il 10% in almeno quattro sondaggi anche a livello nazionale (in rilevazioni svolte tra il 4 e il 24 febbraio).

L’incognita Bloomberg

L’ultimo dibattito non è andato benissimo per il multimiliardario ed ex sindaco di New York Michael Bloomberg, che ha spesso faticato a rispondere agli attacchi provenienti dagli altri candidati, in particolare Joe Biden ed Elizabeth Warren. Quest’ultima lo ha più volte incalzato sulle accuse di molestie sessuali in passato a lui rivolte, mentre l’ex vicepresidente ha rinfacciato a Bloomberg l’applicazione dello “stop-and-frisk” (“ferma e perquisisci”), misura molto controversa messa in atto durante gli anni da sindaco di New York e mirata a colpire duramente la violenza nei quartieri a maggioranza afro-americana.

Bloomberg, che ha deciso di non presentarsi alle primarie nei primi quattro “early states” (Iowa, New Hampshire, Nevada e South Carolina) per puntare tutto sul Super Tuesday del prossimo 3 marzo, dovrà quindi riscattarsi, provando a far dimenticare in fretta agli americani la disastrosa performance della scorsa settimana.

Oltretutto, qualche giorno fa, i responsabili della campagna elettorale di Bloomberg avevano fatto trapelare un memo che riportava alcune preoccupanti considerazioni sullo stato della corsa dell’ex sindaco. Secondo le valutazioni dello staff, Bernie Sanders sarebbe quasi impossibile da sconfiggere nel caso in cui gli altri candidati moderati – Biden, Buttigieg e Klobuchar, rivali di Bloomberg – non dovessero ritirarsi al più presto. Scenario ancor più verosimile dopo il trionfo di Sanders in Nevada e i mancati ritiri degli altri nei giorni successivi. Ma oltre ad esprimere preoccupazioni legittime, il memo rischia di far trasparire debolezza e rassegnazione da parte dello staff dell’ex sindaco.

Sanders e gli altri

Sarà dunque un dibattito interessante e decisivo, non solo per Bloomberg. Proprio Sanders, ormai riconosciuto come frontrunner dei democratici, dovrà fronteggiare gli attacchi incrociati da parte degli altri candidati che tenteranno di rallentarne il momentum guadagnato negli ultimi giorni. Oggetto di accese discussioni sarà in particolar modo l’intervista fatta lunedì da Sanders a “60 Minutes” (celebre programma televisivo di attualità in onda su CBS) in cui il senatore afferma che sarebbe “ingiusto dire che tutto ciò che riguarda la rivoluzione Castrista a Cuba è negativo”. La dichiarazione rischia non solo di fornire materiale utile agli avversari nel momento del confronto, ma anche di minare il supporto dell’elettorato ispanico (che in Nevada ha fortemente supportato Sanders) in stati fondamentali come la Florida, dove la percentuale di “latinos” è altissima.

La vera lotta, tuttavia, sarà quella per il posto da sfidante di Sanders, con una pletora di candidati pronti a darsi battaglia. La performance di Joe Biden, in particolare, dovrà essere brillante, dato che dopo gli scarsi risultati di Iowa, New Hampshire e il distante secondo posto in Nevada l’ex vicepresidente si giocherà il tutto per tutto in South Carolina. Nelle primarie del 29 febbraio, infatti, Biden parte favorito: proprio per questo motivo se non dovesse vincere la corsa verso la nomination sarebbe compromessa.

Anche Pete Buttigieg (partito molto bene ma in difficolta ad affermarsi per via dello scarso consenso raccolto tra le minoranze), Elizabeth Warren, Amy Klobuchar e in particolare Tom Steyer (che, come vedremo, gode di un discreto supporto in South Carolina) dovranno cercare di fare bene in quest’ultimo dibattito prima del Super Tuesday per mantenere in vita le proprie campagne elettorali e arrivare al 3 marzo con la speranza di poter essere ancora competitivi.

Le primarie del South Carolina, il quadro nazionale e il Super Tuesday

Il dibattito di stanotte precede le primarie del South Carolina che si terranno sabato 29 febbraio. Come già accennato, secondo la media dei sondaggi elaborata da FiveThirtyEight Joe Biden sarebbe in vantaggio nello stato, forte dell’appoggio di un’ampia fetta dell’elettorato afroamericano. Proprio gli afroamericani, infatti, nelle primarie del 2016 in South Carolina avevano rappresentato più del 60% del totale dei votanti, secondo gli exit poll. L’ex vicepresidente raccoglierebbe poco più del 30% dei consensi, seguito da Sanders al 22,7%, Steyer al 12,9%, Buttigieg all’8,3%, Warren all’8,2% e Klobuchar al 4,2%. Sanders, tuttavia, potrebbe trarre il vantaggio dell’ultimo minuto dal momentum guadagnato con la vittoria in Nevada e vincere anche in Carolina del Sud, presentandosi al Super Tuesday come il grande favorito alla vittoria finale.

Va sottolineato che molti istituti di sondaggio rilevano anche Michael Bloomberg, dato al 9,8%, nonostante il miliardario newyorkese non sia neanche presente sulla scheda. Peraltro in South Carolina è proibito il cosiddetto write-in, cioè il voto per un candidato non presente sulla scheda aggiungendo il suo nome in uno spazio apposito.

In realtà, Sanders è già il candidato cui sono attribuite le maggiori chances di ottenere la nomination, come mostra il modello di previsione elaborato da FiveThirtyEight. Quest’ultimo infatti gli conferisce quasi il 50% di probabilità di ottenere una maggioranza assoluta dei delegati da portare alla Democratic National Convention di luglio. La seconda possibilità, al 40%, è quella di una “contested convention”, mentre Biden e Bloomberg si fermerebbero rispettivamente all’8% e al 5%.

Anche la media dei sondaggi nazionali vede Sanders in grande vantaggio, e in crescita dopo i caucus del Nevada. Il senatore si attesterebbe al 27,5%, più di dieci punti al di sopra del secondo della lista, Mike Bloomberg (16,3%). Seguono Biden (15,4%), Warren (12,9%) Buttigieg (10,5%) Klobuchar (5,4%) e Steyer (2,3%).

Dati gli ottimi numeri a livello nazionale, se Bernie Sanders non dovesse vincere le primarie in South Carolina la sua campagna non ne uscirebbe particolarmente compromessa. Lo stesso non vale per Joe Biden, che, come già visto, punta tantissimo sul piccolo stato del sud-est (aveva persino abbandonato il New Hampshire durante le operazioni di scrutinio delle primarie per andare la sera stessa in South Carolina a fare campagna elettorale, non presenziando nemmeno in Nevada).

In ogni caso – come per gli altri early states – il voto di sabato 29 non sarà estremamente decisivo, poiché pur fornendo la solita dose di momentum al vincitore, non consegnerà al vincitore un numero di delegati in grado di spostare gli equilibri della corsa. Le primarie del South Carolina, infatti, assegneranno solamente 54 delegati nazionali sui 3.979 finali. Al momento, Sanders guida con 45 delegati, seguito da Buttigieg a 26, Biden a 15, Warren a 8 e Klobuchar a 7.

Per un quadro più ampio dovremo aspettare il 3 marzo, quando si recheranno alle urne i cittadini di 14 Stati (più quelli delle isole Samoa Americane e i democratici all’estero) e assegneranno ben 1.357 delegati nazionali (il 34,1% del totale). Il cosiddetto Super Tuesday sarà quindi fondamentale non solo per la consacrazione dei frontrunner, ma anche per sgomberare definitivamente il campo da quei candidati minori che senza un risultato consistente vedrebbero calare a zero le possibilità di ottenere la nomination.

Tra gli stati più importanti chiamati al voto il prossimo 3 marzo ci saranno anche California e Texas (i due stati più popolosi d’America) che assegneranno rispettivamente 415 e 228 delegati. In California Sanders sembrerebbe di gran lunga il favorito con il 27,9% delle preferenze nella media dei sondaggi, seguito a distanza da Bloomberg al 14,7% e Biden al 12,9%.

Anche in Texas, Sanders otterrebbe la maggioranza (25,7%) ma con un vantaggio minore sul secondo della lista, Joe Biden, che si attesterebbe al 18,3% seguito da Bloomberg al 17,1%.

Insomma, sui principali campi di scontro sembra prospettarsi una lotta all’ultimo voto tra Bloomberg e Biden per il posto di candidato moderato da opporre al più radicale e temuto Bernie Sanders. Il dibattito di stanotte, le primarie del prossimo sabato e soprattutto il Super Tuesday del 3 marzo saranno tre appuntamenti fondamentali per aiutarci a capire chi sarà il prossimo sfidante di Donald Trump. Nelle corso delle due settimane che ci spettano – forse le più importanti di tutto il periodo delle primarie democratiche – scopriremo finalmente quali candidati democratici si affermeranno nella corsa alla nomination e quali crolleranno definitivamente. YouTrend coprirà tutti e tre gli appuntamenti, con aggiornamenti costanti su Twitter e analisi approfondite su youtrend.it, a partire da domani con il riepilogo del dibattito di stanotte, fino alle maratone del 29 febbraio e 3 marzo. Stay tuned!

Gianluca De Feo

Trentino, grande appassionato di politica americana ed europea. Vive in Italia ma studia politica e storia del Nord America alla Freie Universität Berlin.

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