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Come ci informiamo sul coronavirus?

Da quali fonti preferiamo ricevere informazioni in un momento di emergenza come quello che stiamo vivendo? Di chi ci fidiamo di più?

La società di consulenza americana Edelman ha di recente pubblicato un report dal titolo Trust and the Coronavirus  in aggiunta all'”Edelman Trust Barometer 2020“, report annuale che indaga i livelli di fiducia nei confronti di governi, imprese, media e ONG. La prima parte dello speciale si intitola “Looking for trustworthy information” (“alla ricerca di informazioni affidabili”) e tratta il tema della fiducia nei confronti dei mezzi di informazione, in un periodo in cui queste sono di vitale importanza.

Il report si basa su un sondaggio effettuato tra il 6 e il 10 marzo su un campione di 10.000 intervistati, 1.000 per ognuno dei 10 paesi presi in considerazione (Brasile, Canada, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Sudafrica).

Quanto ci informiamo? E da chi?

Secondo Edelman, al momento della rilevazione, erano di gran lunga italiani, coreani e giapponesi – le popolazioni fino a quel momento più colpite dall’epidemia al di fuori della Cina – a seguire maggiormente le notizie sul coronavirus. Il 35% degli italiani si informava almeno una volta al giorno e il 58% anche più volte, percentuali molto simili a quelle registrate in Corea del Sud (36% e 55%) e Giappone (35% e 55%). Meno attenti invece i nostri vicini europei di Francia e Germania, che si piazzavano in fondo alla lista, rispettivamente con una percentuale complessiva (il totale di chi si informava una volta al giorno e più volte al giorno) del 56% e 50%, contro il 93% dell’Italia.

Percentuale di chi afferma di seguire le notizie sul coronavirus almeno una volta al giorno o più volte al giorno

L’Italia, inoltre, tra il 6 e il 10 marzo registra una tendenza ad affidarsi maggiormente alle informazioni provenienti da fonti governative rispetto ai media principali: lo faceva il 63% di noi, forse anche a causa del ruolo di predominanza – anche mediatica – assunto dal premier Conte nella gestione dell’emergenza, nonché del quotidiano appuntamento con i bollettini della Protezione Civile. Il 55% degli italiani affermava di seguire i principali media, percentuale di molto inferiore rispetto a quella sondata tra Corea del Sud e Giappone, il 73%.

Percentuale di chi ottiene la maggior parte delle informazioni sul coronavirus da ciascuna fonte 

La fiducia nelle fonti

Volgendo lo sguardo al quadro complessivo, in tutti i paesi, sarebbero scienziati e dottori a godere della fiducia maggiore. Rispettivamente l’83% e l’82% degli intervistati afferma infatti di credere alle loro parole sul coronavirus. In generale, dai risultati del sondaggio risulta molto elevata la fiducia nei confronti delle figure vicine al settore sanitario, come i funzionari delle organizzazioni nazionali e internazionali per la salute e i dottori che divulgano informazioni sul coronavirus via web (più del 65% si fida di loro).

Percentuale di chi crede che ogni fonte di informazione dica la verità sul coronavirus 

Scarsa invece la fiducia nei confronti dei giornalisti (43%) e dei mass media (50%), un dato in contrasto con quello registrato nel grafico precedente, che dimostra come nella maggior parte dei paesi gli stessi mass media siano la principale fonte di informazione. Sorprende anche il dato riguardante i paesi più colpiti: solo il 46% degli intervistati affermava di fidarsi delle notizie provenienti dagli stati che hanno vissuto l’epidemia sulla propria pelle. In questo dato possiamo forse individuare una delle cause dell’azione tardiva nel contrasto all’epidemia di coronavirus da parte di alcuni Stati.

Percentuale di chi ritiene di credere alle informazioni sul coronavirus provenienti da fonti diverse

Spesso, per credere a una notizia, è necessario vederla riportata più volte; è in generale molto bassa infatti la percentuale di chi crede automaticamente a una notizia senza dove fare un double check. Solo il 6% degli intervistati si fida istantaneamente di un’informazione proveniente dai social media e il 22% deve vederla riportata una o due volte per essere vera. Percentuale, quest’ultima, che quasi raddoppia nel caso dei media tradizionali. Sono però datori di lavoro, siti governativi e siti di aziende del settore sanitario le fonti ritenute più affidabili. Il 13% di chi riceve informazioni relative al coronavirus dal proprio datore di lavoro e il 14% di chi le ottiene da un sito governativo ci crede automaticamente, mentre hanno bisogno di un double check rispettivamente il 50% e il 44%.

Gianluca De Feo

Trentino, grande appassionato di politica americana ed europea. Vive in Italia ma studia politica e storia del Nord America alla Freie Universität Berlin.

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