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Bernie Sanders è fuori dalle primarie, e ora?

Il ritiro del Senatore del Vermont lascia Joe Biden come candidato in pectore per sfidare Donald Trump a novembre, ma le incognite non mancano

Mercoledì 8 aprile, con un annuncio video, Bernie Sanders ha ufficialmente sospeso la sua campagna per le primarie Democratiche. In un momento di grave crisi come quello che gli Stati Uniti stanno attraversando, il Senatore del Vermont ha preferito lasciare posto all’unità del partito piuttosto che alla competizione, aiutato anche dal fatto che la competizione stessa era praticamente chiusa. Biden, infatti, guida attualmente il conteggio dei delegati nazionali per 1.217 a 914 e gli stati che avrebbero dovuto recarsi alle urne nelle prossime settimane lasciavano a Sanders quasi nessuna possibilità di recupero. Oltretutto, l’emergenza coronavirus ha di fatto congelato la campagna Democratica proprio nel momento in cui il vantaggio di Biden era diventato incolmabile, ostacolando ulteriormente le già esigue possibilità di rimonta di Sanders.

Un ritiro a metà

Eppure, dopo le vittorie in Iowa, New Hampshire e Nevada, il Senatore del Vermont era diventato addirittura il frontrunner della competizione, ma la sua campagna è crollata sotto i colpi degli endorsement indirizzati all’ormai candidato designato, Joe Biden (che nel frattempo aveva rialzato la testa trionfando in South Carolina), da parte di quasi tutti i ritirati. L’ex vice di Obama ha dunque facilmente portato a casa risultati favorevoli nella maggior parte degli stati del Super Tuesday e alle primarie di Michigan, Florida e Illinois, ipotecando la nomination.

Sanders, tuttavia, ha fatto capire che la sua battaglia ideologica non è affatto al capolinea, dichiarando: “Se questa campagna volge al termine, lo stesso non vale per il nostro movimento”. E infatti, la decisione di ritirarsi dalla corsa per le primarie Dem sarebbe arrivata solo dopo che lo staff del Senatore avrebbe trovato un accordo per far adottare alcune delle sue proposte (riguardanti soprattutto il sistema sanitario e i debiti contratti dagli studenti universitari) alla piattaforma di Biden.

Dopotutto, ritirandosi in tempo e negoziando con Biden – piuttosto che dopo una lunga e malvista competizione – Sanders avrebbe molte più chances di convincerlo ad aderire a parte delle sue proposte. Il Senatore, inoltre, pur senza fare campagna elettorale, rimarrà in corsa negli stati dove si devono ancora tenere le primarie. In questo modo, proverà a conquistare un numero consistente di delegati che lo aiuterebbe a fare leva sul partito per portare avanti le sue proposte.

La sfida di Biden: convincere gli elettori di Sanders

A questo punto, Biden si trova di fronte a uno dei compiti più difficili e cruciali della sua campagna. La sfida che lo attende, infatti, è unire il partito e convincere gli elettori di Sanders a votare per lui alle elezioni presidenziali di novembre. La condivisione di alcune delle proposte politiche del suo avversario è un primo passo, ma potrebbe non bastare.

Quattro anni fa, dopo aver sconfitto lo stesso Sanders, Hillary Clinton abbracciò – anche se piuttosto tardivamente – alcune delle sue iniziative, ma questo non convinse la totalità degli elettori del Senatore. Secondo un sondaggio condotto da Cooperative Congressional Election Study (CCES) nel 2016 su un campione di ben 50.000 elettori democratici, circa un sostenitore di Sanders su dieci (il 12%) avrebbe votato per Trump. Un dato che non solo dimostra l’ostilità di parte dei “sandersiani” nei confronti del Partito Democratico e i suoi candidati più “tradizionali”, ma che potrebbe aver determinato la sconfitta della stessa Clinton.

In Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, infatti, Donald Trump vinse con un margine di 10.704, 44.292 e 22.748 voti. Tuttavia, secondo le stime del CCES, nei tre Stati chiave avrebbero votato per lui rispettivamente 47.915, 117.100 e 51.317 sostenitori di Sanders. Un numero teoricamente sufficiente a fargli conquistare i 46 voti dei grandi elettori di Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, che gli hanno poi permesso di diventare presidente.

Ad oggi è ovviamente molto difficile prevedere se questo scenario si ripresenterà, poiché molte delle variabili in gioco sono cambiate. Un sondaggio di Morning Consult, però, ci dà qualche indizio in questo senso. L’80% dei sostenitori di Sanders sarebbe intenzionato a votare per Joe Biden alle presidenziali di novembre, a fronte dell’87% registrato tra i democratici in generale. Fra i restanti elettori di Bernie, il 13% è indeciso e il 7% voterebbe per Trump. Un numero dunque inferiore rispetto al 12% registrato nel 2016, ma che sommato alla percentuale di indecisi può preoccupare Biden e spingerlo a darsi da fare per convincere almeno quest’ultimi a passare dalla sua parte.

Per chi voterebbero gli elettori democratici e i sostenitori di Sanders se le elezioni si tenessero oggi

Il presidente Trump è consapevole di esercitare un certo appeal su parte dell’elettorato di Sanders e ha già messo in moto la sua personale campagna di arruolamento. Solo poche ore dopo il ritiro del Senatore, The Donald ha pubblicato un tweet in cui accusa il Partito Democratico di aver attuato l’ennesimo piano di sabotaggio e invita il “Bernie people” (il “popolo di Bernie”) a passare dalla sua parte. Il tweet si chiude con l’urlo di “TRADE!”, che in italiano significa sia “scambio” che “commercio”, sottile gioco di parole per ricordare uno dei temi su cui i due si trovano piuttosto d’accordo.

L’incognita del Vice

Pedina fondamentale nell’opera di convincimento dei supporter di Sanders da parte di Biden sarà anche la scelta del candidato vice presidente. O meglio, della candidata, dato che Biden ha già deciso che si tratterà di una donna. Il cosiddetto “running mate” è storicamente una figura che aiuta il candidato presidente ad attrarre segmenti dell’elettorato su cui lui stesso fatica ad esercitare una certa influenza. Oppure, proviene da uno dei cosiddetti “swing state“, gli stati “in bilico”, in modo da facilitarne la conquista al momento delle votazioni.

Molti giornali americani hanno stilato una classifica delle donne che potrebbero essere le scelte più probabili di Biden. Quasi tutti concordano sul fatto che la figura più appetibile sia l’ex candidata presidente e Senatrice della California, Kamala Harris. Nelle schede qui sotto, la classifica stilata dal Washington Post, con alcune informazioni chiave su ogni papabile candidata.

La vice di Biden: le scelte più probabili secondo il Washington Post

Gianluca De Feo

Trentino, grande appassionato di politica americana ed europea. Vive in Italia ma studia politica e storia del Nord America alla Freie Universität Berlin.

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