Continua il radar settimanale elaborato da SWG per osservare gli effetti del Coronavirus sui comportamenti degli individui e dei consumatori. Oltre a sondare livelli di preoccupazione e aspettative future, l’ultima indagine condotta nella settimana compresa tra il 6 e il 12 aprile approfondisce due aspetti in particolare: le prospettive rispetto alla cosiddetta “fase 2” della pandemia e le risposte delle famiglie alla pratica della didattica a distanza.
Meno preoccupazione, più consapevolezza
Meno di un italiano su due (il 46%) si ritiene “molto preoccupato per la diffusione del Coronavirus“, percentuale in calo di circa dieci punti rispetto a tre settimane fa, quando corrispondeva al 57%. Stabile invece al 52% la percentuale di chi ritiene probabile la malaugurata possibilità che un membro della propria famiglia perda il lavoro.
Con il passare delle settimane e i continui prolungamenti delle misure di contenimento, sempre meno italiani ritengono che l’emergenza Coronavirus si possa risolvere entro tre mesi: un mese fa lo pensavano circa i tre quarti degli intervistati (il 72%), oggi meno di un italiano su due (il 43%). Inoltre, il 65% crede che nei prossimi sei mesi “il virus non sarà debellato completamente e dovremo cambiare in maniera definitiva alcune delle nostre abitudini e comportamenti”, mentre il 22% ritiene che solo alcune zone del paese potranno tornare alla normalità.
Tutti pronti alla “fase 2”
Con l’entrata nella fase 2 della pandemia che comporterà il progressivo allentamento delle misure di contenimento, il governo potrebbe ipotizzare l’implementazione di nuove strategie. Una di queste consisterebbe in tamponi e test sierologici a tappeto, a cui la quasi la totalità degli italiani (92%) sarebbe disposto a sottoporsi, anche se poco più di uno su tre (il 37%) lo farebbe solo se strettamente necessario.
Anche le principali misure messe in tavolo dal governo per garantire la sicurezza dei cittadini al momento della parziale riapertura sono quasi tutte largamente condivise. Rispettivamente, il 68% e il 65% degli italiani ritiene necessaria la creazione di appositi reparti permanenti dedicati al Covid-19 negli ospedali e l’obbligo di circolazione con mascherine. Le misure giudicate invece leggermente più inutili da una fetta di italiani (rispettivamente il 21% e il 18%, comunque la minoranza) sono l’invito a pagare con metodi elettronici per alcuni servizi e l’utilizzo di app con geolocalizzazione per tracciare eventuali contagi.
Ma se, come abbiamo visto, una delle misure messe in atto dal governo potrebbe consistere nell’obbligo di indossare mascherine, in quanti sono riusciti a procurarsele fino ad ora? Ne sarebbe in possesso l’87% della popolazione (il 55% le avrebbe acquistate, il 32% le avrebbe invece ricevute da conoscenti e/o istituzioni) ma tra chi le ha comprate l’81% dichiara di aver avuto difficoltà a trovarle. Un italiano su dieci non sarebbe riuscito a procurarsi mascherine benché se ne sia messo alla ricerca, mentre tra chi ne è in possesso ne fa uso il 91%.
La didattica a distanza
Infine, le considerazioni degli italiani sulle difficoltà riscontrate nei confronti della didattica a distanza. Più di un genitore su due ha difficoltà nel reperire i dispositivi tecnologici adeguati – che siano computer o tablet e stampanti o scanner – ma anche a mettere il figlio in condizione di utilizzare una connessione a internet. Inoltre, il 63% riscontra difficoltà per quanto riguarda la motivazione a svolgere le attività richieste, probabile conseguenza delle scarse possibilità di dialogo coi docenti, della poca chiarezza sulle attività didattiche e delle difficoltà nell’utilizzo dei programmi per la didattica a distanza.
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