È il 17 marzo 1997 quando il premier britannico conservatore John Major comunica che le successive elezioni avranno luogo sei settimane dopo. Si tratta di un tempo insolitamente lungo per le campagne elettorali nel Regno Unito: il Partito Conservatore deve recuperare lo svantaggio nei sondaggi e cerca quindi di prendersi tutto il tempo possibile, nella speranza di logorare l’astro nascente della politica britannica, il laburista Tony Blair.
Alla fine, però, i Tories non riusciranno nel loro intento: il 1° maggio il Partito Laburista conquista infatti 418 seggi su 659. Con la sua più larga vittoria dal secondo dopoguerra, il Labour pone così fine in maniera roboante ad una serie di quattro sconfitte elettorali consecutive, che hanno permesso ai Conservatori di governare per 18 anni (con tre governi di Margaret Thatcher e uno di John Major). Il risultato è però il frutto di un lavoro partito anni prima.
Il rebranding del partito: nasce il New Labour
Già dopo l’inattesa sconfitta del 1992, in effetti, il Partito Laburista avvia un’operazione di radicale rinnovamento per rendere il partito nuovamente competitivo e salvarlo dall’irrilevanza.
Nel 1994, poi, il nuovo leader dell’opposizione Tony Blair inaugura ufficialmente l’era del New Labour, spostando il partito verso il centro. Da quel momento la dizione “New Labour” comparirà in loghi e manifesti, rendendo esplicito l’inizio di una nuova era, declinato in un cambio della leadership, del linguaggio e delle politiche.
Non è solo una questione di brand: per dimostrare questo cambiamento, Blair inizia dal cancellare uno dei simboli dell’Old Labour, e cioè l’articolo 4 dello statuto, che dal 1918 indicava fra gli obiettivi la nazionalizzazione dei mezzi di produzione. Questo perché il New Labour è favorevole all’economia di mercato e punta ad un elettorato che negli ultimi anni è stato spaventato dalla proposta politica radicale e dal legame con l’esperienza socialista.
L’obiettivo del riposizionamento verso il centro è contendere un elettorato moderato al Partito Conservatore, deluso dall’andamento altalenante dell’economia, e soprattutto dalla crisi che ha caratterizzato l’inizio del governo Major. Quello che vuole evitare Tony Blair è che in campagna elettorale i Conservatori possano giocare nuovamente una carta come lo storico manifesto della “bomba” del 1992, creato da Saatchi & Saatchi per mettere in guardia gli elettori contro le nuove tasse volute dai laburisti.
I conservatori produrranno un altro storico manifesto di negative campaign, “New Labour New Danger”, giocando sullo slogan “New Labour New Britain”, ma con un effetto molto limitato e che anzi secondo alcuni fu perfino controproducente.
Il partito dell’ambizione
Secondo il giornalista e biografo John Rentoul, fu decisivo l’incontro nel 1993 fra gli allora ministri ombra Tony Blair e Gordon Brown e lo staff del neopresidente americano Bill Clinton, punto di riferimento della cosiddetta “Terza Via”, ossia del compromesso politico tra posizioni liberiste e socialiste che ha caratterizzato la sinistra dopo il tramonto dell’esperienza socialista.
«La cosa più importante che dissero loro è che c’era bisogno di realismo – racconta Rentoul – perché la maggior parte delle persone si considerano benestanti, non vogliono più sentir parlare di socialismo, ma di famiglia, criminalità, economia».
Un esempio chiaro di come questo modo di pensare abbia plasmato il messaggio del New Labour è il biopic elettorale su Tony Blair che viene trasmesso dalle TV britanniche una settimana prima del voto. Blair, da casa propria, parla del proprio rapporto con il padre conservatore e di come stia scomparendo (o meglio, di come speri che scompaia) il voto di appartenenza.
«Penso che la mia generazione abbia un modo diverso di vedere la politica – spiega il candidato nello spot – modo che si basa su valori importanti, ma non su “destra” e “sinistra” come un tempo. Le vecchie generazioni pensano che se stai bene allora devi essere conservatore, se sei proprietario di casa sei un conservatore, ma è una follia. Molte persone che ce l’hanno fatta considerano i conservatori il partito dell’ambizione, mentre i laburisti non lo erano perchè erano fermi ad un vecchio modo di vedere le cose. Ma credo che la situazione ora si sia ribaltata, voglio che i laburisti siano il partito dell’ambizione unito alla compassione. Perchè penso che si inseguono meglio le proprie ambizioni in una società in cui si sente la responsabilità anche per le altre persone».
Questo è uno dei modi con cui il New Labour cerca di invadere il campo dei Conservatori, facendosi portatore di istanze precedentemente sostenute dai rivali, ma utilizzando un linguaggio diverso, definito anche post-Thatcheriano, spesso vago. “Change”, “opportunity”, “individual responsibility”, diventano termini chiave della retorica di Tony Blair, mentre parole come “internationalisation” non si riferiscono più alla tradizione socialista (concetto che scompare dal dizionario del partito), ma diventano sinonimi più neutri di “globalizzazione”, mentre “partnership” diventa preferibile a “privatisation”. Il nuovo linguaggio dei Labour è plasmato da Peter Mandelson, uno dei tre strateghi principali di Blair insieme ad Alastair Campbell e Philip Gould.
Un messaggio semplice e costante
La proposta politica di Tony Blair in vista delle elezioni si riassume in cinque punti chiave riproposti all’infinito:
- Ridurre il numero di studenti per classe nelle scuole elementari;
- Processi rapidi per punire criminali recidivi;
- Velocizzare la sanità pubblica curando 100.000 persone in più all’anno;
- 250.000 posti di lavoro per disoccupati under-25;
- Non inserire nuove tasse e abbassare quelle sul riscaldamento.
Un solo punto riguarda il lavoro, nuove tasse tipiche delle politiche redistributive sono esplicitamente escluse, e compare un forte riferimento alla lotta alla criminalità.
Il programma in cinque punti viene scritto con un anno di anticipo sulle elezioni: è infatti il fulcro del Manifesto “New Labour, New Life for Britain” scritto nel luglio 1996, quando si pensa che possano essere convocate nuove elezioni da un momento all’altro.
Quando la campagna elettorale entra davvero nel vivo quasi un anno dopo, il messaggio è sempre lo stesso, ma rafforzato dal fatto di essere stato ripetuto in tutti i materiali prodotti dal partito in quei mesi di attesa. I manifesti con la faccia di Blair in penombra riportano i cinque punti chiave con la firma del candidato, i video elettorali declinano il messaggio in chiave comparativa con gli insuccessi del governo Major e mostrano come le proposte Labour influiscano sulla vita quotidiana delle persone.
L’ultimo miglio
Quando Major convoca davvero le nuove elezioni il Labour è pronto a completare un lavoro portato avanti per anni. I sondaggi prevedono un’ampia vittoria di Blair: le sue proposte laburiste sono note, mentre il messaggio Tory è poco chiaro.
Intenzioni di voto nel Regno Unito dal 1992 al 1997.
Fra i Laburisti c’è la paura di commettere un errore che rimetta in bilico le elezioni, ma soprattutto il pericolo più sentito è quello di stancare le persone, facendo finire gli elettori delusi dal Tory nell’astensione. Questa paura sembra diventare ancora più concreta quando, a pochi giorni dal voto, un sondaggio di ICM fotografa proprio la possibilità di questo secondo scenario.
Le sei settimane di campagna vera e propria sono quindi piuttosto fiacche, senza grandi colpi di scena o proposte che possano rivoluzionare il dibattito, e anzi il realismo del programma Labour diventa un vanto per Blair. L’ex presidente della Commissione Europea e dirigente del Partito Laburista Roy Jenkins ha paragonato la cauta campagna di Blair al tentativo di attraversare un corridoio coperto di cera tenendo in mano un vaso molto prezioso.
Oltre a spot pensati per richiamare gli elettori alle urne, Blair utilizza molta campagna negativa e comparativa nelle ultime settimane, mettendo in guardia l’elettorato sugli effetti di una nuova vittoria dei conservatori, rimotivando gli indecisi e soprattutto gli ex elettori delusi dei Tories.
Lo stesso claim della campagna e del Manifesto del 1997, “Because Britain deserves better”, concilia la spinta aspirazionale del New Labour con l’intento di creare un paragone fra i risultati deludenti dell’ultimo governo Tory e la nuova proposta dei Laburisti. Il medesimo messaggio è comunicato dalla canzone che fa da colonna sonora alla campagna elettorale, “Things can only get better” dei D:Ream: questo singolo accompagna anche uno degli ultimi spot, incentrato sulla bellezza dell’andare a votare (nel periodo delle elezioni la canzone – una delle preferite di Blair – tornerà anche nella top-20 britannica a quattro anni dall’uscita).
A dieci giorni dal voto il Labour manda in onda uno dei suoi spot più riusciti: si tratta di un video di cinque minuti che alterna immagini delle gioiose convention del Partito Conservatore con la descrizione degli insuccessi del loro ultimo governo, mentre una scritta recita “immagina cosa succederebbe se i Conservatori ce la facessero di nuovo. Se avessero un’altra occasione, farebbero quello che pare a loro e nessuno potrebbe fermarli”. Ai fallimenti del governo Major su sanità, scuola, tasse, economia e sicurezza, pertanto, si contrappongono i cinque punti forti del programma Labour.
Sfruttando il vantaggio, Tony Blair decide di rifiutare ogni tentativo dei rivali di organizzare un dibattito televisivo a pochi giorni dal voto. Una scelta tipica dei front-runner, a cui lo stratega conservatore Danny Finkelstein risponde mandando un attore vestito da pollo a seguire Blair in tutti i suoi eventi pubblici.
90 seggi decisivi
Come in ogni elezione britannica, il sistema maggioritario spinge i candidati a concentrarsi su una serie di seggi contendibili, considerati decisivi per l’esito finale. Le liste dei due partiti sono quasi sovrapponibili: i laburisti individuano 90 collegi in cui uno spostamento dell’8% dei voti avrebbe garantito la vittoria al partito.
Quella del 1997 è anche la prima elezione britannica ai tempi di internet. I laburisti dal 1994 hanno un sito, ma ne creano anche uno apposito per le elezioni, labourwin97.org.uk, che contiene informazioni sul programma e suoi candidati nei diversi seggi. L’impatto, comunque, non è certo decisivo: si calcola che solo 100.000 britannici l’abbiano visitato. Ci sono anche le e-mail, ma il loro utilizzo in campagna elettorale è ancora limitato alle comunicazioni interne, in parziale sostituzione dei fax: in effetti, le e-mail pervenute a un candidato dagli elettori del proprio collegio si contano sulle dita di una mano.
Nei fatti, ci si muove ancora con telefonate e visite porta a porta coinvolgendo i volontari, ma anche con l’invio di videocassette agli attivisti più coinvolti o direttamente agli elettori. Dal 1996 il Labour ha iniziato una campagna di reclutamento di attivisti nei seggi chiave, fondamentale in un momento in cui la partecipazione alla politica attiva è in crisi. Del resto, il partito guadagna iscritti, ma pochi partecipano realmente alla campagna elettorale.
Il 1° maggio, al conteggio dei voti, è chiara sin da subito la vittoria di Tony Blair. Il Labour vincerà 89 dei suoi 90 seggi chiave (più altri 66 non previsti), riconquistando soprattutto i collegi fuori dalle grandi città di Liverpool, Manchester e Leeds. Inoltre, la promessa di una maggiore devoluzione di poteri a Scozia e Galles permette al partito di crescere anche fuori dall’Inghilterra, dove i Conservatori non invece vincono neanche un seggio.
Dopo 18 anni i Laburisti tornano a vincere un’elezione, e vinceranno anche le due tornate successive, sempre con Tony Blair come leader: a oggi, sono le uniche tre vittorie Labour degli ultimi 41 anni. Ecco perché, a distanza di oltre vent’anni, l’exploit del New Labour e di Tony Blair ancora alimenta dibattiti su cosa dovrebbero essere i partiti di centrosinistra, sia nel Regno Unito che nel resto d’Europa.
Bibliografia
Butler D., Kavanagh D., The British General Election of 1997, Macmillan press ltd, 1997.
Fairclough B., New Labour, new language?, Routledge, 2000.
White J., New labour: A study of the creation, development and demise of a political brand, Journal of Political Marketing, 2002.
Sitografia
http://www.bbc.co.uk/news/special/politics97/
https://mcacciotto.wordpress.com/2011/06/22/new-labour-1996/
https://www.campaignlive.co.uk/article/new-labour-brand-10-years/653501
https://en.wikipedia.org/wiki/1997_United_Kingdom_general_election
http://www.labour-party.org.uk/manifestos/1997/1997-labour-manifesto.shtml
Videografia
Correva l’Anno: Dall’Old al New Labour di Tony Blair, di Rebecca Samonà.
Tutti gli Election Broadcast del Partito Laburista citati, e anche altri, sono facilmente reperibili su YouTube.
Commenta