Nel corso degli ultimi dieci anni il numero di italiani connessi a internet è significativamente aumentato, ma il digital divide è ancora ben presente nel nostro sistema Paese. Come è cambiato lo stato della digitalizzazione nelle diverse regioni d’Italia? Chi utilizza di più internet, e come lo fa? Abbiamo provato a rispondere a queste domande utilizzando i dati Istat relativi al decennio 2010-2019.
Al nord si è più connessi, ma oltre il 20% delle famiglie non ha internet
Se nel 2010, in media, circa una famiglia su due disponeva di accesso a internet da casa, nel 2019 questo numero si è alzato fino a sfiorare quota tre su quattro. Il volume dell’incremento è stato piuttosto simile in ogni regione italiana, ma la differenza in termini assoluti rimane piuttosto marcata soprattutto tra nord e sud: nel 2019 disponeva di accesso a internet dalla propria abitazione circa l’81,1% delle famiglie trentine, mentre in Calabria la percentuale si fermavano al 67,3%.
Sebbene il trend decennale sia generalmente positivo, il miglioramento registrato rispetto al 2018 è minimo, e alcune regioni – in questo caso soprattutto al nord – hanno fatto addirittura dei piccoli passi indietro. La Lombardia ha registrato una flessione dal 79,6% al 79%, il Piemonte dal 74,6% al 73,5%, la Sardegna dal 78% al 76,5% e la Toscana dal 77,6% al 77,4%.
Le differenze, tuttavia, non si presentano solo nel confronto tra regioni, ma anche in quello tra aree urbane e aree rurali. Prevedibilmente, le zone d’Italia che registrano il maggior numero di famiglie connesse sono i centri e le periferie delle grandi aree metropolitane, dove nel 2019 circa l’80% delle abitazioni disponeva di una connessione a internet. La percentuale scende però progressivamente, passando dal 77,4% delle città con più di 50mila abitanti fino a toccare il 69,6% dei centri abitati da meno di 2mila residenti.
Come usiamo internet?
Come abbiamo visto, nel corso degli ultimi anni si è ampliata la platea di coloro che utilizzano internet, soprattutto tra gli utenti di una certa età. Ciò significa che il peso di alcune attività, tendenzialmente effettuate dai più giovani, è andato diminuendo a causa dell’estendersi del campione e della sua distribuzione tra le classi di età. Tuttavia, tra il 2015 e il 2019 si è registrato un forte calo in diverse tipologie di attività – alcune piuttosto sorprendenti – come la ricerca di informazioni su merci o servizi, l’invio/ricezione di e-mail (forse sostituite da altri mezzi, come Whatsapp o simili) e la vendita diretta di merci online, il download di giochi, musica, immagini o software. Da sottolineare sia la pratica sempre più diffusa della formazione online, sia l’utilizzo dell’home banking, anche come conseguenza della linea di riforma attuata dagli istituti bancari, che hanno aumentato i servizi online e diminuendo quelli fisici sul territorio. Cresce anche l’utilizzo di cloud per lo storage dei file.
In questo articolo come viene definita “banda larga”. Se e’ semplicemente la vecchia accezzione di superamento del 56K con una semplice ADSL, il ragionamento e’ fuorviante. Una 7Mb/s poteva andare bene 10 anni fa, ora e’ assai limitante.
Solo chi vive nei centri abitati ora puo’ disporre di connessioni attorno ai 100Mb/s (e nelle citta’ fino a 1Gb/s) ed in questo periodo di lockdown e’ piu’ facile lavorare da casa.
Imho, in Italia non si e’ mai investito su soluzioni di lungo/lunghissimo periodo che permettano di espandere capillarmente servizi di scambio dati a velocita’ sempre crescenti
CIao Nicola,
hai perfettamente ragione, considerassimo solo 100/1 GB la situazione sarebbe molto diversa. L’Istat considera a banda larga: “Connessione fissa in banda larga, connessioni ad Internet fisse tipo DSL (xDSL, ADSL, SDSL,VDSL, ecc.), via cavo, fibre ottiche (FTTH, FTTS), connessioni fisse senza fili, WiFi (anche
pubbliche), WiMax”.
Sarebbe interessante un confronto dei dati, almeno quelli principali, con quanto avviene in altri paesi.