Un gruppo di ricercatori ha pubblicato sul blog della London School of Economics and Political Science i risultati di uno studio relativo alla comprensione dei grafici logaritmici utilizzati dai maggiori mass media internazionali per descrivere la diffusione del Covid-19. La scoperta è piuttosto sorprendente: il grande pubblico fatica a comprenderli, mentre è vero il contrario nel caso di grafici che utilizzano una scala lineare. Ma non solo: di fronte a quest’ultimi, aumenta il livello di preoccupazione e cambiano le attitudini nei confronti del virus e delle politiche atte a contrastarne la diffusione.
Cos’è un grafico logaritmico?
Un grafico logaritmico utilizza una scala esponenziale nell’asse Y: per intenderci, invece che dividere lo spazio sull’asse aggiungendo ogni volta lo stesso valore (come succede in una scala lineare, dove l’asse Y sarebbe diviso, ad esempio, in segmenti corrispondenti a 1.000 unità ciascuno) la scala logaritmica lo moltiplica, producendo una sequenza di valori che crescono esponenzialmente (ad esempio: 1.000-10.000-100.000).
Fonte: LSE blog
Come spiega il video di Vox che trovate alla fine di questo articolo, i grafici logaritmici vengono utilizzati dai mass media per ritrarre al meglio la natura esponenziale del contagio da Coronavirus e quindi, al momento del suo rallentamento, anche l’ormai famoso “appiattimento” della curva. Come si nota nei grafici qui sopra, in condizioni identiche, un grafico lineare non mostra alcun appiattimento ma ritrae una curva in costante crescita.
Lo studio
I ricercatori hanno sottoposto alla metà di un campione di 2.000 individui un grafico logaritmico che ritraeva il numero di morti con Covid-19 negli Stati Uniti; all’altra metà ne è stato sottoposto uno lineare (si tratta degli stessi grafici che si trovano qui sopra). Il 40,7% di coloro che si sono trovati di fronte un grafico logaritmico non ha saputo rispondere a una semplice domanda riguardo la differenza tra il numero di morti in due diverse settimane. Ha risposto invece correttamente alla stessa domanda l’83,8% di chi si è trovato di fronte la rappresentazione grafica su scala lineare.
Differiscono tra i due gruppi anche le previsioni rispetto a ciò che sarebbe avvenuto nella settimana successiva al momento in cui l’esperimento è stato condotto: i rispondenti a cui è stato sottoposto il grafico logaritmico hanno previsto circa 8.000 morti in più rispetto agli altri. Gli stessi, tuttavia, si sono dimostrati mediamente meno preoccupati rispetto all’emergenza sanitaria, mentre gli altri supportano in misura minore le politiche di chiusura delle attività non essenziali e si dicono a favore di un’ipotetica tassa mirata a fornire mascherine alla popolazione.
Secondo gli accademici, una possibile spiegazione di tali divergenze si nasconderebbe nella natura meno “rassicurante” del grafico lineare, il quale – come detto in precedenza – ritrae una curva in costante crescita e priva di segni di miglioramento che induce a una maggiore preoccupazione sul lungo termine. Al contrario, il grafico logaritmico mostra una curva in via di appiattimento, anche se il punto finale dell’asse Y è più elevato e ciò potrebbe aver causato la sovrastima del numero di morti nella settimana successiva.
Nel pieno di un periodo così delicato, sia dal punto di vista sanitario che economico, i mass media hanno grandi responsabilità: il pubblico, infatti, è influenzato dai messaggi che essi veicolano in maniera importante, anche per quanto riguarda comportamenti e decisioni. Chi ha condotto questo studio pensa che gli stessi mass media dovrebbero sostituire i grafici logaritmici con grafici lineari – o per lo meno proporli entrambi – perché più comprensibili e dunque più adatti ad inserirsi nei processi decisionali della popolazione.
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Puoi trovare l’articolo originale di Alessandro Romano, Chiara Sotis, Goran Dominioni e Sebastián Guidi a questo link.
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