Lo scorso 3 luglio è stato presentato a Montecitorio il Rapporto annuale Istat, che raccoglie e analizza dati riguardanti una serie di indicatori utili a delineare il quadro socioeconomico del Paese.
Inevitabilmente, l’emergenza epidemiologica in corso ricopre un ruolo da protagonista in questo Rapporto. Del resto, il numero di decessi registrati durante questi mesi ha pochi precedenti nella storia del nostro Paese, e una delle conseguenze che gli esperti stimano più drammatiche della pandemia, a causa della situazione di forte incertezza (anche economica), è un forte impatto sui parametri demografici della popolazione italiana, in particolare sulle nascite nel breve e medio periodo.
Impatto del Covid-19 sulla mortalità
Il primo aspetto che viene analizzato è la variazione del tasso di mortalità nei primi 4 mesi dell’anno. Confrontando i decessi mensili del 2020 con la media dei decessi registrati negli stessi mesi dei 5 anni precedenti, è riconoscibile l’andamento temporale dell’epidemia. Se i mesi di gennaio e febbraio segnano addirittura un calo della mortalità rispetto alla media dei 5 anni precedenti (-6,8%), il mese di marzo registra invece un incremento spaventoso (+48,6%), mentre nel mese di aprile l’aumento, comunque enorme, è minore (+33,6%).
Tutte le regioni italiane registrano variazioni negative dei tassi di mortalità nei primi due mesi del 2020 rispetto ai precedenti 5. Nei due mesi successivi, la variazione mensile aumenta vertiginosamente in tutte le regioni eccetto Lazio e Sicilia. Il dato nazionale che vede il picco di decessi “sopra la media” nel mese di marzo trova riscontro in 11 regioni su 20 (tra cui Lombardia ed Emilia-Romagna) mentre la variazione è più significativa nel mese di aprile tra le restanti 9 (tra cui Veneto e Piemonte).
A livello provinciale, emergono territori che han pagato un prezzo altissimo. A partire da Bergamo nel mese di marzo (+571%), Cremona (+401%), Lodi (+377%), Brescia (+292%), Piacenza (+271%), Parma (+209%).
Osservando la determinante di questi incrementi, ossia i decessi di persone positive al Covid-19, è evidente una spiccata differenza territoriale: l’82% dei decessi “ufficiali” si registra nelle province considerate a diffusione “alta” del virus. Il 13% in quelle considerate a diffusione “media” ed il restante 5% in quelle a diffusione “bassa”.
È ormai noto che i decessi siano molto più frequenti tra i pazienti Covid più anziani. Per ciò, al fine di facilitare confronti tra aree territoriali, Istat ha elaborato un tasso standardizzato di mortalità.
Il tasso standardizzato viene costruito sommando tassi calcolati per ogni specifico gruppo di età su una struttura per età standard, ovvero quella nazionale italiana all’ultimo censimento (2011), rapportato a 100.000 abitanti.
In questo modo si eliminano distorsioni dovute alle differenti proporzioni tra classi di età in ciascuna provincia.
Mortalità Covid-19 e mobilità per lavoro
Tra i fattori determinanti della diffusione territoriale dell’epidemia, l’Istat individua la mobilità per lavoro.
Nei territori in cui è più alta la quota di popolazione che cambia quotidianamente comune per esigenze lavorative, risulta più alta l’incidenza dei contagi.
Per visualizzare più facilmente la circolazione del virus in questa prospettiva, si utilizza una mappa nella quale non sono riportati confini amministrativi (comuni, province, regioni) ma il territorio è suddiviso per Sistemi Locali del Lavoro (SLL). I SLL sono aree del territorio i cui confini vengono definiti utilizzando i flussi degli spostamenti giornalieri casa-lavoro (pendolarismo), prescindendo da ogni confine amministrativo.
Il livello di spostamenti interno a ciascun SLL viene rappresentato da un Indice di Intensità Relazionale. L’indice è definito come la percentuale di flussi intercomunali sul totale dei flussi (in questo caso, la percentuale di lavoratori che lavora in un comune diverso da quello in cui vive). Se tutti i lavoratori del SLL lavorano in un altro comune, l’indice è a 100. Se tutti lavorano nel comune in cui vivono è a 0.
Questa mappa rappresenta il valore dell’Indice di Intensità Relazionale per Sistema Locale del Lavoro.
Raggruppando invece i tassi di mortalità da Covid-19 per Sistema Locale del Lavoro (decessi Covid-19/10.000 abitanti), si ottiene quest’altra mappa.
I SLL più colpiti risultano essere Albino (45,2 x 10.000 abitanti), Canazei (40,9), Zogno (35), Orzinuovi (34,3), Clusone (34,1), Lodi (30,5), Cremona (29,6), Piacenza (29,1) e Fiorenzuola d’Arda (29,0).
Per orientarci: Albino e Clusone si trovano in Val Seriana (BG), Zogno nella limitrofa Val Brembana (BG), Orzinuovi nella bassa bresciana orientale (tra Brescia, Bergamo, Lodi e Cremona), mentre Canazei in Val di Fassa (TN).
I dati confermano una relazione crescente tra la diffusione del contagio, la mortalità Covid-19 e i flussi di pendolarismo.
Covid-19 e diseguaglianze
Nel nostro Paese, condizioni sociali svantaggiose quali bassi livelli di istruzione, povertà, lavori precari e disoccupazione si riflettono significativamente sulla salute della popolazione, risultando storicamente correlate ad una minore aspettativa di vita, a maggiori tassi di mortalità e ad un aumento del rischio di insorgenza di malattie croniche (diabete, malattie cardiovascolari, malattie croniche delle vie respiratorie e tumori).
L’emergenza sanitaria di questi mesi ha richiamato l’attenzione su queste diseguaglianze che, dal Rapporto Istat, ne escono accentuate a svantaggio della salute dei gruppi più vulnerabili della popolazione. Il Rapporto, in particolare, studia l’andamento del tasso standardizzato della mortalità da Covid-19 in gruppi omogenei per titolo di studio (considerata la miglior variabile proxy per rappresentare la condizione socioeconomica generale).
La correlazione può essere spiegata da diversi fattori. La presenza di alcune patologie croniche aumenta il rischio di morte, ma non solo: condizioni socioeconomiche svantaggiate espongono le persone ad una maggiore probabilità di vivere in alloggi piccoli o sovraffollati in cui è difficile garantire il distanziamento. Non sono da sottovalutare fattori di stress legati tanto all’emergenza quanto a cause preesistenti (incertezze, reddito instabile, occupazioni che non si adattano allo smart working o che non godono delle necessarie tutele). È noto come le condizioni di stress possano indebolire il sistema immunitario, aumentare la suscettibilità a malattie e la probabilità di adottare comportamenti a rischio per la salute.
La tabella sottostante mostra i rapporti tra i tassi di mortalità della popolazione meno istruita rispetto a quella più istruita confrontando i tassi di marzo 2019 con quelli di marzo 2020. Le aree più colpite dalla pandemia sono quelle in cui è più dilatata la forbice tra marzo 2019 e marzo 2020. Tra le persone in età lavorativa, le diseguaglianze impattano maggiormente sulla mortalità. Il dato meno confortante arriva dalla Lombardia, dove un maschio in età lavorativa con un titolo di studio basso nel mese di marzo 2020 registrava una probabilità di morte più che doppia (2,37) rispetto ad un suo omologo con un titolo di studio alto.
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