L’articolo 67 della Costituzione Italiana sancisce nero su bianco l’indipendenza e l’autonomia dei parlamentari, i quali non risultano vincolati da alcun mandato né verso il partito di appartenenza, né verso gli elettori che, votandoli, hanno permesso loro di sedere alla Camera o al Senato. Questo divieto di mandato imperativo presuppone che i parlamentari agiscano e votino con libertà di coscienza: essi hanno pertanto il pieno diritto di poter cambiare gruppo parlamentare qualora non si sentano più rappresentati dal partito politico a cui risultano iscritti.
Questo fenomeno, pur facendo parte del nostro assetto costituzionale, negli ultimi anni ha raggiunto notevoli dimensioni, complici le spaccature interne ai partiti e le maggioranze sempre più variabili. Basti pensare che dall’inizio di questa legislatura – la diciottesima della nostra storia repubblicana – ben 110 parlamentari su 975, pari all’11,3%, hanno cambiato gruppo parlamentare. E siamo solo a metà legislatura!
La principale conseguenza di questi “cambi di casacca” è sui rapporti di forza tra maggioranza e opposizione: si potrebbe infatti riaprire il dibattito sul cosiddetto “trasformismo”, quel fenomeno per cui i parlamentari eletti in un determinato partito entrano successivamente a far parte di un altro gruppo, influendo su eventuali voti di fiducia, ma anche sulle composizioni delle commissioni parlamentari e delle giunte, che sono costituite sulla base della rappresentanza proporzionale dei gruppi in parlamento.
Ma al 4 ottobre 2020, quanti e quali sono i parlamentari che hanno cambiato gruppo in questa legislatura?
Alcune precisazioni
I dati esposti sono stati raccolti da Openpolis e dai siti ufficiali della Camera e del Senato, e sono aggiornati al 4 ottobre 2020. È importante sottolineare che sono stati considerati solo i cambi di gruppo da parte dei parlamentari, al netto di chi è cessato dall’incarico e di chi è subentrato. Ad esempio, Gentiloni, una volta divenuto Commissario europeo, ha dovuto dimettersi da deputato, e alle elezioni suppletive a Roma è stato eletto il compagno di partito Gualtieri: tali dinamiche non vengono prese in considerazione in questo articolo, perché Gentiloni, non essendo migrato in altri partiti, non viene conteggiato tra coloro i quali hanno cambiato la “casacca”. L’esistenza di parlamentari cessati dall’incarico e subentrati, inoltre, spiega perché il totale dei parlamentari di questa legislatura è pari a 975, e non alla semplice somma della composizione della Camera (630) e del Senato (315 eletti più 6 senatori a vita).
Allo stesso modo, ai fini di questa analisi non sono stati conteggiati i deputati eletti con Liberi e Uguali, i quali sono entrati nel Gruppo Misto della Camera a inizio legislatura e solo successivamente, ad aprile 2018, sono riusciti a formare un gruppo proprio: tale “migrazione” non costituisce un vero e proprio cambio di “casacca” in quanto essendo un numero esiguo di deputati (14) hanno dovuto, in un primo momento, entrare a far parte del gruppo Misto e poi ottenere una deroga dalla Presidenza per poter formare un gruppo. Infatti, è necessario avere almeno 20 deputati alla Camera per poter formare un gruppo; diversamente è necessario richiedere una deroga.
Precisiamo poi che i parlamentari che hanno cambiato più volte gruppo sono stati considerati una volta sola, per fornire un numero più lineare delle variazioni nella composizione dei gruppi parlamentari. Infine, specifichiamo che, nell’ottica della nostra analisi, le variazioni nelle componenti interne al Misto non sono state prese in considerazione.
Così alla Camera
Secondo il regolamento di Montecitorio, per costituire un gruppo parlamentare occorrono almeno 20 deputati. Gli eletti, inoltre, hanno il dovere di comunicare a quale gruppo intendono iscriversi entro due giorni dalla prima seduta, e qualora non venga espressa alcuna preferenza confluiscono nel Gruppo Misto. Al 4 ottobre 2020, i deputati ad aver cambiato gruppo parlamentare almeno una volta rispetto all’inizio della legislatura sono 73.
Molteplici avvenimenti hanno contribuito a far crescere questo numero, primo fra tutti la creazione di un nuovo gruppo parlamentare – Italia Viva – che ha sottratto al Partito Democratico 25 onorevoli (di cui uno, Nicola Carè, è tornato pochi giorni fa tra le fila dei democratici). Oltre ai deputati del PD che hanno dato vita al gruppo di Italia Viva, si sono aggiunti alle pattuglie renziane Gabriele Toccafondi e Catello Vitiello, provenienti dal Gruppo Misto; Michela Rostan e Giuseppina Occhionero, provenienti da Liberi e Uguali; Davide Bendinelli e Francesco Scoma, provenienti da Forza Italia.
Il PD ha anche perso, in direzione del Misto, Daniela Cardinale, ma si è al contempo rinforzato numericamente con gli ingressi dell’ex Presidente della Camera Laura Boldrini (proveniente da LeU) e dei deputati del Misto Beatrice Lorenzin, Serse Soverini e Santi Cappellani (eletto con il Movimento 5 Stelle). Rimanendo sempre nel campo del centrosinistra, da inizio legislatura il gruppo di Liberi e Uguali non ha visto l’arrivo di nessun nuovo deputato, ma ha perso le tre deputate sopra menzionate, cioè due – Rostan e Occhionero – a favore di Italia Viva e una – Boldrini – a favore del PD.
Spostandoci nel centrodestra, si nota come il gruppo di Forza Italia abbia perso 8 deputati in direzione del Misto, di cui uno – Enrico Costa – ne era già membro ad inizio legislatura. Il gruppo parlamentare ha anche visto 2 deputati migrare verso Italia Viva, mentre il deputato Galeazzo Bignami si è trasferito nel gruppo di Fratelli d’Italia e Antonino Minardo e Benedetta Fiorini sono andati nella Lega. A fronte di questi due parlamentari guadagnati, il gruppo parlamentare del Carroccio ha perso il deputato Carmelo Lo Monte a favore del Misto. Anche il gruppo di Fratelli d’Italia, a fronte dell’arrivo di Bignami e dei deputati del Misto Salvatore Caiata e Davide Galantino (ex M5S), ha visto Maria Teresa Baldini, passata a FI dopo una breve parentesi nel Misto, fare le valigie.
Per quanto concerne il Movimento 5 Stelle, vi sono state ben 24 fuoriuscite, di cui 23 in direzione del Misto e una – Matteo Dall’Osso – di Forza Italia.
Ci sono dunque 5 deputati che sono stati in più di due gruppi: Baldini, Cappellani e Galantino sono tutti passati attraverso il Misto prima di andare in un gruppo diverso dall’originale, mentre Carè e Costa sono transitati rispettivamente in Italia Viva e in Forza Italia prima di tornare al proprio gruppo originale (PD e Misto).
Nel diagramma che segue abbiamo provato a schematizzare tutte queste variazioni. Attenzione però: non sono rappresentati i passaggi intermedi, per cui per i deputati che hanno cambiato gruppo più di una volta è solo riportata la loro situazione ad aprile 2018 (a sinistra) e a oggi (a destra). Per lo stesso motivo, non deve stupire l’esistenza di un deputato che risulta “non in carica” sia ad aprile 2018 che oggi: si tratta di Domenico Giannetta, che è stato deputato per un solo mese nel corso del 2020.
Nel complesso, al netto di tutti i cambi di casacca e di tutti i deputati dimessi e subentrati, il Movimento 5 Stelle si ritrova ora con 24 onorevoli in meno rispetto all’inizio della legislatura. Ma ad aver meno deputati rispetto all’inizio sono anche il PD (-20), Forza Italia (-10) e LeU (-3). Appaiono invece quasi stabili rispetto all’aprile 2018 i gruppi della Lega (+2) e di Fratelli d’Italia (+1). Italia Viva, nato nel corso della legislatura, ha ora 30 deputati, mentre il Gruppo Misto ha più raddoppiato la sua dimensione rispetto a due anni e mezzo fa, passando da 22 membri a 46: nel Misto ci sono ora più ex 5 Stelle (20) che deputati presenti nel Gruppo da inizio legislatura (17).
Così al Senato
Il Senato, si sa, è il ramo del Parlamento dove le maggioranze rischiano di più, e quella giallo-rossa non fa eccezione: è per questo che Italia Viva qui esercita un potere contrattuale ancora maggiore sull’Esecutivo.
Secondo il regolamento del Senato, per costituire un gruppo servono almeno 10 membri. I senatori hanno tre giorni di tempo per comunicare all’ufficio di presidenza a quale gruppo intendono aderire, e a fronte di nessuna indicazione espressa confluiscono – così come a Montecitorio – nel Gruppo Misto.
Dall’inizio della legislatura ad oggi, 37 senatori hanno cambiato gruppo di appartenenza a Palazzo Madama. Circa la metà degli spostamenti è dovuta alla nascita di Italia Viva (che a oggi conta 18 senatori), il cui gruppo si è potuto costituire grazie all’apporto del senatore del Misto Riccardo Nencini (titolare del simbolo “Insieme” con cui il suo PSI ha corso alle ultime elezioni). 14 senatori del gruppo, Renzi compreso, provengono dal PD, ma hanno aderito anche i senatori Vincenzo Carbone, Donatella Conzatti e Gelsomina Vono, fuoriusciti da Forza Italia (i primi due) e dal Movimento 5 Stelle (la terza).
Il PD ha anche perso i senatori Matteo Richetti e Tommaso Cerno in direzione del Misto, mentre il Movimento 5 Stelle, tra espulsi ed emigrati, ha perso 13 senatori: oltre a Gelsomina Vono che è confluita in Italia Viva, 8 sono passati al Misto (tra essi, Gregorio De Falco e Gianluigi Paragone) e 4 alla Lega (Ugo Grassi, Stefano Lucidi, Alessandra Riccardi e Francesco Urraro). L’unica new entry nel gruppo dei 5 Stelle, Emma Pavanelli, non è stata sottratta a nessun gruppo, ma è stata proclamata eletta il 31 luglio 2019 per occupare un seggio che, dall’inizio della legislatura, non era stato assegnato per un problema dovuto all’applicazione del Rosatellum.
Per quanto concerne il centrodestra, la Lega ha guadagnato 5 senatori: si tratta dei 4 provenienti dal Movimento 5 Stelle già menzionati sopra e della ex forzista Elena Testor. A proposito di Forza Italia, oltre a Testor, Carbone e Conzatti, se ne sono andati via 4 senatori in direzione Misto (Paolo Romani, Gaetano Quagliariello, Massimo Vittorio Berutti e Alessandrina Lonardo). Nessun cambio di casacca, infine, ha riguardato Fratelli d’Italia e il piccolo gruppo delle Autonomie.
Nel diagramma sottostante sono schematizzate tutte queste variazioni: a sinistra la situazione è quella di aprile 2018, a destra invece è riportata quella odierna (4 ottobre 2020).
Al senato i gruppi che hanno perso il maggior numero di senatori sono il Partito Democratico (-17), il Movimento 5 Stelle (-14) e Forza Italia (-6). Il Gruppo Misto ha più che raddoppiato il numero dei propri iscritti, passando da 12 a 26, mentre la Lega ha guadagnato 5 senatori e Fratelli d’Italia ne ha perso uno.
La provenienza dei transfughi: le regioni di elezione
Analizzando dove sono stati eletti i deputati e i senatori che hanno cambiato gruppo parlamentare, scopriamo che la regione con la maggior percentuale di transfughi è il Molise, dove 2 parlamentari su 5 hanno cambiato gruppo in questa prima metà di legislatura. Segue la Basilicata, dove 4 su 7 eletti hanno cambiato schieramento: a parte l’ex governatore Vito De Filippo, migrato dal PD a Italia Viva, gli altri 3 sono tutti passati dal Movimento 5 Stelle al Misto e sono stati eletti nei 3 collegi uninominali della regione (Salvatore Caiata e Gianluca Rospi alla Camera, Saverio De Bonis al Senato).
In altre 10 regioni più la circoscrizione Estero il tasso di transfughi è compreso tra il 10 e il 20%, mentre in altre 7 è compreso tra il 4 e l’8%. A non aver finora cambiato gruppo, dunque, sono i due parlamentari della Valle d’Aosta e i 6 senatori a vita.
La provenienza dei transfughi: le modalità di elezione
Dei 110 parlamentari che hanno cambiato la “casacca”, 62 sono stati eletti nei collegi plurinominali, 45 nei collegi uninominali (nel caso di centrodestra e centrosinistra, con i voti di tutta la coalizione) e 3 nella circoscrizione Estero. Tuttavia, gli eletti nei collegi plurinominali sono più degli eletti negli uninominali, che a loro volta sono più degli eletti all’Estero: per questo motivo, è il 16,7% degli eletti all’Estero ad aver cambiato schieramento, contro il 12,7% degli eletti nei collegi uninominali e il 10,4% di chi è stato votato nella quota proporzionale.
Futuri spostamenti?
A metà della diciottesima legislatura il quadro partitico vive una fase di grande mutamento, e prima che si torni alle elezioni assisteremo con ogni probabilità ad ulteriori spostamenti tra i gruppi. Resterà da capire con quali risvolti per i rapporti di forza tra maggioranza e opposizione.
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