Il primo dibattito
«Gentlemen, a lot of people have been waiting for this night, so let’s get going»: è con queste parole che il giornalista di Fox News Chris Wallace ha aperto il primo dibattito tra Trump e Biden, portando in tavola le aspettative di milioni di americani.
Era la sera (la notte in Italia) di martedì 29 settembre: oltre 73 milioni di telespettatori stavano guardando il confronto fra il presidente repubblicano e il candidato democratico, non sapendo che quella sera sarebbero state vittime inconsapevoli di uno spettacolo televisivo più vicino ai toni di un reality show che non a quelli di un civile dibattito elettorale. Un boccone amaro anche per quei coraggiosi spettatori europei che hanno sfidato il fuso orario per non perdersi l’emozione della diretta, trovandosi poi di fronte a quello che il vicedirettore del Post Francesco Costa ha definito «Il più caotico e confuso dibattito elettorale nella storia del Paese».
Non che sia partito bene e finito male o partito male e finito bene. Semplicemente, non sono mai stati usati toni adeguati ad un’occasione di questo tipo, né c’è mai stato un momento in cui le tematiche in discussione siano state realmente al centro dell’interesse dei due sfidanti.
Il Wall Street Journal ha trascritto l’intero dibattito: non c’è un momento in cui i commenti del presidente non si sovrappongano a quelli di Biden. Trump ha dominato il palco, ma non come un grande oratore sa fare, bensì sfruttando la propria posizione di presidente degli Stati Uniti per rendere ingrato il compito di Wallace: contenere i suoi interventi. «The country would be better served if we allowed both people to speak with fewer interruptions» ha commentato a un certo punto il giornalista, nel tentativo di moderare la prepotenza verbale di Trump. Nei giorni successivi al confronto, Wallace ha poi ammesso in un’intervista rilasciata al NYT di essersi sentito disperato in quel momento.
Joe Biden, da parte sua, ha cercato di ritagliarsi uno spazio in quel caos, impostando un dialogo direttamente con lo spettatore da casa. La sua retorica è stata però poco efficace, più attenta a demonizzare l’avversario che non a sfruttare quel momento per esporre, chiarire e motivare le scelte e gli ideali del proprio programma elettorale. Alla fine, esasperato dalle continue interruzioni del presidente, Joe Biden ha finito col fare il suo stesso gioco – «Would you shut up man?!» – perdendo l’occasione di dimostrare al pubblico come si debba rispondere a quell’atteggiamento.
Lo spirito dell’intero confronto non è stato dunque all’altezza della situazione, così come non è stato all’altezza delle questioni sollevate dal moderatore. Sebbene infatti i temi dibattuti siano stati tanti e diversi, quello che poi ne è rimasto è stato poco e vago: Corte Suprema, gestione della pandemia e salute degli americani, riforma sanitaria, vaccino anti-Covid e discriminazioni razziali. Insomma: tutti i principali problemi degli Stati Uniti sono stati toccati durante il confronto presidenziale, ma l’autentico interesse a dibattere su tali questioni è sembrato mancare da entrambe le parti.
Ciononostante, i sondaggi hanno dato ragione a Joe Biden: la notte stessa del dibattito, gli instant poll CNN – condotti su un campione composto per il 39% da democratici, per il 36% da indipendenti e per il 25% da repubblicani – assegnavano al democratico una vittoria netta del 60% sull’avversario, nonostante il presidente abbia sostenuto di essere stato lui a vincere senza troppe difficoltà.
L’annullamento del secondo dibattito
Lo spiacevole incontro del 29 settembre ha scatenato dubbi e supposizioni su quello che sarebbe successo il 15 ottobre a Miami in occasione del secondo dei tre testa a testa. La Commission on Presidential Debates avrebbe cambiato format? Era plausibile lo spegnimento dei microfoni in caso di interventi eccedenti il tempo prestabilito?
Questi dubbi sono stati tuttavia messi da parte dalla notizia della positività al Coronavirus di Donald e Melania Trump, oltre che di numerosi membri dello staff presidenziale. Dopo alcuni giorni di ricovero presso il Walter Reed National Military Medical Center, il presidente è tornato alla Casa Bianca, rassicurando i cittadini sulle proprie condizioni di salute. Tuttavia, alcune discrepanze fra quanto dichiarato dal medico personale di Trump – secondo cui le condizioni del presidente erano rassicuranti – e alcuni rumors provenienti dalla Casa Bianca – che al contrario descrivevano una situazione più allarmante – hanno scatenato sospetti sul reale stato di salute del presidente e sulla sua capacità di partecipare al dibattito del 15 ottobre. La questione è stata sollevata anche durante il dibattito tra Mike Pence e Kamala Harris dello scorso 7 ottobre, quando la moderatrice Susan Page di USA Today ha chiesto al vicepresidente se fosse un diritto degli americani conoscere lo stato di salute del presidente, ottenendo però una risposta piuttosto evasiva.
Intanto, di fronte a questi fatti, l’8 ottobre la Commissione aveva annunciato di voler svolgere da remoto il secondo confronto Trump-Biden. Dopo pochi minuti dall’annuncio, però, il presidente affermò di non voler assecondare quella che secondo lui era a tutti gli effetti una mossa per avvantaggiare Joe Biden. Per Trump, infatti, la modalità online permetterebbe a Biden di usare un gobbo elettronico e renderebbe plausibile la possibilità di silenziare i microfoni. In altre parole, quella modalità non permetterebbe a Trump di portare avanti la sua strategia, ossia quella di mostrare al mondo un Biden fragile, confuso e facile da distrarre. «I’m not gonna do a virtual debate» ha detto in collegamento telefonico con la giornalista di Fox Business Maria Bartiromo.
Nei giorni successivi, il comitato elettorale di Donald Trump ha dunque cercato di trovare un’alternativa al dibattito online, chiedendo di aggiungere un nuovo appuntamento per il 29 ottobre, in modo da garantire lo svolgimento di tre confronti come concordato in primavera. La proposta non ha però ottenuto l’approvazione dello staff di Biden: alla fine, pertanto, la Commissione ha annunciato la definitiva cancellazione della data del 15 ottobre, vista l’insistenza di Trump nel non voler tenere il confronto online.
«The president – I think – made a big mistake when he pulled out of the second debate when it was made a virtual debate. The man that wrote the art of the deal should understand you can only negotiate when you have leverage. He has no leverage because he is behind in poll right now» ha commentato Chris Wallace su Fox News.
Verso il terzo dibattito
L’ultimo dibattito, in programma alle 3:00 italiane di stanotte all’Università di Belmont (Tennessee), è invece confermato. La moderatrice sarà Kristen Welker, una telegiornalista presentatrice del programma Weekend Today e corrispondente dalla Casa Bianca per NBC News. A lei spetterà dunque il compito di moderare l’ultimo dibattito presidenziale, potendo tuttavia contare sull’esperienza e anche sugli errori di chi l’ha preceduta.
Peraltro, per far fronte alle interruzioni continue che si sono verificate durante il primo dibattito, la Commission on Presidential Debates ha annunciato il 19 ottobre che, per ognuno dei sei segmenti da un quarto d’ora del dibattito, il microfono di ogni candidato verrà spento durante i primi due minuti di risposta dell’altro. Dopo che ciascuno dei due candidati avrà fornito la propria risposta in due minuti senza essere interrotto, entrambi i microfoni saranno accessi per la parte di open discussion (circa 10 minuti per segmento). Si tratta di una decisione che va a svantaggio di Trump, che avrà meno margini per mettere in difficoltà Biden.
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