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Esistono gli shy Trump voters?

C’è chi ha attribuito il risultato del 2016 alla possibilità che molti sostenitori di Trump abbiano mentito nei sondaggi. Ma questo fattore inciderà anche sulle prossime presidenziali?

Ricordate quando nel 2016 la maggior parte degli analisti e dei media prevedeva che la vittoria delle elezioni presidenziali sarebbe andata a Hillary Clinton? Il New York Times, per citarne uno, alla vigilia del voto assegnava alla candidata democratica una probabilità di vittoria pari all’85%. La sera delle elezioni, però, la vittoria di Trump in stati considerati fino ad allora saldamente blu (Michigan, Pennsylvania e Wisconsin), oltre che in numerosi swing states, permise al candidato repubblicano di ottenere la maggioranza assoluta dei grandi elettori che determinò la sua elezione.

Fu Kellyanne Conway, ex direttrice della campagna di Trump, a sostenere che quello che si era verificato era riconducibile al fenomeno del cosiddetto elettorato “nascosto” o “timido” di Trump, un’espressione da lei stessa coniata: lo shy Trump voter non è semplicemente l’indeciso, ma è colui che mente intenzionalmente ai sondaggi per paura del giudizio dell’intervistatore.

Il metodo più diffuso per realizzare un sondaggio è infatti l’intervista telefonica, in cui la comunicazione fra l’intervistato e l’intervistatore è diretta. In alternativa, le piattaforme di sondaggistica possono anche sfruttare dei panel online in cui le persone rispondono ai questionari senza la presenza di una figura intermedia, ma si tratta di una metodologia recente, che ancora non è riuscita ad imporsi come metodo predominante.

La tesi sostenuta da Kellyanne Conway, dunque, è che in un sondaggio telefonico una persona possa non sentirsi a suo agio nel condividere il proprio orientamento politico con un perfetto sconosciuto. Morning Consult, in collaborazione con Politico, ha condotto nell’ottobre 2016 un’indagine volta a sondare proprio l’esistenza del fenomeno degli shy Trump voters. La ricerca sottoponeva ad un campione di oltre 2.000 potenziali elettori un primo sondaggio online contenente una serie di domande sociopolitiche; successivamente, il campione veniva sottoposto a una seconda tranche di domande, questa volta somministrate o con una breve intervista telefonica, o proseguendo con un sondaggio online. In entrambi i casi, le domande erano però identiche e vertevano su argomenti ‘sensibili’, capaci insomma di rivelare una difformità fra le risposte online e quelle telefoniche. Inoltre, il sondaggio chiedeva agli intervistati di esprimere la propria preferenza fra la candidata democratica Clinton e l’avversario repubblicano Trump.

 

La ricerca dimostrò che non c’erano differenze significative fra quanto emerso nelle interviste telefoniche e quanto dichiarato online. Inoltre, anche se i dati della ricerca cambiavano quando si tenevano in considerazione alcune variabili – come il livello di istruzione o il reddito medio degli intervistati – non si poteva dire che l’elettorato ‘nascosto’ di Trump potesse incidere in maniera significativa.

 

Le elezioni elettorali 2020 fanno riemergere il dubbio: lo shy Trump voter esiste davvero?

Le prossime presidenziali – che vedono il candidato democratico Joe Biden sfidare il presidente in carica Trump – stanno facendo riemergere il dubbio sull’esistenza o meno di questo fenomeno. Nel settembre 2020, Morning Consult ha così condotto un sondaggio con lo stesso format di quello usato nel 2016, su un campione di oltre 2000 elettori.

Dalla ricerca è emerso che il 45% di quanti hanno risposto online oggi voterebbe per Donald Trump, mentre il restante 55% si è espresso a favore di Joe Biden. Per quanto riguarda le risposte telefoniche, queste percentuali salgono al 56% per il candidato democratico e scendono al 44% per quello repubblicano. Non si tratta tuttavia di un divario significativo ai fini dell’esito elettorale.

Come però l’indagine del 2016 aveva già dimostrato, anche in questo scenario il divario fra risposte online e risposte telefoniche cambia quando si considera il reddito medio degli intervistati. In particolare, l’indagine rivela che coloro che hanno un guadagno annuale pari o superiore a 75.000 dollari hanno una maggiore propensione a mentire nelle interviste telefoniche, tanto che il supporto al presidente Trump cala del 10% rispetto a quanto dichiarato online.

 

Una ricerca condotta da CloudResearch ha cercato di sviluppare un sondaggio simile a quello di Morning Consult, partendo però da una prospettiva differente. In alternativa alla domanda diretta – se le elezioni si svolgessero oggi, per quale candidato voteresti? – è stato chiesto agli intervistati: vi sentireste a vostro agio nell’esprimere onestamente le vostre intenzioni di voto in un sondaggio telefonico?

I risultati dell’indagine – condotta su un campione di 1000 intervistati nell’agosto 2020 – rivelano che l’11,7% dei repubblicani non risponderebbe onestamente al sondaggio, mentre la percentuale scenderebbe al 5,4% fra i democratici e fra gli indipendenti risalirebbe al 10,5%. CloudResearch ha poi cercato di indagare le ragioni che spingono le persone a mentire nei sondaggi, scoprendo che le preoccupazioni maggiori riguardano la possibilità che questi non siano effettivamente anonimi e che le loro risposte possano essere in qualche modo divulgate.

Possiamo insomma appurare l’esistenza degli shy Trump voters e presumere che essi condizioneranno l’esito delle presidenziali del 3 novembre? Come l’esperienza dimostra, sicuramente esistono elettori che mentono ai sondaggi e le ultime ricerche confermano questa tendenza; le ricerche citate, inoltre, rivelano che sono proprio i sostenitori di Trump a manifestare maggiormente una propensione a mentire sulla propria preferenza elettorale. Allo stesso tempo, però, nessun dato sembra evidenziare un elettorato trumpiano ‘nascosto’ così numeroso.

Martina Santi

2 commenti

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  • Piuttosto probabile uscirà un’altra sorpresa dalle urne. Quando Trump fu eletto c’era un solo sondaggio che lo dava vincente, oggi ce ne sono due.
    Mi auguro che gli statunitensi confermino la fiducia al miglior Presidente degli Stati Uniti almeno degli ultimi 30 anni.