Il sistema elettorale americano è un unicum nel suo genere: chi vince il voto popolare in uno Stato si aggiudica un certo numero di grandi elettori, che in totale ammontano a 538 e sono distribuiti grossomodo proporzionalmente in base alla popolazione degli Stati. Questi grandi elettori, una volta riunitisi nelle capitali dei rispettivi Stati, esprimono ciascuno un voto per il candidato presidente da loro sostenuto: si tratta a tutti gli effetti di un’elezione di secondo grado, perché il presidente non viene scelto direttamente dai cittadini.
I grandi elettori, in 48 dei 50 Stati (oltre che nel Distretto di Columbia), sono assegnati con il sistema winner-take-all: chi vince nel voto popolare in quello Stato, anche ipoteticamente con un solo voto di vantaggio, ottiene tutti i grandi elettori messi in palio da quello stesso Stato. I due Stati che non seguono questa regola sono il Maine e il Nebraska, dove i grandi elettori vengono assegnati solo in parte al candidato più votato nello Stato, perché anche i collegi della Camera in cui sono divisi i due Stati eleggono ciascuno un grande elettore. È quindi come se ci fossero più competizioni elettorali all’interno di Maine e Nebraska: ciò può portare a una differenziazione dei grandi elettori (si parla in proposito di split electoral votes).
Quel distretto swing in Nebraska
Lo Stato rurale del Nebraska ha adottato l’attuale sistema nel 1992. Da sempre un elemento eterodosso dell’Unione (è l’unico Stato ad avere un assetto unicamerale), il Nebraska è universalmente considerato un Republican stronghold, ovvero una roccaforte repubblicana. Nei suoi 153 anni di storia, ha votato solamente 7 volte per un candidato democratico, l’ultima delle quali nel 1964 con il successo di Lyndon Johnson.
In Nebraska 2 grandi elettori sono assegnati in blocco al vincitore del voto popolare nello Stato, mentre i restanti 3 vanno ciascuno al candidato vincente in ognuno dei 3 distretti elettorali in cui è diviso il Nebraska per l’elezione della Camera.
Il secondo distretto del Nebraska, vinto dai repubblicani 6 volte su 7 negli ultimi 28 anni, è oggi considerato competitivo: i democratici puntano parecchio sull’ottenere quel grande elettore, che nel 2008 andò a Barack Obama. L’intera contea di Douglas è inclusa in questo distretto e la città di Omaha, la più ricca dello Stato, comprende la maggioranza degli elettori registrati come democratici. Nelle ultime due tornate presidenziali i repubblicani si sono confermati in questo distretto, ma il vantaggio sui dem è via via diminuito.
Quest’anno i sondaggi raccontano una battaglia serratissima nel secondo distretto, con Biden in vantaggio sul Presidente uscente nell’ultima rilevazione NYT/Siena. È praticamente impossibile che l’ex vicepresidente democratico riesca a vincere tutto lo Stato (il terzo distretto è il più repubblicano d’America), ma chi riuscirà a spuntarla ad Omaha e dintorni potrebbe probabilmente essere il prossimo Presidente degli Stati Uniti. Infatti la demografia del secondo distretto del Nebraska è molto simile a quella del Midwest e della Rust Belt, che nel 2016 furono zone decisive per la sconfitta dei democratici.
Il Maine e la prima volta di Donald Trump
Dal 1972 i 4 grandi elettori del Maine vengono scelti in maniera diversa rispetto al resto del Paese: 2 spettano a chi vince il voto popolare totale, mentre gli altri sono eletti ciascuno nei 2 congressional districts dello Stato. In Maine esistono infatti due collegi elettorali per la Camera, uno a Sud, più popoloso, e uno a Nord, più esteso ma con il 72% di popolazione rurale.
In passato nel Pine Tree State c’erano in palio ben 10 grandi elettori, cifra che nel corso dei secoli è scesa fino ad arrivare all’attuale configurazione in vigore dal 1964. Per anni il Maine è stato dominio del Partito Repubblicano (il vicepresidente della prima amministrazione Lincoln, Hannibal Hamlin, è stato senatore per il Maine per 25 anni durante il XIX secolo). Dal 1992, però, tutti i 4 grandi elettori dello Stato sono andati ai democratici, anche se nel 2016, per la prima volta nella storia del Maine, il secondo distretto è stato vinto da un candidato differente rispetto al resto dello Stato: Clinton vinse infatti i 2 grandi elettori statali e il primo distretto, mentre Trump prevalse nel secondo.
La tendenza che si sta registrando ultimamente è quella ormai comune alla realtà americana: le grandi aree metropolitane (Portland, Augusta) votano in massa per i democratici, mentre i piccoli centri cittadini (Bangor, Lewiston) sostengono il GOP.
I numeri di questa elezione riconoscono la netta divisione politica che sta attualmente attraversando il Maine: secondo un sondaggio della Suffolk University, Biden avrebbe 12 punti di vantaggio a livello statale, mentre il secondo distretto – secondo l’ultimo aggiornamento di FiveThirtyEight – sarebbe toss-up. Il Maine, come il Nebraska, potrebbe risultare decisivo nel determinare il vincitore delle elezioni presidenziali, poiché, nell’improbabile caso di un pareggio, anche un solo grande elettore potrebbe fare la differenza e dunque sbloccare una situazione di grande incertezza.
Un nuovo sistema elettorale per il Maine
La novità più importante di quest’anno riguarda proprio il Maine, che si è dotato di una nuova legge elettorale introdotta inizialmente nel 2018 e approvata definitivamente quest’anno da una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, la quale ha rigettato il ricorso presentato dal Partito Repubblicano. Il nuovo sistema elettorale, utilizzato sia per le elezioni federali che per quelle locali, prevede il ranked choice voting, il cosiddetto voto alternativo con ballottaggio istantaneo all’australiana.
Il voto alternativo non impone una scelta categorica, ma permette all’elettore di ordinare le sue preferenze. Dalla “classifica” dell’elettore deve emergere un vincitore, che viene automaticamente eletto se un candidato supera la soglia del 50% tra le prime preferenze. Se ciò non accade, il candidato col minor numero di prime preferenze viene immediatamente eliminato e le seconde preferenze di chi lo aveva scelto come primo candidato vengono ripartite tra i candidati ancora in corsa. Questo processo avviene fino a quando un candidato non raggiunge la metà più uno dei voti validi.
I candidati che sono riusciti a presentarsi in Maine per le elezioni presidenziali sono, oltre ai già citati Donald Trump e Joe Biden, la libertaria Jo Jorgensen, il leader del Green Party Howie Hawkins e il perennial candidate Rocky De La Fuente, del Partito dell’Alleanza. La partita più interessante però si gioca al Senato, dove la senatrice repubblicana in carica Susan Collins dovrà vedersela con la Presidente della Camera del Maine, la democratica Sara Gideon. Questa sarà la regina delle sfide, come vi abbiamo raccontato qualche mese fa. E l’esordio di questo nuovo sistema elettorale potrebbe favorire i democratici, perché la presenza dei candidati verdi e indipendenti (non in grado di presentarsi in tutti gli Stati quest’anno) potrebbe indurre al voto utile, magari come seconda preferenza.
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