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Il voto delle minoranze ha deciso le elezioni americane?

Le minoranze etniche sono una parte sempre più importante dell’elettorato americano. Ma quanto sono state decisive per la vittoria di Biden?

Secondo gli exit poll di Edison Research, solo il 67% dei votanti alle ultime elezioni presidenziali americane era bianco, contro il 71% di quattro anni fa. Un dato che conferma che le minoranze etniche stanno assumendo un peso crescente nella popolazione degli Stati Uniti e di conseguenza anche nella politica. Secondo i dati dello U.S. Census Bureau, gli ispanici (o latinos) sono oggi il 18,5% della popolazione (appena 10 anni fa erano il 13%) e gli afroamericani il 13,4%: a questi numeri vanno poi aggiunte altre minoranze come gli asiatici e i nativi. Il voto delle minoranze è dunque fondamentale, e lo diventerà sempre di più.

Anche in questa tornata, latinos, afroamericani e asiatici hanno votato a larga maggioranza per il Partito Democratico, anche se c’è stato un leggero spostamento verso Trump. Hillary Clinton infatti era riuscita a conquistare, sempre secondo le elaborazioni degli exit poll, il 74% dei voti dei non bianchi (89% fra gli afroamericani, 66% fra i latini, 65% fra gli asiatici), mentre Biden ha conquistato l’87% degli afroamericani, il 65% dei latini e il 61% degli asiatici. È aumentata anche l’affluenza fra i non-bianchi, considerando che gli elettori ispanici al voto sono passati dall’11 al 13% e gli afroamericani dal 12 al 13%.

A fare la differenza è però anche il dato Stato per Stato, che spesso racconta storie diverse rispetto al bilancio nazionale.

 

I cubani della Florida voltano le spalle ai Dem

Una delle storie più discusse di queste elezioni ha riguardato proprio il voto dei latinos in Florida e in particolare nella contea più popolosa, quella di Miami-Dade, che contiene la città di Miami. Qui, dove i latinoamericani sono quasi il 70% della popolazione e si trova la più grande comunità cubana, i Dem sono passati in quattro anni da vincere di quasi 30 punti a vincere di 7. Complice anche il forte aumento dell’affluenza nello Stato, Trump ha guadagnato quasi 200.000 voti rispetto a quattro anni fa solo a Miami-Dade. Anche a Osceola, un’altra contea con una grande comunità ispanica a sud di Orlando, Trump ha quasi dimezzato il proprio svantaggio, passando dal 24,8% del 2016 al 13,7% del 2020.

Circa un quarto degli ispanici residenti in Florida è di origine cubana ed ha vissuto – direttamente o indirettamente – la dittatura castrista: questo avrebbe motivato, secondo molti analisti, la scelta di non votare per un partito che, nonostante abbia schierato un candidato moderato come Biden, ha visto crescere negli ultimi anni l’influenza della corrente più di sinistra di Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez. In tutto lo Stato, in sintesi, Trump ha aumentato il proprio margine sui Dem dall’1,2% al 3,4%.

 

Il futuro del Texas è ancora da scrivere

Le tendenza sono state simili anche in uno Stato completamente diverso come il Texas, dove a due anni dal serrato duello per il Senato fra Ted Cruz e Beto O’Rourke (i repubblicani vinsero per meno di 3 punti) molti si aspettavano una sfida combattuta anche fra Biden e Trump. Il Presidente uscente ha vinto, seppur con un margine inferiore rispetto al 2016 (passato da +9% a +5,8%), ma ha guadagnato tanto soprattutto in diverse contee al confine con il Messico (Hudspeth, Starr, Hidalgo, Cameron), dove la popolazione di origine ispanica costituisce una larga maggioranza.

Nella maggiore di queste, Hidalgo (775 mila abitanti, oltre il 90% latinoamericani), i Dem hanno più che dimezzato il proprio margine, da +40% a +18%. Nella vicina Starr sono addirittura passati da stravincere di 60 punti a vincere con appena il 5% di voti più su Trump. Dati preoccupanti per i Dem, che confidavano di diventare presto più competitivi negli stati del sud (e vincere in Texas) proprio grazie al rapido aumento degli elettori ispanici.

Diversi sono i motivi con cui è stato per ora spiegato questo cambiamento. Ad esempio può aver influito il fatto che la campagna elettorale abbia solo sfiorato il tema dell’immigrazione, che invece era stato centrale quattro anni fa a partire dalla promessa del muro, mentre ha pesato l’apprezzamento nei confronti dei risultati ottenuti da Trump in economia.

 

Biden si conferma forte tra gli afroamericani

Gli afroamericani si confermano un elettorato prettamente Dem. Secondo gli exit poll, l’87% ha sostenuto Biden: un dato altissimo, anche se è il più basso da diversi anni, essendo due punti in meno rispetto alla Clinton (89%) ed essendo inferiore anche ai risultati di Obama (95% nel 2008, 93% nel 2012).

Rispetto al 2016 è però aumentata la mobilitazione, verosimilmente anche dovuta all’importanza che hanno assunto il movimento Black Lives Matter e le proteste contro le discriminazioni razziali negli scorsi mesi. Quattro anni fa fu infatti il calo dell’affluenza degli afroamericani (passato da 65-67% negli anni di Obama a 60%) a favorire la sconfitta di Hillary Clinton. Oggi non solo è aumentato, seppur di poco, il peso degli afroamericani fra i votanti, ma l’aumento netto dell’affluenza generale ci permette di dire che molti più neri hanno votato rispetto al 2016.

 

Georgia e Michigan: Biden riconquista il voto bianco

I Democratici sono riusciti a conquistare la Georgia per la prima volta dal 1992, seppur con un margine molto ridotto. La Georgia è il terzo stato americano per percentuale di popolazione nera (32%, pari a circa 3 milioni di persone): si tratta di un elettorato che è stato fondamentale per costruire la vittoria, dato che c’è una netta correlazione fra la percentuale di popolazione afroamericana e il voto Dem, anche se lo spostamento di voti che ha permesso a Biden di superare Trump è arrivato soprattutto nelle contee attorno alla città di Atlanta. Quella intorno alla capitale è infatti un’area etnicamente eterogenea, che include zone con un’altissima percentuale di afroamericani e altre dove la popolazione bianca è sopra la media statale.

Un discorso simile si può fare per il Michigan, ritornato blu dopo la sconfitta di quattro anni fa. Biden vince nelle contee con più afroamericani, come quella di Detroit, dove supera Trump di 37 punti, esattamente come Hillary Clinton nel 2016. A fare la differenza rispetto a quattro anni fa sono infatti le contee più bianche, dove gli afroamericani sono quasi assenti. D’altronde già i dati degli exit poll avevano fatto intuire che la grande mobilitazione della popolazione nera non ci sarebbe stata: solo il 10% dei votanti infatti si stima che fosse afroamericano (quattro anni fa era il 15%), con un consenso molto alto per Biden (89%), ma comunque più basso del 92% della Clinton.

 

Un primo bilancio

I primi dati sulle elezioni 2020 ci dicono due cose sul voto delle grandi minoranze etniche.

Primo: latinos e afroamericani si confermano un bacino di voti fondamentale per il Partito Democratico, perché senza di loro Biden non avrebbe mai potuto vincere la presidenza. Ma gli spostamenti di voti che hanno permesso all’ex vicepresidente di ribaltare il risultato di quattro anni fa arrivano soprattutto dalle contee più bianche.

In secondo luogo, il consenso delle minoranze etniche, e soprattutto dei latinos, per i Dem nel futuro non può essere dato per scontato: non si può parlare di blocchi monolitici definiti solo dall’appartenenza etnica, ma bisogna conquistare le minoranze – e mobilitarle – con proposte che siano allettanti per gli elettori (ad esempio, gran parte dei latinos appartiene alla “working class”). Non possiamo infatti dare per scontato che i repubblicani siano destinati a continuare a perdere queste fasce di elettorato, rischiando di soccombere davanti al nuovo assetto demografico degli Stati Uniti.

Francesco Cianfanelli

Collaboro con YouTrend dal 2018 e con Agenzia Quorum dal 2019, occupandomi di strategia, messaggio e social media per soggetti politici e candidati. Nel tempo libero amo la corsa, la bicicletta, i podcast e altre attività da asociali.

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