Sono passati ormai 11 giorni dall’election day del 3 novembre, anche se le operazioni di scrutinio delle schede sono ancora in corso in diversi Stati e rimangono ancora circa 9 milioni di schede da scrutinare, contro le circa 152 milioni già scrutinate. Solo sabato 7 novembre i principali network americani sono stati in grado di “chiamare” la vittoria di Joe Biden (con molto ritardo rispetto a quanto avvenuto nelle elezioni passate): mai come in queste elezioni le operazioni di conteggio avevano richiesto tanto tempo e, sebbene nella maggioranza degli Stati lo scrutinio delle schede abbia ormai superato il 97% dei voti espressi, nello Stato di New York è fermo all’84%, in Maine al 91% e in Maryland al 93% (dati riportati dal New York Times).
Ci sono diversi fattori che hanno causato questo ritardo nel conteggio dei voti: vediamoli.
Il voto anticipato
Mai come in queste elezioni presidenziali, i cittadini americani avevano fatto ricorso al voto anticipato in modo così diffuso: più di 100 milioni di persone hanno infatti votato prima dell’election day per posta o recandosi direttamente al seggio, principalmente per evitare – per timore del Covid, ma non solo – lunghe code ai seggi nella giornata del 3 novembre. Già prima delle elezioni si ipotizzava che lo spoglio sarebbe andato molto a rilento, e questo è proprio ciò che si sta verificando soprattutto a causa degli oltre 65 milioni di voti espressi per posta e di regole diverse da Stato a Stato per quanto riguarda i tempi, le modalità di ricevimento di tali schede e il loro conteggio.
Alcuni Stati, per esempio, iniziano il procedimento di conteggio dei mail-in ballots solo alla chiusura dei seggi e in alcuni casi solo dopo aver scrutinato tutti i voti espressi in presenza, mentre altri Stati processano queste schede già nei giorni precedenti all’election day. Inoltre, ci sono stati come la Pennsylvania che accettano anche le schede che arrivano dopo il 3 novembre, purché siano state spedite prima di tale data. Proprio la diversità di regolamentazione riguardo la pratica del voto per posta, a volte poco chiara o modificata recentemente a causa della pandemia per facilitare l’espressione del voto al maggior numero di cittadini possibile, è anche una delle maggiori leve che spingono Trump – pur senza prove effettive – a sostenere che ci siano diversi “voti illegali” che non devono essere contati.
I easily WIN the Presidency of the United States with LEGAL VOTES CAST. The OBSERVERS were not allowed, in any way, shape, or form, to do their job and therefore, votes accepted during this period must be determined to be ILLEGAL VOTES. U.S. Supreme Court should decide!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) November 6, 2020
La questione dei provisional ballots
Negli Stati Uniti esiste anche la possibilità che gli elettori si rechino al seggio a votare e successivamente debbano tornare per finalizzare il proprio voto. Si parla in questo caso di provisional ballots, cioè di voti emessi ma che prima di essere validati devono andare incontro alla verifica dell’effettiva eligibility – cioè dell’effettivo diritto di voto – dell’elettore: per esempio, se una persona si reca al seggio sprovvista di documenti d’identità, può comunque esprimere il suo voto, che verrà tenuto da parte dagli addetti del seggio fino a quando non tornerà a dimostrare la sua identità. Questa pratica aveva creato enormi problemi nelle elezioni di mid-term del 2018 in Florida, quando i provisional ballots validi e invalidi erano stati mischiati senza più nessuna possibilità di distinguerli.
Ovviamente i provisional ballots richiedono maggior tempo per essere scrutinati: generalmente vengono lasciati da parte mentre vengono investigati dai funzionari elettorali e contati per ultimi. Anche in questo caso la regolamentazione cambia da Stato e Stato e talvolta è addirittura possibile che gli elettori si rechino nei giorni successivi all’election day al seggio per finalizzare il proprio voto.
In Pennsylvania, per esempio, sono stati espressi più di 85.000 provisional ballots, che hanno iniziato ad essere contati soltanto venerdì 6 novembre. In Georgia, invece, sono stati 13.000 i voti espressi con questa modalità. I repubblicani di solito preferiscono recarsi al seggio il giorno del voto e infatti storicamente i provisional ballots sono sempre stati favorevoli ai democratici, anche se quest’anno la situazione potrebbe essere leggermente più equilibrata poiché, come abbiamo visto, gli elettori democratici hanno deciso di votare in gran numero per posta.
La maggiore prudenza dei network
In queste elezioni, i decision desks dei principali network americani, ovvero gli analisti incaricati di assegnare uno Stato ad un candidato o all’altro sulla base dei dati dello scrutinio, sono stati incredibilmente più cauti rispetto agli altri anni: il timore di effettuare una “chiamata” sbagliata avrebbe minato la credibilità dell’agenzia, oltre a creare problemi e polemiche non indifferenti dal punto di vista politico. D’altronde è ancora vivo il ricordo delle elezioni del 2000, in cui la Florida è stata protagonista di chiamate sbagliate e poi ritirate poco dopo.
Ma non è stato solo questo ad aver indotto i network ad essere più prudenti: il fatto che lo scrutinio abbia effettivamente richiesto più tempo rispetto agli anni scorsi ha indotto i media ad attendere dati più certi per le “chiamate”, e ad aspettare ad assegnare soprattutto quegli Stati che si sono rivelati decisivi per Biden, avendovi vinto con un vantaggio ristretto. I network, del resto, hanno annunciato l’elezione di Biden praticamente in contemporanea sabato 7 novembre, nel tardo pomeriggio italiano.
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