Il 20 e il 21 settembre sono stati chiamati al voto per il referendum costituzionale circa 47 milioni di italiani. Di questi, quasi 6 milioni hanno avuto la possibilità di recarsi alle urne anche per il rinnovo di sindaci e consigli comunali e 750.000 hanno anche votato per le elezioni suppletive dei seggi vacanti al Senato.
Tradizionalmente in Italia si è sempre evitato di far sovrapporre referendum costituzionali ed elezioni amministrative, ritenendo che tale coincidenza potesse in qualche modo alterare la partecipazione e le decisioni degli elettori in un campo così delicato come quello dei cambiamenti della Costituzione. Chiaramente, questo comporta un aumento dei costi per il pubblico. A causa dell’emergenza Covid-19, tuttavia, questa volta la sovrapposizione c’è stata e quindi, dati alla mano, è possibile cercare di capire se ciò ha effettivamente avuto un effetto sul comportamento degli elettori.
In un precedente articolo ci siamo occupati delle elezioni regionali: abbiamo concluso che la presenza delle elezioni regionali in media ha aumentato di 11 punti percentuali l’affluenza al referendum, non influenzando tuttavia in modo altrettanto netto le percentuali di sì e di no nelle regioni interessate. I dati delle elezioni comunali e suppletive, però, ci permettono di condurre un’analisi diversa e, in un certo senso, più sofisticata, essendo il livello di dettaglio maggiore. L’analisi che segue, dunque, completa l’articolo precedente, studiando l’effetto della compresenza di elezioni comunali/suppletive e referendum costituzionale.
L’effetto delle comunali
Per studiare l’effetto delle comunali abbiamo individuato la lista dei comuni in cui si sono svolte tali elezioni all’interno delle regioni a statuto ordinario. La figura 1 evidenzia questi territori.
Figura 1 – Comuni interessati da elezioni comunali (regioni a statuto ordinario)
Per capire se la compresenza delle elezioni comunali abbia influenzato gli elettori nella partecipazione e nella scelta del voto costituzionale, abbiamo confrontato l’affluenza e la percentuale di sì nei comuni dove si sono svolte entrambe le consultazioni con gli stessi risultati nei comuni dove invece le comunali non ci sono state. Questo metodo ci sembra legittimo perché la compresenza di comunali e referendum è qualcosa che possiamo quasi considerare random, successo “per caso”, senza un’influenza da parte degli elettori: gli economisti lo chiamerebbero “un esperimento quasi naturale”.
Dalla nostra analisi emergono due dati molto chiari. Numero uno: nei comuni dove si sono tenute entrambe le consultazioni l’affluenza è stata considerevolmente maggiore, in media di 20 punti percentuali. Numero due: nei comuni dove si sono tenute entrambe le consultazioni, il sì ha ottenuto un consenso inferiore, in media, di 1 punto percentuale. Questo secondo risultato può essere dovuto a più motivi: ad esempio, è possibile che la compresenza di elezioni comunali (a differenza delle regionali) abbia incentivato a partecipare all’elezione referendaria gli elettori a favore del no, altrimenti scoraggiati dai sondaggi, che prevedevano una larga vittoria del sì.
È importante però notare come l’impatto delle comunali sia eterogeneo sul territorio nazionale: al nord, per esempio, l’effetto “traino” sull’affluenza è stato pari a 14 punti percentuali, al centro a 20 punti, al sud e nelle isole a 24 punti. Per quanto riguarda i risultati del referendum, poi, al sud e nelle isole non vi è stato un effetto negativo sulla percentuale di sì, mentre al centro questo aumento è stato pari ad oltre 2 punti percentuali e al nord a circa 1 punto percentuale. I grafici nella figura 2 rappresentano in modo molto chiaro questi risultati. Anche qui, le ragioni per tali differenze possono essere diverse: ad esempio, per quanto riguarda l’affluenza, si può immaginare che nelle regioni del sud il gap sia più alto in conseguenza della storicamente più bassa partecipazione referendaria.
Figura 2 – Differenze in affluenza e risultati tra comuni con e senza elezioni comunali
L’effetto delle suppletive
Abbiamo ripetuto un’analisi simile per i comuni i cui elettori sono stati chiamati al voto anche per le elezioni suppletive. Due seggi al Senato erano vacanti, uno in Sardegna e uno in Veneto. La figura 3 evidenzia questi territori.
Figura 3 – Comuni interessati da elezioni suppletive
Stavolta, abbiamo confrontato i comuni interessati dalle suppletive solo con gli altri comuni appartenenti alla stessa regione, invece che con la totalità degli altri comuni italiani. Riteniamo che questo confronto, essendo più omogeneo, possa portare a risultati ancor più attendibili per i comuni coinvolti. In questo caso dai dati non emerge nessun netto effetto delle suppletive. Le suppletive sono associate ad una partecipazione leggermente superiore in Sardegna e leggermente inferiore in Veneto (nell’ordine dei due punti percentuali). Invece, lo scostamento dei voti a favore del sì (o, di converso, a favore del no) appare non rilevabile in entrambe le regioni. I grafici nella figura 4 riportano graficamente questi risultati.
Figura 4 – Differenze in affluenza e risultati tra comuni con e senza elezioni suppletive
Conclusioni
Dai dati che abbiamo analizzato emerge come la presenza delle elezioni comunali abbia avuto un chiaro “effetto traino” sul referendum in termini di affluenza, anche se questo fenomeno assume diverse intensità in diverse aree del paese. All’aumento dell’affluenza dovuto alle comunali è anche corrisposto un piccolo effetto sulle percentuali di voti espressi a favore del sì e del no, dal momento che le percentuali di sì sono state leggermente inferiori (scostamenti comunque assolutamente non in grado di alterare il risultato finale del referendum). Per quanto riguarda le elezioni suppletive, invece, gli effetti si fanno molto più blandi, se non inesistenti.
Unendo questi risultati a quelli del nostro precedente articolo sulle regionali, sembra quasi di poter ordinare le varie tipologie di elezioni in base al loro effetto sul referendum: al primo posto le comunali, al secondo posto le regionali, al terzo le suppletive. Questa classifica sembra anche molto indicativa del rapporto che i cittadini italiani hanno con le istituzioni territoriali. Non ci sembra un caso che le comunali abbiano un effetto superiore alle regionali, in un paese in cui la dimensione cittadina ha sempre avuto una grande rilevanza e dove invece il livello di governo regionale non ha ovunque profonde radici storico-culturali.
Per quanto riguarda dunque il trade-off tra risparmio e neutralità che si pone nel momento in cui si possono accorpare referendum costituzionali e altre tipologie di elezioni, ci sembra quindi importante sottolineare due aspetti: 1) la rilevanza pratica di questo accorpamento dipende fortemente da quanto è in bilico il risultato del referendum; 2) non tutte le elezioni sono uguali e alcune possono essere accorpate senza alterare le scelte degli elettori ai referendum.
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