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Lo screening di massa in Alto Adige contro il coronavirus

La Provincia Autonoma di Bolzano questa settimana ha condotto uno screening a tappeto con test rapidi: vediamo cosa è emerso dai dati.

Nell’ultima settimana la Provincia Autonoma di Bolzano ha condotto un’enorme campagna di screening con test rapidi: l’obiettivo è stato quello di individuare il maggior numero di persone positive al coronavirus ma asintomatiche, in modo da metterle in quarantena e interrompere le catene dei contagi.

L’Alto Adige ha quindi condotto oltre 350 mila test su una popolazione di 520 mila abitanti, trovando oltre 3.600 persone positive (pari a circa l’1% dei test condotti).

 

I test rapidi sono affidabili?

La Provincia Autonoma di Bolzano, per questo screening di massa, non ha usato i tamponi molecolari di cui si parla da mesi – quelli che entrano nel bollettino nazionale della Protezione Civile, per capirci – bensì i tamponi rapidi: la differenza è che con quelli molecolari si ricerca l’RNA virale, mentre con quelli rapidi si cercano le proteine virali, meglio conosciute come antigeni. Inoltre, i tamponi molecolari hanno bisogno di essere analizzati in laboratorio e richiedono diverse ore, mentre i tamponi rapidi danno i risultati in pochi minuti.

Il problema dei tamponi rapidi è che non sono affidabili come quelli molecolari. Quando si parla di tamponi, infatti, bisogna fare attenzione a due concetti: sensibilità e specificità. La sensibilità corrisponde alla proporzione di soggetti positivi al coronavirus identificati correttamente (un’alta sensibilità indica pochi falsi negativi), mentre la specificità corrisponde alla proporzione di soggetti negativi al coronavirus che sono correttamente identificati come tali (un’alta specificità indica pochi falsi positivi). 

L’Alto Adige, per questi test, ha deciso di utilizzare due tamponi rapidi: il Panbio COVID-19 Ag di Abbott e lo Standard Q COVID-19 Ag Test di Relab: il primo ha una sensibilità del 93,3% e una specificità del 99,4%, mentre il secondo una sensibilità del 96,5% e una specificità del 99,7%. In media, quindi, sbagliano a identificare 3-7 positivi e 1 negativo ogni 100 testati. 

Questi indici, però, sono quelli dichiarati dai produttori e ottenuti con test in laboratorio, per cui non sono confermati da analisi indipendenti. Va inoltre considerato che l’Istituto Superiore di Sanità ha evidenziato in un report come l’affidabilità dei tamponi rapidi sia minore sulle persone che non mostrano sintomi. 

 

Chi ha potuto partecipare

Lo screening è stato completamente volontario e vi ha potuto partecipare chiunque avesse almeno 5 anni, anche le persone domiciliate in Alto Adige per motivi di lavoro o studio. A non poter partecipare sono stati invece:

  • I soggetti con sintomi infettivi;
  • I soggetti in malattia per qualsiasi altro motivo;
  • Coloro che negli ultimi tre mesi sono risultati positivi;
  • I soggetti in isolamento fiduciario;
  • I soggetti che avevano già programmato una data per un tampone PCR;
  • Coloro che eseguono regolarmente il test per motivi professionali;
  • I bambini sotto i 5 anni;
  • I ricoverati in ospedali, case di riposo e case di cura.

Va comunque sottolineato che per lavorare in alcuni settori il test era necessario e che una partecipazione minima del 70% era stata stabilita come soglia per poter pensare di allentare le misure restrittive. Non vi era quindi un obbligo a partecipare, ma l’adesione era comunque fortemente incentivata.

 

Quali sono stati i risultati

L’Alto Adige in totale ha testato 361.781 persone, pari al 67,4% della popolazione altoatesina, e identificato 3.615 positivi, l’1,0% dei testati. Vi sono però delle differenze a seconda dei comprensori sanitari in cui è divisa la Provincia Autonoma di Bolzano: in quello di Bolzano è stato testato il 70% della popolazione, identificando uno 0,8% di persone positive sui testati, a Bressanone e Brunico il 67-68% con l’1,1% di positivi e a Merano il 63% con l’1,2% di positivi. 

I tre comuni con il maggior tasso di partecipazione sono stati Cortina sulla Strada del Vino (79,5%), Selva di Val Gardena (79,3%) e Caine (79,0%), mentre i tre con la minore adesione sono stati Moso in Passiria (53,7%), Tubre (49,4%) e Anterivo (50,5%). Il comune mediano, cioè quello che si posiziona a metà, è stato Sesto (66,1%). 

 

Ci sono stati quattro comuni senza neanche un residente positivo: Ponte Gardena, Predoi, Anterivo, Caine. A Santa Cristina Valgardena e a Ortisei i positivi sono stati solo lo 0,1%, mentre i tre comuni con il maggior numero di positivi sono stati Glorenza (2,1%), Rifiano (2,2%) e San Pancrazio (2,0%). Il comune mediano è risultato essere Cermes (0,9%). 

 

Ci sono anche delle differenze a seconda del momento in cui si è stati testati: si può vedere come il 18-19 novembre il 4,1% dei testati sia risultato positivo, il 20 novembre l’1,2%, il 21 e 22 novembre lo 0,7% e tra il 23 e il 25 novembre il 2,3%.

Tra chi si è fatto testare in farmacia, inoltre, il tasso di positività è stato pari all’1,5%, mentre tra chi si è sottoposto al test rapido con il proprio medico di medicina generale è stato pari al 4,5%. Per chi ha scelto le altre postazioni, invece, i positivi sono stati complessivamente lo 0,8%. Il maggior tasso di positività tra farmacie e medici è stata una costante in ogni giornata di testing. 

Chi è risultato positivo non è stato poi sottoposto a tampone molecolare e non è neanche entrato nei conteggi del bollettino nazionale diffuso quotidianamente dalla Protezione Civile. I positivi devono infatti stare 10 giorni in isolamento, dopo i quali – se non sono insorti sintomi – sono liberi di uscire. Per i contatti stretti, inoltre, non è stata prevista la quarantena. 

 

Quali erano le attese per lo screening

Lo screening è stato fatto con l’obiettivo di identificare gli infetti asintomatici, per evitare che essi contagiassero altre persone che sarebbero poi andare a pesare sul sistema sanitario dell’Alto Adige. 

Secondo quanto ha spiegato il biostatistico Markus Falk prima dell’avvio dello screening, con un tasso di partecipazione del 70% si sarebbe potuta invertire la tendenza dei contagi per metà dicembre e ridurre l’indice Rt a 0,5, portando a circa 4.000 i nuovi casi da qui a marzo. In assenza dei test, invece, Rt sarebbe rimasto tra 0,9 e 1 e sarebbe stato necessario un lockdown, almeno parziale, per i prossimi mesi.

Per come funzionano i test antigenici, tuttavia, esiste la concreta possibilità che chi si è infettato da poco non venga trovato positivo. Secondo Falk era ragionevole pensare che solo il 70% dei veri positivi venisse correttamente rilevato e che per il restante 30% si avessero dei falsi negativi. In generale, però, Falk si attendeva un maggior numero di positivi: con 340.000 persone testate, infatti, i positivi avrebbero dovuto essere pari a 10mila, mentre invece sono stati 3.600. 

 

 

La situazione in questo momento

Guardando il bollettino giornaliero e ignorando per un attimo lo screening, si vede come la situazione sia abbastanza critica in Alto Adige: ieri c’erano 11,6 mila persone attualmente positive, di cui 480 in ospedale. Secondo i dati dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, nella Provincia Autonoma è occupato il 53% dei posti di terapia intensiva e il 96% di quelli delle aree mediche rilevanti: complessivamente è dunque una delle regioni più in difficoltà.

Da diversi giorni, comunque, i nuovi casi sono in netto calo, nonostante quella di Bolzano resti una delle province con la maggiore incidenza in relazione alla popolazione. Infatti il tasso di positività, cioè il numero di casi rilevati sul numero di tamponi effettuati, è in calo e ora è intorno al 18%, dopo aver toccato il 23% nelle settimane passate. 

 

E adesso?

L’Alto Adige, a seguito della campagna di screening, ha avviato la cosiddetta “Fase 2“. La Provincia Autonoma prevede test rapidi settimanali volontari su 4.000 persone, con l’obiettivo di avere un campione rappresentativo per ogni comune e test settimanali su 900 persone del settore scolastico.

In questo modo l’Alto Adige vuole prevenire i possibili focolai e monitorare l’incidenza delle infezioni a livello provinciale. Se vi saranno sospetti di focolai incontrollati, si procederà allo screening di massa in comuni, aziende o scuole.

Le regole per questa fase saranno simili a quelle dello screening: se si è positivi al test antigenico si va in isolamento per dieci giorni, alla fine dei quali se non si hanno sintomi si effettua un tampone molecolare, mentre se si diventa sintomatici – o se il tampone molecolare risulta positivo – l’isolamento viene prolungato.

 

Conclusione

In conclusione, lo screening di massa in Alto Adige ha permesso di identificare 3.600 positivi che probabilmente non sarebbero stati altrimenti trovati, anche se le attese erano sensibilmente maggiori: se da una parte è quindi possibile ipotizzare che le autorità sanitarie siano più brave del previsto a identificare i casi attivi, dall’altra appare anche evidente come il sistema sanitario sia andato in crisi anche se i casi sono tuttavia “contenuti”.

Si tratta comunque di un esperimento difficilmente replicabile altrove, perché non sono molte le regioni in Italia in grado di testare una parte così alta della popolazione in pochi giorni: questo sia per via della grande organizzazione necessaria, sia per via delle difficoltà che si possono avere a reperire così tanti test rapidi. 

Lorenzo Ruffino

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