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Le fratture nella società americana emerse dal voto

L’intervento del nostro direttore Lorenzo Pregliasco a Visionary Days 2020

Quest’anno si è tenuta la quarta edizione di Visionary Days, la maratona digitale di brainstorming collettivo trasmessa in diretta da Torino il 21 novembre. L’evento quest’anno proponeva una riflessione sul significato dei confini nel Nuovo Mondo, partendo dall’idea che questi confini vengano ridisegnati dagli eventi del ventunesimo secolo, come la globalizzazione, la rivoluzione tecnologica e i flussi migratori. Il nostro direttore Lorenzo Pregliasco ha partecipato per YouTrend e ha cercato di spiegare come sono cambiate le frontiere interne agli Stati Uniti tra le elezioni del 2016 e quelle del 2020.

Infatti, oltre all’accezione classica di frontiera, intesa come confine che separa due diverse entità statali, esiste anche il concetto di frontiera interna, che rispecchia le linee di frattura presenti in un Paese. Gli Stati Uniti sono un territorio enorme, multiculturale e multietnico, ma sono anche e soprattutto uno Stato federale, e ognuno dei suoi 50 Stati ha una propria identità e demografia. L’eterogeneità di culture, etnie e tradizioni presente negli Stati Uniti è qualcosa di molto più grande e influente di ciò a cui siamo abituati in Europa e in Italia: questo è il motivo per cui, nel caso degli Stati Uniti, sono proprio i confini interni e le linee di frattura interne che dividono un Paese estremamente complesso ad essere interessanti e a poter determinare l’esito di un’elezione.

 

Red States and Blue States

 

E’ proprio l’ultima mappa elettorale degli Stati Uniti a raccontarci una delle prime linee di frattura della politica e della società americana: si tratta dei confini che dividono i singoli stati. Osservando una mappa degli Stati Uniti si possono notare delle affinità con le mappe degli Stati africani, tra cui l’esistenza di confini che seguono meridiani, paralleli, o a volte il corso dei fiumi (Mississippi).

Il primo tipo di confine che si incontra nel racconto della politica americana è proprio la linea di frattura che divide gli Stati blu (democratici) dagli Stati rossi (repubblicani). Con la mappa elettorale è inoltre fin da subito evidente una divisione tra le coste e l’interno, che spiega però solo in parte l’articolazione delle fratture politiche americane. Tuttavia, se è vero che le coste negli ultimi decenni sono state tipicamente i luoghi più favorevoli a democratici e forze progressiste, mentre l’interno è stato tendenzialmente più repubblicano, non sono mancate le eccezioni: in Florida ha vinto Trump nelle ultime due elezioni e già nel 2000 e nel 2004 aveva vinto George W. Bush; al contrario in Colorado, che non ha sbocchi sul mare, dal 2008 vincono i Dem. 

Ci sono poi molte altre linee di divisione politica, economica e demografica all’interno degli Stati Uniti: ogni elezione da un lato mette in evidenza le fratture che esistono nel Paese e dall’altro le genera con il voto.

 

La linea di frattura generazionale

Se si analizza il voto del 3 novembre con particolare attenzione alla linea di frattura generazionale, si osserva per esempio che il voto degli elettori sotto i 30 anni è stato pesantemente a favore di Joe Biden, il quale quasi paradossalmente è stato il candidato alla presidenza più anziano della storia e sarà il presidente più anziano al momento dell’insediamento. Al contrario, quella che si attendeva come una nuova linea di faglia a favore dei Dem tra gli over 65, si è prodotta, ma non nelle modalità e nelle proporzioni che ci si attendeva. Trump è riuscito a mantenere un 50-50 in quella fascia d’età di elettori maturi che molti, complice la pandemia, avevano visto spostarsi prepotentemente verso Biden.

 

La linea di frattura città-aree rurali

 

Un’altra linea di frattura molto importante è quella tra città e aree rurali. C’è un aspetto molto interessante da sottolineare: non solo le città americane sono saldamente vicine ai Dem e le zone rurali al GOP, ma c’è anche una sorta di terreno di mezzo rappresentato dai cosiddetti suburbs, ovvero le zone residenziali che negli USA fanno un po’ da confine delle grandi città. In queste aree ci sono caratteristiche demografiche, culturali ed economiche decisamente peculiari: tipicamente la popolazione è bianca e ha titoli di studio e redditi elevati.

Questa terra di confine è sempre stata fino al 2012 un bacino dell’ala moderata del Partito Repubblicano, in cui un candidato tradizionale come George W. Bush vinceva senza problemi. Quest’anno, però, Biden ha portato avanti lo smottamento verso i Dem in queste zone che già si era visto in parte nel 2016 con Hillary Clinton: le aree con il maggiore swing verso Biden sono proprio quelle suburbane, ad esempio quelle intorno ad Atlanta in Georgia.

 

Latinos por Trump

Nonostante la politica di Trump sia stata molto dura con l’immigrazione, perché tanti latinos hanno votato per il candidato repubblicano?

 

Questo è uno dei tratti affascinanti delle ultime elezioni: accanto alle divisioni che erano attese, se ne è creata un’altra proprio nelle contee di confine. Ci sono infatti alcune contee del Texas meridionale, situate al confine col Messico, in cui lo spostamento di voti tra 2016 e 2020 è stato gigantesco: nella contea a maggioranza ispanica di Starr, Trump ha recuperato 55 punti rispetto al 2016. In Florida, nella popolosa contea di Miami-Dade – in cui vive una grandissima comunità cubana – c’è stato un recupero di Trump di oltre 20 punti: il vantaggio democratico è infatti passato dal +30% di Hillary Clinton al +7% di Joe Biden.

Il recupero di voti di Trump tra i latinos ha più motivazioni. In Florida questo spostamento ha riguardato per lo più le minoranze ispaniche di origine cubana e venezuelana che sono fuggite da regimi comunisti e socialisti e che quindi storicamente non hanno mai guardato con grande simpatia alla sinistra americana. A questo si deve aggiungere il fatto che il presidente Trump e il vicepresidente Pence, in ogni loro comizio, hanno cercato di presentare Biden come un socialista che appoggia le frange più estremiste del Partito Democratico.

L’avanzamento di Trump tra i latinos è dovuto anche alla preoccupazione economica: molti degli ispanici che hanno votato Trump sono immigrati che risiedono negli Stati Uniti da molto tempo e che hanno aperto una loro attività con cui si mantengono. Queste persone, impaurite dalle ricadute economiche causate dalla pandemia, hanno visto in Trump una spinta veloce verso le riaperture.

Un altro aspetto fondamentale per capire il recupero di Trump tra i latinos è quello valoriale: i latinos non sono solo cattolici ma anche, e sempre di più, evangelici, e tra le comunità evangeliche il Partito Repubblicano prende storicamente molti consensi per le sue posizioni etiche, per esempio sull’aborto.
C’è infine la questione del confine con il Messico: molte persone ispaniche che vivono nelle contee di confine non vedono male le spinte trumpiane anti-immigrazioniste, perché lavorano nel mondo della la sicurezza e nella stessa polizia di confine.

 

Linee di frattura mutevoli

In conclusione, negli Stati Uniti le ultime elezioni presidenziali hanno di nuovo mostrato la presenza di importanti divisioni socio-demografiche, oltre che geografiche, interne al Paese. Se però alcune linee di frattura erano già note e si sono ulteriormente accentuate, altre colto piuttosto di sorpresa gli analisti.

Redazione

La redazione di YouTrend

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