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Il Presidential Transition Act: come la legge disciplina la transizione negli Stati Uniti

Il PTA è entrato in vigore nel 1963 ed è un tassello cruciale per regolare il passaggio di testimone tra un Presidente e il suo successore

Negli Stati Uniti, il momento della transizione politica da un Presidente al suo successore può incidere sulla capacità di un’Amministrazione di esercitare fin da subito il proprio potere di governo. È nell’interesse nazionale che venga assicurata la continuità nell’esecuzione delle leggi e nella condotta degli affari interni ed esterni del governo federale, dal momento che ogni interruzione di queste funzioni potrebbe danneggiare la sicurezza degli Stati Uniti. Proprio per questi motivi dal 1963 il Presidential Transition Act (PTA) definisce il quadro legale per “promuovere il trasferimento ordinato del potere esecutivo”.

 

La transizione deve essere finanziata con fondi pubblici

Uno degli aspetti più importanti regolati dal PTA è quello economico. Fino al 1963, oltre a non esserci una disciplina per il trasferimento delle informazioni riservate e dei dossier al Presidente eletto, i partiti politici sostenevano interamente i costi della transizione: con il Presidential Transition Act è invece il governo che destina fondi specifici per coprirne i costi, in modo che il vincitore delle elezioni non sia costretto a chiedere finanziamenti privati a tal scopo.

Come si può ben immaginare, la transizione ha un costo: si tratta infatti di arruolare personale che inizi a lavorare sull’agenda politica del presidente eletto, che ne curi la comunicazione e che esamini le candidature per le nomine politiche dell’Amministrazione. Servono quindi uffici dedicati, ma anche risorse per gli stipendi, per i viaggi di lavoro e per tutto quello che può essere necessario al Presidente eletto e al suo staff per prepararsi al meglio. Il PTA dispone che di tutti questi costi debba farsi carico il governo, che offre allo staff del Presidente eletto anche degli spazi dedicati negli uffici federali. Per attività legate alla transizione il bilancio federale nel 2020 destinava 9,62 milioni di dollari, mentre la proposta di bilancio per il 2021 ne prevede 9,9 milioni.

 

Alcune novità negli ultimi 10 anni

La legge del 1963 è stata emendata varie volte negli ultimi dieci anni, con l’introduzione di una serie di importanti novità. Innanzitutto, si è data la possibilità di finanziare le attività legate alla transizione con fondi privati, che possono essere accettati rispettando una serie di condizioni di trasparenza e fino a un massimo di 5.000 dollari a donazione. Inoltre, l’inizio della transizione è stato spostato in primavera: già entro maggio, il Presidente in carica deve formare il White House Transition Coordinating Council che, insieme al Federal Transition Coordinator (nominato dal GSA), deve fornire un supporto alle agenzie federali per la preparazione della transizione e facilitare la comunicazione tra i candidati e gli alti funzionari nelle agenzie e nell’Ufficio esecutivo del Presidente. Ma i preparativi si intensificano dopo le convention: ai candidati dei maggiori partiti (così come stabilisce la legge) vengono forniti uffici, fondi e un supporto tecnico-amministrativo costante dall’Amministrazione. A garanzia di questo processo, i candidati e i loro transition team devono firmare dei Memoranda of Understanding, in cui, oltre a definire le modalità di accesso ai servizi offerti, sono inclusi obblighi etici da rispettare.

 

Il ruolo del GSA e del suo Amministratore

La legge incarica la General Services Administration (GSA) e l’Ufficio di Gestione e Bilancio del coordinamento delle attività della transizione. In particolare, l’Amministratore dei servizi generali gioca un ruolo chiave, in quanto è incaricato di certificare, in seguito ai risultati delle elezioni presidenziali, l’“apparent successful candidate” e di iniziare in questo modo la fase di transizione post-elezioni. Questa decisione non è in alcun modo politica, ma puramente amministrativa: essa si basa sull’evidenza del risultato elettorale e sulla discrezionalità del ruolo dell’Amministratore, che non svolge una funzione politica. Proprio per questo motivo, solitamente essa avviene subito all’indomani delle elezioni, quando ancora i risultati non sono stati ufficializzati dai singoli stati o dal collegio dei grandi elettori ma le proiezioni dei voti nell’electoral college già delineano un vincitore apparente.

Dai dibattiti parlamentari che hanno accompagnato l’approvazione del PTA nel 1963, si nota che in realtà non si considerava insidioso questo passaggio. In merito all’elezione del 1960, che aveva visto Kennedy vincere con un ristretto margine di voti su Nixon, il rappresentante della Florida e sponsor della legge Fascell aveva considerato che, per quanto fosse stata un’elezione combattuta, “nessuno aveva difficoltà a decidere chi fosse il vincitore apparente”. Soltanto in tre casi si poteva avere qualche difficoltà: un pareggio tra i candidati (come avvenuto nelle presidenziali del 1800), l’impossibilità per alcun candidato di raggiungere la maggioranza assoluta (come nel 1824), la presenza di frodi evidenti e ripetute (come nel 1876).

Un quarto caso si è venuto ad aggiungere nel 2000, quando lo stretto margine tra Bush e Gore in Florida spinse l’allora Amministratore dei servizi generali David Barram a non certificare un vincitore apparente ma ad aspettare il concession speech di Gore per dare il via alla transizione. Tuttavia, Barram dichiarò di fronte ad un comitato della Camera dei rappresentanti che “il GSA non ha nessun ruolo nel determinare chi sarà il prossimo Presidente o nell’influenzare la sfida per la Presidenza”. Non aveva ancora fatto cominciare la transizione perché “in questa elezione senza precedenti, intensamente combattuta, con azioni legali che sono state perseguite da entrambi i lati, non mi è evidente chi sia il vincitore. Per questo non ho ‘certificato’ il Presidente eletto”.

Vladimiro Labate

Sono uno studente universitario tra l'Italia e la Francia, torinese, appassionato di politica internazionale.

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