Alla luce dei risultati del referendum del 20 e del 21 settembre, è entrata in vigore la riforma costituzionale che prevede la riduzione dei parlamentari: in virtù del “Sì” espresso dalla maggioranza degli elettori, si passerà alla Camera da 630 a 400 deputati, mentre al Senato da 315 a 200 senatori elettivi. Queste modifiche avranno effetto a partire dalla prossima legislatura, che a meno di elezioni anticipate vedrà il suo inizio nel 2023.
La riforma ha anche avuto effetti sulla legge elettorale attualmente in vigore, il Rosatellum: i collegi plurinominali e uninominali previsti da questo sistema, infatti, sono stati ridefiniti per adattarli ai nuovi numeri, come si vede nella tabella.
L’iter di approvazione dei nuovi collegi elettorali
A occuparsi della determinazione dei collegi uninominali e plurinominali per Camera e Senato è stato il Governo, in virtù di una delega contenuta nell’art. 3 della legge 51 del 2019. Per esercitare questa delega il Governo si è servito di una Commissione di esperti, la stessa già istituita presso il Dipartimento per le riforme istituzionali nel 2017 in fase di approvazione del Rosatellum.
Questa Commissione ha concluso i propri lavori lo scorso 13 novembre, procedendo con l’invio al Governo della relazione contenente una motivata proposta del disegno dei nuovi collegi elettorali. Il Governo ha accolto integralmente tale proposta, poi la palla è passata alle Camere e infine il 23 dicembre i nuovi collegi sono diventati ufficiali, con la firma apposta dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al decreto che li ridisegna.
🔴 Nuovi #collegi del #Rosatellum: il Presidente della Repubblica ha firmato il decreto legislativo che ridisegna i collegi elettorali in seguito alla riduzione dei parlamentari
— YouTrend (@you_trend) December 23, 2020
I criteri principali utilizzati per ridisegnare i collegi elettorali sono stati i seguenti: la coerenza del bacino territoriale, la geografia amministrativa, l’omogeneità economico-sociale, le caratteristiche storico-culturali e la contiguità territoriale, oltre che la tutela delle minoranze linguistiche. Sul sito dell’Istat si può trovare un file che elenca i numerosi indicatori che sono stati presi in considerazione per individuare i collegi: tra questi ci sono la densità abitativa, il tasso specifico di occupazione e il tasso di analfabetismo, solo per citarne alcuni.
Per quanto riguarda invece la Commissione incaricata di ridisegnare i collegi, le persone individuate per farne parte sono in tutto 11: oltre al Presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo – che è anche di diritto Presidente della Commissione – ci sono altri dieci esperti nominati dal Governo, in larga parte docenti universitari.
Il bivio della legge elettorale: che fine ha fatto il Brescellum?
Come abbiamo detto, a oggi resta in vigore la legge elettorale con la quale abbiamo votato nel 2018, il Rosatellum. Tuttavia, è possibile che alle prossime elezioni ci sarà un sistema elettorale diverso, su cui le forze di maggioranza stanno cercando di convergere in questi mesi.
Il 9 gennaio 2020, ormai un anno fa, Partito Democratico e Movimento 5 stelle avevano trovato un accordo sulla proposta del deputato M5S Giuseppe Brescia – il cosiddetto Brescellum. In seguito alla pandemia, il confronto sulla legge elettorale ha subito dei rallentamenti ed è slittato a dopo l’estate: il voto favorevole in Commissione Affari Costituzionali della Camera è infatti arrivato solo il 10 settembre. E al momento il testo è ancora fermo a Montecitorio.
Ma in cosa consisterebbe questo sistema? Innanzitutto, con la proposta del deputato Giuseppe Brescia viene abbandonata la componente maggioritaria del Rosatellum, per passare ad un proporzionale puro sul modello tedesco (la proposta di legge infatti viene anche chiamata Germanicum). Di conseguenza, vengono eliminati i collegi uninominali e la possibilità per i partiti di presentarsi in coalizione alle elezioni.
Inoltre, se la soglia di sbarramento del Rosatellum era prevista al 3%, con il Brescellum viene alzata al 5%. Una seconda soglia del 15% (fino ad ora era del 20%) è prevista a livello regionale per la sola Camera al fine di garantire ai partiti che rappresentano minoranze linguistiche riconosciute – come la Südtiroler Volkspartei – di entrare in Parlamento. Per i partiti che non riescono a superare il 5% a livello nazionale è comunque previsto un diritto di tribuna, garantendo la rappresentanza anche a quelle forze politiche che dovessero andare particolarmente bene a livello regionale: alla Camera potranno usufruire di questo meccanismo i candidati dei partiti che otterranno almeno tre quozienti in almeno due regioni, mentre al Senato il quoziente dovrà essere almeno uno in una regione.
Il nodo dell’eventuale abolizione dei listini bloccati in favore dell’inserimento delle preferenze non è stato toccato in Commissione: sarà dunque la discussione in Parlamento a stabilire l’opportunità di dare la possibilità agli elettori di esprimere una o più preferenze.
La maggiore accusa che viene mossa a questa proposta, soprattutto proveniente dal centrodestra, sta nel fatto che non si garantirebbe la governabilità dopo le elezioni: vista l’impossibilità, stando alla situazione attuale, per un partito di raggiungere la maggioranza assoluta, il Brescellum impone la formazione di coalizioni post-elettorali per dare vita ad un governo, mentre impedisce di formalizzare sulla scheda coalizioni pre-elettorali. Molte critiche arrivano anche dai partiti minori come LeU e +Europa che, con una soglia di sbarramento così alta, vedrebbero preclusa la loro possibilità di eleggere rappresentanti in Parlamento.
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