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Perché la Lombardia è stata per errore in zona rossa

La Lombardia è stata messa in zona rossa a causa di un errore nel calcolo di Rt, perché la regione non inserisce per tutti i casi lo stato clinico

La regione Lombardia per una settimana è stata in zona “rossa” per un errore nell’elaborazione dell’indice di riproduzione Rt. Per diversi giorni c’è stato un rimbalzo di responsabilità con il presidente Attilio Fontana che è arrivato ad accusare il Ministero della Salute di “calunniare” la sua regione. Ma come è andata veramente?

 

Perché la Lombardia era in zona rossa e perché non doveva esserlo

Ogni venerdì la cabina di regia del Ministero della Salute si riunisce per elaborare i dati relativi all’epidemia e, alla luce delle analisi condotte dall’Istituto superiore di sanità (Iss), decide con un algoritmo quali restrizioni devono applicarsi a ogni regione.

L’algoritmo decisionale è pubblico e la quasi totalità dei suoi aspetti è chiara, nonostante non sia possibile replicare i risultati perché vengono utilizzati dei dati di cui dispongono solo l’Iss e le regioni.

Per la Lombardia il 15 gennaio fu decisa la zona rossa alla luce del fatto che il rischio era stato classificato come alto, l’incidenza settimanale era superiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti e lo scenario era di tipo 3 poiché Rt era stato valutato come superiore a 1,25 (in particolare era pari a 1,4 con intervallo di credibilità che andava da 1,38 a 1,43).

Successivamente, il Ministero della Salute ha rettificato il valore di Rt portandolo a 0,88 con intervallo pari a 0,84 – 0,92. Essendo sotto 1,00, lo scenario era di tipo 1. Avendo comunque ancora rischio Alto e incidenza superiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti, la zona da applicare era quella arancione. 

Per un errore quindi la Lombardia è rimasta in zona rossa per una settimana.

 

Cos’è successo

L’Iss, alla luce della rettifica che si è resa necessaria, ha emesso una relazione tecnica in cui spiega l’accaduto. A seguito di una conferenza stampa tenuta sabato da Attilio Fontana ha poi emesso un comunicato stampa con degli ulteriori chiarimenti.

Prima di tutto bisogna precisa come funziona Rt. L’indice di riproduzione è dato grossomodo dal rapporto tra i casi e i casi della generazione successiva. Se si hanno inizialmente 100 casi con un Rt pari a 1,4, la settimana dopo se ne avranno 140 e quella ancora dopo 196 e via così (qui per avere un maggiori dettagli).

In Italia Rt è calcolato dalla Fondazione Bruno Kessler, un ente di ricerca di interesse pubblico a Trento, per conto dell’Iss. Il calcolo viene fatto a partire dal numero di casi sintomatici per la data di inizio dei sintomi, al fine di evitare che la stima sia troppo influenzata dalle diverse strategie di testing adottate dalle regioni (gli asintomatici possono calare se una regione smette di fare contact tracing o attività di screening). Usare questa data e sapere il tempo che intercorre tra contagio e inizio sviluppo dei sintomi (in media 4-5 giorni) permette di ricostruire una curva epidemica molto simile a quella reale. 

Il problema della Lombardia nasce proprio da questa data di inizio dei sintomi e dagli errori fatti dalle autorità regionali nel compilare il database con i singoli casi. 

Quando viene accertato un caso di positività, la regione deve inserire il caso nel database. Qui deve indicare lo stato clinico della persone (asintomatico, paucisintomatico, lieve, severo o critico) e la data di inizio dei sintomi. Ci sono migliaia di casi, in particolar modo in Lombardia, con data di inizio dei sintomi, ma di cui non si conosce lo stato clinico perché mai inserito. 

Nel momento in cui non si compila lo stato clinico ma si inserisce la data di inizio dei sintomi, l’Iss considera questo caso come sintomatico. Nel momento in cui però questa persona viene dichiarata guarita o deceduta o asintomatica senza una precedente indicazione dello stato clinico (cioè senza mai aver detto che sintomi presentava), l’Iss sposta il caso tra gli asintomatici. È quindi possibile che un caso in un primo momento sia considerato tra i sintomatici e in un secondo momento no perché la regione ha dichiarato la persona guarita senza inserire altri stati clinici.

Il problema è che la Lombardia ha migliaia di casi che hanno una data di inizio sintomi, ma non hanno uno stato clinico per i problemi della regione nel stare dietro ai casi e perché la piattaforma usata lo consente. L’Iss ha segnalato alla regione diverse volte il problema. Recentemente la regione ha iniziato a correggere i casi mettendoli come guariti. Adesso questi casi hanno ancora una data di inizio sintomi, ma essendo stati classificati come guariti e non essendo stato indicato un precedente stato sintomatico, l’Iss li ha spostati negli asintomatici. 

Il problema con il calcolo di Rt si è verificato dopo questa revisione. I casi con data di inizio dei sintomi ma senza alcuna indicazione dello stato clinico e della conclusione della malattia (e quindi sintomatici per l’Iss) erano tanti in un certo periodo, ma quelli del precedente periodo erano stati ridotti notevolmente perché seppur con data di inizio dei sintomi erano stati classificati come guariti senza altre indicazioni dello stato clinico (e quindi asintomatici) uscendo così dal calcolo di Rt. 

Facendo un esempio pratico molto semplificatorio:, se questa settimana abbiamo 140 casi e in quella precedente 100, Rt sarà pari a 1,4 (140 diviso 100). Ma se in quella precedente riclassifichiamo parte dei casi, diciamo 25, spostandoli da sintomatici a asintomatici, Rt diventerà 1,9 (140 diviso 75).

Questo problema colpisce la regione da diverso tempo, ma solo la settimana scorsa il database della sorveglianza è stato aggiornato risolvendolo. In particolare, nel database tra il 13 e il 20 gennaio ci sono stati i seguenti cambiamenti sugli stessi casi considerati:

  • totale casi: 501.902 → 501.902
  • casi con data di inizio sintomi: 419.362 → 414.487 
    • casi con data inizio sintomi con indicazione di uno stato sintomatico o informazione assente (considerati sintomatici, inclusi in Rt): 185.292 → 167.638 
    • casi con data inizio sintomi ma dichiarati asintomatici o guariti/deceduti senza precedenti stati clinici (considerati asintomatici, esclusi da Rt): 234.070 → 246.849.

Quindi, la regione Lombardia ha rimosso 17.654 casi che entravano nel calcolo di Rt ma che non dovevano esserci e ha aggiunto 12.779 casi in quelli che non entrano nel calcolo di Rt. In tutto questo ci sono quindi 4.875 casi a cui è invece stata rimossa del tutto la data di inizio sintomi. 

Nella settimana che va dal 15 al 30 dicembre, quella considerata per il calcolo di Rt, i casi sintomatici veri con una data di inizio sintomi sono quindi passati da 14.148 a 4.918. Questa forte riduzione dei casi ha permesso di ridurre Rt. 

Va tenuto presente che comunque il problema della regione era l’assenza di stato clinico. Se loro lo avessero inserito per tutti i casi con data di inizio sintomi, come si dovrebbe fare, allora non ci sarebbe stato alcun problema e dichiarare guariti (o deceduti) i casi non avrebbe cambiato nulla. 

Guardando i grafici che vengono rilasciati settimanalmente dall’Iss si vede come da una settimana all’altra nella seconda metà di dicembre siano stati rimossi molti casi con data di inizio sintomi (quelli in blu), mentre quelli per la data di prelievo del tampone (in verde acqua) sono rimasti uguali.

Le strane teorie di Fontana

Complessivamente appare chiaro come la colpa sia della regione Lombardia e dei suoi problemi nel seguire l’evoluzione dei casi. L’Iss inoltre aveva già fatto presente alla regione il problema, ma quest’ultima non l’ha sistemato. 

Va anche considerato che l’Iss il mercoledì fa i calcoli su cosa dà il monitoraggio, poi invia i risultati alle regioni che li controllano. I tecnici della regione Lombardia giovedì 14 gennaio non hanno segnalato errori all’Iss: il valore di Rt validato anche dalla regione ha così portato la Lombardia a essere inclusa nella zona rossa.

Il presidente Fontana ha però negato che la colpa fosse della regione Lombardia. Sabato durante una conferenza stampa ha detto che “noi non abbiamo mai sbagliato a dare i nostri dati, non abbiamo mai rettificato i nostri dati” e che “se c’è un errore non è un errore nostro, non è un errore nell’indicazione dei nostri dati”, nonostante sia appurato che l’errore fosse loro. L’Iss infatti non ha alcun potere di modificare i dati che riceve, ma li rielabora solo. 

Fontana ha anche dichiarato che l’Iss userebbe un “algoritmo segreto che hanno e usano solo a Roma”. Ma il metodo decisionale con cui decidono i colori delle zone è pubblico (l’analisi del rischio è contenuta in un decreto sin da aprile 2020) e lo script per calcolare Rt è disponibile da inizio dicembre sul sito dell’Iss, così come una spiegazione molto tecnica e dettagliata di come funziona il calcolo di Rt. 

 

I problemi della regione Lombardia

In tutto questo, va comunque osservato che non è la prima volta che la Lombardia rettifica i dati sintomatici. Tra il 6 e il 7 agosto oltre 8.500 casi sintomatici con una data di inizio dei sintomi compresa tra marzo e luglio (ma in particolare a maggio) furono riclassificati come asintomatici. 

Inoltre, la regione Lombardia ha diversi problemi nel monitorare i casi. Anche a seguito della revisione ci sono comunque 264.849 casi che hanno una data di inizio dei sintomi ma che sono asintomatici o dichiarati guariti/deceduti senza altre indicazioni. Come fanno a esserci più di 260mila casi con una data di inizio dei sintomi, ma senza sintomi? Qualcosa non funziona nella raccolta dei dati in Lombardia.

Questo è un problema che comunque non colpisce esclusivamente la Lombardia. L’Iss segnala ad esempio a oggi che in Italia ci sono 1.339.181 casi con una data di inizio sintomi, ma quelli davvero sintomatici sono 1.046.617. Si tratta di 290.000 casi sintomatici “fantasma”.

Inoltre, la regione ha dei problemi anche nel collezionare i dati sull’inizio dei sintomi. Secondo l’ultimo rapporto dell’Iss nella settimana 11-17 gennaio solo il 68% dei casi notificati come sintomatici nell’ultimo mese aveva una data di inizio dei sintomi (indicatore 1.1). La soglia affinché il dato sia valido è il 60% e la Lombardia è la peggiore regione sotto questo punto di vista. La seconda regione a fare peggio è la Calabria con il 75%, ma regioni come l’Emilia Romagna, il Piemonte o il Veneto sono sopra il 90% e vicine al 100%. 

In Lombardia ci sono quindi centinaia di  casi sintomatici che dovrebbero entrare nel calcolo di Rt ma non lo fanno perché la data di inizio sintomi è sconosciuta. Questo rende meno affidabile la stima di Rt. 

 

Conclusione

In conclusione, la responsabilità dell’errore è da ricondurre alla regione Lombardia e ai suoi problemi nella raccolta dei dati, nonostante le teorie di Fontana. Se la regione avesse indicato fin da subito lo stato clinico dei pazienti per cui avevano una data di inizio dei sintomi, la stima di Rt sarebbe stata giusta. Il problema in sé è questo e non la mancata dichiarazione di guarigione. 

Allo stesso tempo potrebbe essere una buona idea ripensare al sistema di  monitoraggio per ridurre il peso nel decidere le restrizioni che ha Rt, la cui stima è influenzata dalla raccolta dati e dalla loro classificazione.

Un sistema con un altro ruolo per Rt, con un minore numero di indicatori e una maggiore trasparenza nei dati utilizzati, potrebbe migliorare la comprensione del sistema e ridurre gli errori, evitando che accadano nuovamente situazioni simili.

Lorenzo Ruffino

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