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Dove si voterà nel 2021 e perchè saranno elezioni importanti

Quest’anno numerosi appuntamenti elettorali misureranno il peso della democrazia nel mondo. Ecco i 7 appuntamenti a cui non mancare.

Il 2020 è stato un anno cruciale in termini di elezioni, ma il dilagare della pandemia ha determinato il rinvio di svariati appuntamenti elettorali – come quello in Etiopia o ad Hong Kong. Molti altri avranno invece regolarmente luogo nell’anno corrente come previsto dai calendari elettorali nazionali. Nel 2021 milioni di elettori saranno infatti chiamati alle urne in tutto il mondo per esprimere le loro preferenze. Di seguito abbiamo presentato sette elezioni chiave che si terranno quest’anno e che possono potenzialmente modificare lo scenario internazionale.

 

Ecuador

Il 7 febbraio sarà il turno dell’Ecuador, con il rinnovo della presidenza e dell’Assemblea Nazionale. Principali avversari del presidente Moreno – al governo dal 2017 – saranno il candidato di centrodestra Guillermo Lasso e il trentacinquenne Andres Arauz, politico di sinistra già noto per aver lavorato nel precedente governo Correa. Tutti i candidati dovranno comunque confrontarsi con un’opinione pubblica che ha perso la fiducia nelle istituzioni e con un Paese in cui votare non è un diritto, bensì un obbligo.

 

Germania

Anche la Germania si appresta a vivere un 2021 ricco di appuntamenti elettorali. A partire da marzo sei Länder (Baden-Württemberg, Renania-Palatinato, Turingia, Bassa Sassonia, Meclemburgo-Pomerania Anteriore, Berlino) andranno al voto, mentre il 26 settembre si voterà per il rinnovo del Bundestag. L’assenza di Angela Merkel, che dopo quattro mandati ha annunciato il suo ritiro dalla politica, rappresenta una svolta storica che potrebbe dar vita ad un’insolita coalizione guidata da un nuovo Cancelliere.

Attualmente l’SPD è l’unico partito ad aver presentato un candidato ufficiale, ovvero il Ministro delle Finanze Olaf Scholz. Per i Grünen, al momento il secondo partito del Paese, i due potenziali candidati alla cancelleria sono Annalena Baerbock e Robert Habeck.

Il recente congresso della CDU ha eletto Armin Laschet nuovo leader del partito. Il governatore della Renania Settentrionale-Vestfalia ha prevalso al ballottaggio ottenendo 521 voti contro i 466 di Friedrich Merz, ma la sua candidatura a Cancelliere resta incerta.

 

Perù

L’11 aprile anche il Perù si prepara a eleggere un nuovo presidente, dopo che lo scorso anno il leader in carica Martín Vizcarra era stato ingiustamente rimosso dall’incarico con l’accusa di corruzione. Il presidente era stato poi succeduto dal conservatore Manuel Marino, rimasto al potere appena cinque giorni a causa delle violente proteste che ne erano seguite. Vizcarra è infatti riconosciuto come uno dei leader peruviani più popolari per aver provato a spazzare via la corruzione dal Paese.

Dopo le dimissioni di Marino, il Parlamento ha eletto presidente ad interim il centrista Francisco Sagasti che ora dovrà guidare il Paese fino allo svolgimento delle prossime elezioni.

 

Regno Unito

Il 6 maggio sarà invece la volta del Regno Unito in cui si terranno le elezioni di oltre cento English local councils e verranno eletti i sindaci di diverse città inglesi, Londra compresa. Nella capitale, dove la corsa a sindaco è stata rinviata di un anno a causa della pandemia, l’attuale sindaco laburista Sadiq Khan resta in testa ai sondaggi, in netto vantaggio sull’avversario conservatore Shaun Bailey.

Lo stesso giorno si voterà anche per il rinnovo del parlamento scozzese e del Senedd – il parlamento gallese. Le elezioni in Scozia saranno un chiaro indicatore del desiderio di indipendenza ripetutamente espresso anche dalla Premier scozzese Nicola Sturgeon, che ha promesso un nuovo voto sull’indipendenza in caso di riconferma dell’SNP (Scottish National Party) e che, come è noto, ha come obiettivo quello di far tornare la Scozia nell’Unione Europea.

 

Etiopia e Iran

Nel giugno 2021 a votare saranno l’Etiopia – per  l’elezione del nuovo Parlamento e del primo ministro – e l’Iran – dove si eleggerà un nuovo presidente.

Nel paese africano, l’appuntamento era stato rinviato al nuovo anno a causa della pandemia, alimentando le tensioni fra l’opposizione e il Governo, accusato di voler allungare il proprio mandato di nove mesi.

I rapporti fra le due forze politiche erano però già stati compromessi dalla decisione del primo ministro Abiy Ahmed di trasformare l’Ethiopian People’s Revolutionary Democratic Front (EPRDF) – principale partito etiope – nel Prosperity Party. Il nuovo partito ha infatti abbandonato la retorica nazionalista, in nome di una nuova armonia nazionale che superasse le divisioni etniche.

Dopo la formazione del PP, tuttavia, il Tigray’s People Liberation Front (TPLF), ex membro dell’EPRDF, ha visto le proprie aspirazioni federaliste rimanere inascoltate ed è passato all’opposizione, nel tentativo di formare una coalizione federalista che possa presentarsi come l’alternativa all’EPRDF alle prossime elezioni.  Intanto, però, le tensioni con il Governo sono accresciute al punto che nel settembre 2020, dopo lo svolgimento di autonome elezioni regionali nella regione del Tigray – subito giudicate illegittime dalla capitale – Abiy Ahmed ha disposto l’avvio di un’offensiva militare contro l’area, costringendo oltre 50.000  civili ad abbandonare le proprie abitazioni.

In Iran, il 2021 segnerà la fine del secondo mandato consecutivo del presidente Hassan Rouhani caratterizzato dallo scontro con Trump, dalla pessima gestione della pandemia e dall’ostilità del Majles, il parlamento iraniano che è nelle mani di conservatori e ultraconservatori da febbraio 2020.

La scelta del prossimo leader iraniano alle presidenziali del 18 giugno sarà cruciale in quanto inciderà sul rapporto con l’amministrazione entrante di Biden, che intende riportare gli USA nell’accordo JCPOA, e dunque anche sulle attività nucleari iraniane.

 

Hong Kong

Il calendario elettorale si concluderà a settembre ad Hong Kong. In seguito al successo dell’opposizione democratica nelle elezioni dei consigli distrettuali locali del 2019, la svolta democratica di Hong Kong è stata interrotta lo scorso agosto dall’annuncio del rinvio del voto per il Consiglio legislativo a settembre 2021. In molti sospettano che dietro a tale scelta, ufficialmente motivata dalla pandemia, si celi l’ingerenza di Pechino. Prima del rinvio, la governatrice Carrie Lam aveva infatti respinto la candidatura di 12 esponenti democratici tra cui il volto delle proteste Joshua Wong, attualmente in arresto con l’accusa di “sovversione”.

Il futuro dell’ex colonia britannica resta incerto, mentre continuano le proteste della popolazione. Non mancano anche le dimostrazioni di dissenso da parte dei legislatori democratici rimasti, che a novembre hanno annunciato le loro dimissioni in massa come gesto di solidarietà verso i quattro colleghi rimossi dal proprio incarico in seguito alla risoluzione del Comitato permanente del Congresso Nazionale del Popolo, la quale prevede la squalifica dei legislatori che intendono riconoscere apertamente l’indipendenza di Hong Kong (non riconoscendo quindi la sovranità della Cina).

Martina Santi

Alice Germano

Dopo la laurea triennale in Scienze Internazionali e Diplomatiche ottenuta tra Gorizia e Kaunas, mi sono appassionata allo spazio post sovietico e post comunista che ho approfondito con un International Master presso le Università di Glasgow, di Tartu e l'Università Jagellonica di Cracovia.

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