Due giorni di impegni elettorali aspettano il Cile nel prossimo weekend, per l’elezione dei sindaci di 346 comuni e dei consiglieri regionali. Particolarmente importante è però l’elezione dei governatori di regione, gli intendendes, che per la prima volta verranno eletti tramite voto popolare e non più per nomina presidenziale.
L’attenzione è rivolta soprattutto alla Regione Metropolitana di Santiago, in cui vivono 8 milioni di abitanti. Un sondaggio commissionato dal quotidiano El Mercurio indica come principale preferenza il candidato di Unidad Constituyente, Claudio Orrego, dato al 30,5%. UC è un patto elettorale di centro-sinistra nato per l’elezione dei governatori regionali e raccoglie al suo interno diverse istanze politiche come il Partito Radical, la Democracia Cristiana o il Partido Socialista.
Dietro a Orrego segue la candidata della colazione di centro destra Chile Vamos, Catalina Parot, con il 20,2%. La sconfitta della Parot segnerebbe un duro colpo per il presidente Piñera, in quanto leader della coalizione. Tuttavia, se questi numeri dovessero essere confermati dalla votazione del 15-16, nessuno dei due candidati avrà la percentuale sufficiente per l’elezione al primo turno (40%) e bisognerà andare al ballottaggio.
Oltre alle amministrative, i cileni dovranno eleggere anche 155 membri della Convención Constitucional, un’assemblea costituente che avrà l’incarico di redarre una nuova carta costituzionale cilena. L’attuale Costituzione è infatti ancora quella entrata in vigore durante il regime militare di Pinochet, sebbene il testo sia stato revisionato ampiamente nel corso delle legislature.
Tuttavia, la carta presenta ancora molti limiti che chiedono di essere superati: una delle maggiori difficoltà è infatti l’approvazione delle riforme strutturali di cui il paese avrebbe bisogno. Ma la larga maggioranza richiesta sulle votazioni parlamentari (2/3 dei membri del congresso) spesso è di ostacolo all’approvazione di tali riforme.
Inoltre, l’attuale Costituzione cilena presenta un forte impianto liberale, che riconosce un ruolo marginale allo Stato nella gestione dei servizi pubblici.
Così, nell’ottobre 2020, il presidente Piñera ha concesso un referendum popolare per chiedere direttamente ai cittadini se fossero intenzionati a una totale riscrittura della Costituzione. Una richiesta accolta con il 78,3% dei voti.
Nella stessa giornata, era poi stato chiesto ai cittadini di decidere sulla conformazione dell’assemblea costituente. Le alternative erano due: una composizione mista, formata per metà da rappresentanti appositamente eletti e per metà da membri del parlamento, o un organo interamente eletto per l’occasione. Alla fine, la scelta è ricaduta con larga maggioranza (79%) su un organo ad hoc, paritario – ossia in cui uomini e donne sono rappresentanti nella stessa percentuale – e in cui è presente anche la minoranza indigena, con 17 esponenti su 155 membri totali.
Dopo le votazioni del 15-16 maggio la Convención Constitucional avrà poi nove mesi per redigere il nuovo testo, il quale sarà sottoposto ad un nuovo referendum nel 2022 per la sua definitiva approvazione e successiva entrata in vigore.
Dal rialzo del biglietto del pullman alla revisione della Carta Costituzionale
La decisione di Piñera di concedere un referendum popolare arrivava dopo le drammatiche proteste del 2019, scatenate dal rialzo del costo del biglietto della metropolitana di 30 pesos. In realtà si trattava di un rincaro minimo, ma la decisione del governo aveva scatenato un movimento di protesta proseguito per settimane e sfociato in una guerriglia urbana. Saccheggi, incendi, atti di vandalismo e oltre trenta morti avevano infine convinto il presidente e molti dei partiti originariamente contrari alla modifica costituzionale ad accogliere le istanze dei movimenti civili sul referendum.
Originariamente la votazione popolare si sarebbe dovuta tenere ad aprile 2021, ma il Governo si è ritrovato a posticipare l’appuntamento di un mese a causa della situazione pandemica. La mossa è stata è però criticata delle forze di opposizione, che accusano il governo di non aver preso sufficienti misure per contenere l’emergenza sanitaria. Sebbene il Cile abbia portato avanti un’ottima campagna vaccinale, questa non è stata infatti affiancata anche da sufficienti misure restrittive. Al contrario, il governo ha concesso l’alleggerimento di tali misure, con un conseguente aumento dei contagi che ad aprile è diventato l’argomentazione del presidente per il rinvio delle elezioni.
La speranza dei partiti di sinistra e della popolazione cilena è che il voto del 15 e 16 maggio rappresenti l’evoluzione naturale delle proteste che nel 2019 contestavano al governo una drammatica diseguaglianza socio-economica fra cileni. Ci si aspetta che la nuova Costituzione vada infatti ad allargare il ruolo dello Stato, superando la privatizzazione di servizi come l’istruzione e la sanità – che attualmente sono la principale causa del grave indebitamento della classe media.
In questo modo, verrebbe garantita una migliore protezione sociale e redistribuzione, in un paese in cui l’1% della popolazione detiene il 26,5% della ricchezza complessiva. Con lo stesso presidente Piñera che dispone di un patrimonio stimato di circa 3 miliardi di dollari.
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