Il 2 e il 3 giugno del 1946 l’Italia fu chiamata al voto per decidere quale forma istituzionale avrebbe voluto adottare dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e chi avrebbe dovuto scrivere la nuova Costituzione. Avevano diritto al voto 28 milioni di cittadini e per la prima volta in un’elezione nazionale votarono anche le donne.
Il referendum: Repubblica o Monarchia?
Nel 1944 il governo formato dal Comitato di liberazione presieduto da Ivanoe Bonomi decise, in accordo con la Corona, che a fine guerra si sarebbe tenuto un referendum per decidere se l’Italia sarebbe rimasta una Monarchia o sarebbe diventata una Repubblica. A gennaio del 1945, con il Nord Italia ancora occupato, si decise di riconoscere il suffragio universale e a marzo 1946 si convocò il referendum e l’elezione dell’Assemblea Costituente.
Al referendum gli elettori chiamati al voto furono 28.005.449. L’affluenza alle urne fu pari all’89,1%, con 24.946.878 votanti e 23.437.143 voti validi. Il voto alla Repubblica vinse con il 54,3% dei consensi (12.718.641 voti) e la Monarchia perse ottenendo il 45,7% (10.718.502 voti).
L’Italia era comunque un Paese diviso in due: il voto alla Repubblica vinse grazie ai voti del Nord, dove in media ottenne il 63% (vincendo ogni regione settentrionale più Toscana, Umbria e Marche), mentre da Lazio e Abruzzo in giù in ogni regione prevalse la Monarchia.
La provincia più repubblicana fu Ravenna (88,5%) e quella più monarchica Lecce (15% per la Repubblica). In totale, le province che votarono per la Repubblica furono 53 e quelle schierate per la Monarchia 36.
A livello di comuni, 4.099 votarono per la Repubblica e 3.081 per la monarchia: il comune più repubblicano fu Valfloriana (Trento) e quello più monarchico Bagnolo (Salento). Il comune con la maggior affluenza fu invece Pontinvrea (Savona) e quello con la minore affluenza Ronco Canavese (Torino): nel primo votò il 99,8% degli aventi diritto e nel secondo il 45,1%.
A non partecipare al voto furono l’Alto Adige (allora sotto amministrazione alleata), Gorizia e Trieste (che erano sotto amministrazione alleata e jugoslava).
L’Assemblea Costituente
All’elezione dell’Assemblea Costituente (si sarebbero dovuti eleggere 573 deputati, ma per via delle zone che non poterono votare ne furono eletti 556) votarono 24.947.187 persone, l’89,1% degli elettori. A vincere furono i partiti repubblicani che ottennero circa l’80% dei consensi, sensibilmente di più dei voti che ricevette la Repubblica al referendum.
La Democrazia Cristiana fu il primo partito con il 35,2% dei voti, venendo seguita dal Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria al 20,7% e dal Partito Comunista Italiano al 18,9%. Tutti gli altri partiti si fermarono al di sotto del 10%.
La geografia elettorale di quelle elezioni mostrò una Democrazia Cristiana dominante in gran parte del territorio italiano e in particolar modo nel Sud e nel Nord-Est. Il Partito Comunista, invece, ottenne i suoi migliori risultati in Emilia Romagna, Toscana e Umbria, mentre il PSIUP invece andò meglio nel Nord Italia.
La Democrazia Cristiana fu il primo partito in 65 province, il PCI in 18 e il PSIUP in 4. Il Fronte Democratico Progressista Repubblicano, un’alleanza regionale tra PdA, PCI, PSI e PRI, vinse in Valle d’Aosta.
Nota: le due mappe sono basate sul file dei confini provinciali del 1936 diffuso da Istat. Abbiamo poi aggiunto la provincia di Caserta e rivisto i confini delle province di Torino e Aosta.
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