L’autunno prossimo milioni di cittadini italiani andranno al voto per eleggere i nuovi sindaci, compresi quelli di città molto grandi come Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna. Mentre in molti casi i partiti e le coalizioni stanno faticando a trovare un candidato ufficiale, chi sicuramente sarà sulla scheda elettorale sono due sindaci uscenti come Virginia Raggi e Beppe Sala.
I due corrono con ambizioni ben diverse. Se Beppe Sala parte da favorito e può addirittura sperare di vincere al primo turno, Virginia Raggi punta ad arrivare al ballottaggio per giocarsi le sue chances in una sfida molto incerta, dopo cinque faticosi anni alla guida della capitale.
Ma quanto è difficile la vita per un sindaco uscente? Per capirlo abbiamo analizzato la storia elettorale di 33 comuni maggiori, ovvero tutti i capoluoghi di regione più i comuni sopra i 150.000 abitanti, a partire dal 1993, anno in cui è stata introdotta l’elezione diretta del sindaco, rendendo quella del primo cittadino una delle figure simbolo della crescente personalizzazione della politica.
La rielezione non è più una formalità
Partiamo da un bilancio complessivo: in 3 casi su 4 (75%) il sindaco che si ripresenta viene rieletto. Un numero alto, ma che si è molto abbassato negli anni, dopo che a cavallo fra la fine degli anni ‘90 e gli anni 2000 la rielezione era diventata quasi una formalità (fra il 1999 e il 2003 tutti i sindaci uscenti che si sono ricandidati hanno ottenuto un secondo mandato).
Il dato cresce oltre l’80% per i sindaci che la prima volta sono stati eletti al primo turno, mentre scende poco sopra il 70% per chi precedentemente era stato costretto al ballottaggio. A conquistare la rielezione sono soprattutto i sindaci del centro Italia, che hanno ottenuto un secondo mandato l’80% delle volte (contro il 76,7% dei sindaci meridionali e il 71% dei sindaci dell’Italia settentrionale).
Un grosso discrimine è anche la coalizione di elezione. I sindaci di centrosinistra hanno ottenuto un secondo mandato nell’83% dei casi, contro il 63% dei sindaci di centrodestra.
La seconda volta i sindaci prendono più voti, ma non sempre
In media i sindaci che si sono ricandidati hanno incrementato i loro voti di pochi decimali, ottenendo un +0,29%. A fare la differenza è però soprattutto il risultato dei sindaci del centro Italia, che quando si ricandidano hanno ottenuto mediamente 3 punti in più rispetto alla prima volta. Calano invece i sindaci uscenti al sud (-0,58%) e al nord (-0,44%).
Si tratta ovviamente di una media con estremi molto distanti. Ad esempio nel 2019 il sindaco di Perugia Andrea Romizi è stato rieletto con il 59,8% dei consensi, oltre 33 punti in più rispetto al primo turno di cinque anni prima. Un risultato avvicinato solo da Antonio Bassolino, rieletto a Napoli nel 1997 con 31 punti in più del 1993, sfiorando il 73% dei consensi. Federico Pizzarotti è il sindaco che è riuscito a ottenere un secondo mandato avendo ottenuto il risultato più basso alla prima elezione (appena il 19,5% al primo turno).
Fra i risultati più deludenti per un sindaco uscente vanno invece citati quello di Luigi Di Bartolomeo, ex presidente della Regione Molise che nel 2009 divenne sindaco di Campobasso per il centrodestra con oltre il 56% al primo turno, ma cinque anni dopo ottenne solo il 9%, complice lo svuotamento della coalizione che lo aveva sostenuto. Simile anche il caso di Adriano Sansa, che ottenne solo il 13,8% quando nel 1997 si ricandidò a sindaco di Genova senza però l’appoggio dei partiti di centrosinistra.
In generale solo in dieci casi, fra le 88 elezioni prese in considerazione, un sindaco uscente ha ottenuto meno del 33,3% al primo turno, e sette di questi casi si sono verificati dal 2013 in poi, ovvero da quando il Movimento 5 Stelle è entrato in Parlamento. Ancora meno, solo quattro, sono gli incumbent che hanno ottenuto meno del 25%: oltre ai due casi sopra citati, si tratta di Accorinti a Messina nel 2018 (ottenne il 14%, ma cinque anni prima fu eletto con appena il 24% al primo turno) e Formentini, eletto sindaco di Milano nel 1993 e poi sconfitto da Albertini nel 1997, raggiungendo solo il 19%.
Roma e Milano
Nelle due principali città italiane gli ultimi sindaci che sono riusciti a farsi rieleggere l’hanno fatto nei primi anni 2000.
Nel 2006 Walter Veltroni ottenne un secondo mandato col 61% dei voti al primo turno, ben di più del 48% che cinque anni prima l’aveva costretto al ballottaggio. Prima di lui era stato Francesco Rutelli a ottenere la rielezione nel 1997, anche lui superando il 60%, oltre 20 punti in più rispetto al primo turno del 1993. Dopo Veltroni ha provato a trovare un secondo mandato solo Gianni Alemanno, sconfitto da Marino nel 2013 con appena il 30% delle preferenze al primo turno.
A Milano, invece, un solo sindaco è riuscito a farsi rieleggere: Gabriele Albertini. Dopo aver ottenuto il 40% nel 1997, nel 2001 superò il 57%, complice l’allargamento della sua coalizione alla Lega Nord (oltre che a Forza Italia). Nel 1997 Albertini aveva infatti sconfitto, fra gli altri, il sindaco uscente Formentini, candidato proprio dalla Lega. Dopo Albertini, solo Letizia Moratti ha cercato un secondo mandato, finendo sconfitta da Pisapia nel 2011 (ottenendo 10 punti in meno al primo turno rispetto al 2006).
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