A luglio l’Istat ha pubblicato il suo rapporto annuale in cui ha sistematizzato tutti i dati raccolti nel corso del 2020, tra cui quelli sulla demografia. La pandemia di Sars-Cov-2 ha infatti pesantemente influenzato le tendenze demografiche del nostro Paese.
Meno matrimoni
Nel 2020 si sono celebrati 87.000 matrimoni in meno del 2019, per un calo pari al 48%. A essere particolarmente colpiti sono stati i matrimoni religiosi, i quali hanno registrato una diminuzione del 68%; in calo del 29% sono stati invece i matrimoni con rito civile. Questo ha fatto sì che i matrimoni civili siano stati il 70% nel 2020 rispetto al 53% del 2019.
Il mese col maggiore calo di matrimoni rispetto allo stesso mese dell’anno prima è stato aprile (con un calo superiore al 90%), per via del lockdown nazionale che è stato applicato. Il numero di matrimoni è risalito nel periodo estivo, per poi tornare a calare fortemente a novembre e dicembre.
L’Istat osserva che da settembre 2020 si è osservata una distinzione nei matrimoni in base al livello di istruzione della sposa. Tra ottobre e dicembre, infatti, al Nord il livello di istruzione è stato correlato al numero di matrimoni (maggiore è il livello di istruzione, maggiore è il numero di matrimoni), mentre al Sud questo fenomeno non si è visto, probabilmente per l’impossibilità di tenere i soliti festeggiamenti: il 56% dei matrimoni al Sud ha avuto almeno cento invitati contro il 39,3% al Nord. Rispetto al 2019, inoltre, a decidere di non sposarsi sono stati in particolar modo i lavoratori in proprio e gli occupati che hanno subito severi effetti economici a causa della crisi.
A essere crollati sono anche stati divorzi e separazioni. Sono calati del 60% quelli consensuali e tra il 40 e il 50% quelli giudiziari. Per separazioni e divorzi il calo è stato mitigato dalla possibilità offerta da alcuni tribunali, nel periodo dell’emergenza, di optare per modalità virtuali.
Meno nascite
Nel 2020 si è nuovamente superato il record negativo del minor numero di nascite. I nati sono stati 404.104, in calo del 3,8% rispetto al 2019 e di quasi il 30% in confronto al 2008, anno di massimo relativo più recente delle nascite. Il calo del 2020 è generalizzato sul territorio nazionale ma più accentuato al Nord-Ovest.
Bisogna comunque considerare che in questo caso l’impatto della pandemia è stato più limitato, almeno nel 2020. Nei primi dieci mesi il calo è stato del 2,7%, in linea con i dieci anni passati, ma da novembre il calo si è accentuato con un -8,2% che è diventato -10,3% a dicembre. Nel Nord-Ovest, più colpito dalla pandemia, a dicembre il calo ha toccato il 15,6%. Secondo l’Istat “si può senz’altro ritenere che la situazione di incertezza prevalsa con l’avvio del primo lockdown abbia influenzato la scelta di rinviare il concepimento”.
La contrazione delle nascite avvenuta tra dicembre 2020 e febbraio 2021 ha riguardato prevalentemente i nati all’interno del matrimonio, i nati da genitori stranieri, quelli con genitori molto giovani e i nati da madri con basso livello di istruzione. A marzo 2021 si è assistito a un parziale recupero dovuto ai nati da non coniugati, da genitori entrambi italiani, da madri tra i 35 e 44 anni e con alto livello di istruzione. Per quanto riguarda la cittadinanza dei genitori, nel periodo gennaio-ottobre 2020 si è osservata una diminuzione dei nati con cittadinanza straniera.
Le conseguenze sulla natalità
Secondo le stime dell’Istat, il calo dei matrimoni che si è avuto nel 2020 potrebbe aver portato a circa 34.000 nascite in meno rispetto al numero che si sarebbe registrato senza pandemia nel triennio 2021-2023: 13.500 nascite in meno solo nel primo anno, quasi 12.000 nel 2022 e oltre 8.000 nel 2023.
L’eccesso di mortalità
Nel 2020 in Italia si sono registrati 746.146 decessi, 100.526 in più rispetto alla media 2015-2019 (15,6% di eccesso).
La mortalità dell’intero Paese, misurata attraverso i tassi di mortalità standardizzati per età, ha registrato nel 2020 un aumento del 9% rispetto alla media del quinquennio 2015-2019; le regioni che hanno subito aumenti significativamente più alti sono il Piemonte, la Valle d’Aosta, la Lombardia e la Provincia autonoma di Trento. Un caso in controtendenza è invece quello del Lazio, l’unica Regione a segnare un tasso di mortalità standardizzato nel 2020 leggermente inferiore al quinquennio precedente. L’eccesso di mortalità è spiegato per il 76% dal maggior numero di deceduti tra chi ha oltre 80 anni e per il 20% dalle morti tra chi ha 65-79 anni.
La speranza di vita alla nascita, senza distinzione di genere, è scesa a 82 anni, 1,2 anni sotto il livello del 2019: per osservare un valore analogo occorre risalire al 2012. La speranza di vita alla nascita per gli uomini è scesa a 79,7 anni, ossia 1,4 anni in meno dell’anno precedente, mentre per le donne si è attestata a 84,4 anni, cioè un anno in meno.
Si sono ridotte le migrazioni interne e internazionali
La drastica diminuzione della mobilità dovuta alle misure di contenimento sanitario ha comportato una riduzione sostanziale del volume delle migrazioni interne e internazionali.
L’andamento dei flussi migratori nel 2020 ha segnato un minimo nel mese di aprile 2020, in coincidenza con le restrizioni più drastiche agli spostamenti: rispetto a gennaio, ad aprile dell’anno scorso la mobilità residenziale si è ridotta del 64%, mentre le iscrizioni dall’estero sono calate del 75% e le cancellazioni per l’estero del 62%.
Con l’allentamento delle misure, a ottobre 2020 si è registrato un ritorno ai livelli pre-pandemia, tranne che per i flussi in uscita dall’Italia, che hanno continuato a restare contenuti. In seguito, si è osservata una nuova riduzione in corrispondenza delle nuove misure restrittive, ma di misura più limitata.
In conclusione
La crisi pandemica ha esercitato un forte impatto sui comportamenti demografici. L’eccesso di mortalità ha ridotto in maniera sensibile la speranza di vita della popolazione in modo non omogeneo sul territorio, penalizzando maggiormente le aree del Nord.
Il 2020 è stato segnato da un nuovo minimo storico di nascite dall’Unità d’Italia e da un massimo di decessi dal secondo dopoguerra, oltre che da un sensibile minor numero di matrimoni. Gli effetti sulla dinamica demografica prodotti dall’epidemia hanno accelerato la tendenza al declino già in atto da alcuni anni: la popolazione residente è infatti risultata inferiore di quasi 400 mila unità rispetto al 2019.
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