Da circa venti giorni in Italia le diagnosi di infezione da Sars-Cov-2 sono tornate ad aumentare dopo mesi di calo. Questo è dovuto alla diffusione della variante Delta, una versione del virus sensibilmente più trasmissibile.
La crescita dei casi
La scorsa settimana si sono registrati 16.176 casi, quella precedente 7.972 e quella ancora prima ancora 5.260. Nei primi due giorni di questa settimana è stata registrata una variazione pari al +130% rispetto ai primi due giorni di quella precedente. Inoltre il contagio, a differenza di prima, adesso si concentra nella parte della popolazione più giovane.
L’indice di riproduzione effettiva Rt, superiore a 1 sin dal 25 giugno, al 14 luglio risultava già pari a 1,5. Rt è calcolato a partire dal numero di persone sintomatiche per data di inizio dei sintomi e, considerando che il tempo che passa tra il contagio e lo sviluppo dei sintomi è in media di cinque giorni, possiamo stimare che i casi sintomatici stiano crescendo da circa un mese.
L’aumento dei casi riguarda praticamente tutte le regioni, ma con intensità diverse. Le regioni con il maggior aumento sono il Lazio, la Sardegna, la Sicilia e il Veneto, mentre le regioni che sono più o meno stazionarie sono l’Abruzzo, il Friuli Venezia Giulia, la Puglia e la Valle d’Aosta.
Il tasso di positività calcolato sui tamponi molecolari, cioè il numero di casi positivi in relazione al numero di tamponi effettuato, negli ultimi due giorni è diventato superiore al 3,5% ed è raddoppiato rispetto alla settimana passata. Questo evidenzia come l’aumento dei casi non sia dovuto al maggior numero di tamponi, bensì a una maggiore circolazione virale.
La situazione ospedaliera
A livello ospedaliero, attualmente, la situazione è complessivamente buona. I vaccini impediscono infatti di sviluppare forme gravi di Covid-19 evitando l’ospedalizzazione e il decesso. Allo stesso tempo, bisogna considerare che circa due milioni di persone con più di 60 anni, quelle a maggiore rischio in caso di contagio, hanno deciso di non vaccinarsi: con un’alta circolazione del virus questo può diventare problematico.
Nonostante una situazione complessivamente buona, negli ultimi giorni c’è statoun leggero aumento del numero di persone a cui servono le cure ospedaliere. Gli ingressi in terapia intensiva erano arrivati a essere circa cinque al giorno in media e ora sono saliti a dieci. Certo, si tratta comunque di livelli molto bassi, considerando che nei mesi scorsi si arrivò a oltre duecento ingressi al giorno.
I dati dei nuovi ricoveri in ospedale non vengono forniti giornalmente dalla Protezione Civile, che rilascia solo i dati del numero di persone attualmente ricoverate. L’Istituto Superiore di Sanità fornisce invece questi dati, che però impiegano tempi più lunghi per essere consolidati, dal momento che ogni giorno si notificano anche dati “vecchi”. In ogni caso, si è passati da un minimo di 60 nuovi ricoveri ad almeno 77: questo dato sarà rivisto al rialzo nei prossimi giorni, anche se potrebbe essere molto sottostimato.
Bisogna infine tenere conto che, stando alla media degli ultimi mesi, dei casi diagnosticati giornalmente in Italia circa l’8% è stato poi ricoverato e l’1,3% è entrato in terapia intensiva. Si tratta di due valori che oscillano tra il 6% e il 12% per i ricoveri e tra lo 0,6% e il 2% per le terapie intensive, ma complessivamente abbastanza costanti nel tempo.
In conclusione
L’Italia sta affrontando una ripresa dell’epidemia dovuta alla variante Delta. I casi e il tasso di positività stanno risalendo rapidamente, mentre gli ingressi in terapia intensiva e i ricoveri hanno smesso di calare e stanno crescendo leggermente. Si tratta comunque di numeri molto piccoli: i vaccini infatti funzionano contro la Covid-19, prevenendo le forme più gravi della malattia e anche l’infezione.
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