Domenica 3 e lunedì 4 ottobre circa dodici milioni di italiani saranno chiamati alle urne per l’Election day nazionale. Tra questi, circa un decimo voterà per decidere il prossimo Sindaco di Milano, insieme al Consiglio Comunale, ai Consigli di Municipio e ai relativi Presidenti.
La seconda città del Paese per numero di abitanti viene da anni di forte crescita su molti indicatori, da quelli economici a quelli demografici e di qualità della vita, con l’EXPO del 2015 che ha rappresentato il fulcro di questa fase di controtendenza alla recessione post crisi del 2008. L’arrivo del Covid-19 ha però visto la metropoli piombare improvvisamente nell’occhio del ciclone, segnando una forte battuta d’arresto su tutti i parametri. Il prossimo Sindaco di Milano dovrà quindi riuscire a traghettare la città definitivamente fuori dall’emergenza Covid e, al contempo, guidarla fino ai giochi olimpici invernali di Milano-Cortina in programma nel febbraio 2026.
Beppe Sala, incarnando lo spirito del “Manager dell’EXPO”, vinceva nel 2016 lo scranno di primo cittadino proprio all’indomani della chiusura dell’esposizione globale. Oggi si ricandida a guidare una città profondamente cambiata.
Cosa ci dicono le mappe del voto
Per tutta la Prima Repubblica Milano ha espresso sindaci di area socialista. Tra il 1993 e il 2011 si ha avuta una lunga fase di centro-destra guidata dai sindaci Formentini, Albertini e Moratti. Nel 2011 Giuliano Pisapia sconfisse poi Letizia Moratti al ballottaggio col 55,1% dei voti, riportando la città nelle mani del centro-sinistra.
Cinque anni dopo Beppe Sala confermerà la tendenza, ma in uno scenario già radicalmente mutato: l’affluenza del secondo turno passa dal 67,4% del 2011 al 51,8%, il ballottaggio viene vinto col 51,7% dei suffragi, 5 municipi su 9 tornano al centro-destra e la geografia politica di Milano cambia di nuovo volto.
Già prima della pandemia la città stava gradualmente cambiando faccia, con la Milano industriale e operaia del ‘900 che lasciava terreno alla Milano del terziario, dei servizi e del turismo. L’incremento del flusso di capitali ha aumentato il divario con il resto del Paese, con la percentuale di laureati in città che continua ad aumentare più rapidamente rispetto al dato nazionale, mantenendosi a valori più che doppi rispetto a quest’ultimo.
Su tutti questi fronti bastano però pochi chilometri per passare da un estremo all’altro. Le diseguaglianze sociali ed economiche a Milano erano una problematica tangibile già prima del 2020, ben più accentuate rispetto al resto della regione, del Paese e della gran parte delle metropoli europee. Con la pandemia che non ha fatto nulla per invertire la tendenza.
Infine, il mutamento delle fratture politiche, con un centro-destra sempre più forte tra i ceti svantaggiati e un elettorato di centro-sinistra sempre più istruito e benestante. Fratture che hanno trovato nella Milano degli ultimi anni una città ideale per svilupparsi e manifestarsi in tutta la loro divisività.
Le mappe elettorali, ancora una volta, traducono plasticamente le conseguenze di questi processi sul voto.
Milano negli ultimi anni ha registrato un consistente “swing a sinistra” rispetto al voto nazionale: la coalizione di centro-sinistra, alle Politiche del 2018, ha ottenuto un 14% in più rispetto al dato nazionale. Alle Europee del 2019 i punti percentuali di vantaggio erano 13, mentre se guardiamo al dato delle ultime Regionali, tenute insieme alle Politiche, Giorgio Gori a Milano ha avuto la meglio sul suo sfidante Attilio Fontana ottenendo il 41%, contro il 29% del dato regionale.
In definitiva, nella metropoli lombarda più che altrove, il colpo d’occhio testimonia due importanti caratteristiche dell’elettorato degli ultimi anni:
- La crescente affermazione del centro-sinistra nelle aree urbane;
- Il consolidamento di una netta frattura tra il centro (più a sinistra) e le periferie (più a destra).
I candidati
La scheda blu del capoluogo lombardo vedrà il nome di 13 candidati sindaco e 28 liste a sostegno.
Il centro-sinistra sostiene la rielezione del Sindaco uscente Beppe Sala, che ha sciolto le riserve allo scorso Sant’Ambrogio, il 7 dicembre. Cinque anni fa si era presentato da indipendente, sostenuto da cinque liste. Oggi si presenta con tre liste in più e in tasca la tessera di Europa Verde.
Un programma di continuità con i cinque anni trascorsi e di rilancio su numerosi temi. L’applicazione del concetto di “città da 15 minuti”, è forse tra i principali: già cavallo di battaglia dei candidati di area socialista di diverse metropoli europee, lo sviluppo di una “città da quindici minuti” ambisce a rendere disponibili tutti i servizi urbani a disposizione dei cittadini a una distanza massima di quindici minuti in bicicletta o a piedi, per metropoli sempre più a portata del singolo cittadino.
Luca Bernardo correrà invece per il centro-destra unito. Primario di Pediatria del Fatebenefratelli e impegnato da sempre nella lotta al bullismo, Bernardo è un nome lontano dalla politica ma non del tutto estraneo ad essa: nel 2006 si candidò infatti a sostegno di Letizia Moratti, senza però riuscire a entrare in Consiglio.
Bernardo sta attraversando la campagna elettorale con toni molto pacati, un po’ distanti da quelli del centro-destra nazionale: riferimenti alla sicurezza ma anche a una città inclusiva, a una Milano “Non da ricostruire ma da curare”, con una comunicazione che strizza l’occhio alla sua professione di medico. Il suo nome è uscito quasi a sorpresa a inizio luglio, ponendolo in una condizione di ritardo organizzativo rispetto a Sala che potrebbe finire per penalizzarlo.
Layla Pavone invece è la candidata del Movimento 5 Stelle. Laureata in Scienze Politiche ed esperta di advertising online, si è dimessa dal CdA del Fatto Quotidiano per correre alle amministrative. La fumata bianca per lei è arrivata meno di un mese fa, al termine di un confronto tra gli attivisti milanesi del Movimento e Giuseppe Conte, che sembrerebbe aver sparigliato le carte in tavola facendo saltare il nome di Elena Sironi inizialmente scelto dalla base.
Poche finora le sue uscite pubbliche: tra queste, spicca quella sul “Modello Londra”, con un board tra imprese e università per il governo della città. Pavone proverà a rilanciare le sorti del Movimento in una città in cui, per detta dello stesso Conte, “non ha mai brillato”.
A Milano correrà anche Gianluigi Paragone, ex pentastellato e leader di Italexit.
Ben nutrito lo schieramento di candidati collocabili a sinistra: i Socialisti per Milano si presentano con Giorgio Goggi, Gabriele Mariani è il nome di MilanoinComune e Bianca Tedone quello di Potere al Popolo. Tre i partiti dichiaratamente comunisti: il Partito Comunista candida Alessandro Pascale, il Partito Comunista Italiano Marco Muggiani e il Partito Comunista dei Lavoratori Natale Azzaretto.
Completano la scheda Bryant Biavaschi di Milano inizia qui, Mauro Festa per il Partito Gay e Teodosio De Bonis per i no-vax del Movimento 3V.
Sondaggi
A partire dal 51,7% del 2016 i sondaggi hanno sempre attribuito a Beppe Sala gradimenti superiori alla metà dei cittadini, ma il Governance Poll del Sole 24 ore di quest’anno lo vede per la prima volta sotto il 50% (49%). Forse alcune dichiarazioni troppo spinte e sicuramente l’assenza di candidati negli altri principali schieramenti ha fatto sì che nei primi mesi di pandemia il Sindaco in carica abbia vissuto una sovraesposizione mediatica che potrebbe non avergli giovato.
Ciò nonostante, alla vigilia del buio sui sondaggi (da sabato 18 settembre non si possono più pubblicare sondaggi fino al voto), rimane indubbiamente il candidato favorito.
I nomi di Bernardo e Pavone non sembrano aver convinto del tutto gli elettorati delle rispettive forze politiche: entrambi restano generalmente poco conosciuti ai cittadini, e gli istituti che hanno condotto più rilevazioni sui loro gradimenti hanno riscontrato un progressivo logoramento delle loro possibilità di vittoria nel corso della campagna elettorale.
Al contrario, Sala ha attraversato le settimane più calde dell’estate fluttuando nei sondaggi intorno al 45%, ma negli ultimi giorni ha visto la possibilità di vincere al primo turno pressoché equiprobabile al ballottaggio. Quest’ultimo scenario lascerebbe spazio a pochi dubbi sul nome dello sfidante, ravvisabile in Luca Bernardo.
Al secondo turno il sindaco uscente potrebbe essere ancora più avvantaggiato. La presenza alla sua sinistra di altri sei schieramenti, per quanto possa trattarsi di forze minori, rappresenta una quota di elettorato verosimilmente compresa tra il 5% e l’8% che difficilmente vedrebbe uno spostamento di voti su Bernardo.
Quanto ai Pentastellati, è Conte il primo a mostrarsi dialogante con il centro-sinistra milanese. Qualcuno addirittura ha paventato la possibilità di un accordo strutturato in vista del secondo turno, che tuttavia ad oggi sembrerebbe di difficile realizzazione.
Bernardo è un nome ancora poco conosciuto, ha un profilo molto improntato all’erosione dell’elettorato del centro, tanto geografico quanto politico. Su questi fronti però, Sala non sembra impreparato. D’altra parte, una forte partecipazione al voto delle periferie potrebbe essere d’aiuto al candidato del centro-destra, in una missione che si preannuncerebbe comunque tutt’altro che semplice.
Sarebbe in ogni caso un errore considerare già scritto l’esito finale: chissà che una campagna elettorale iniziata molto sottotono per tutti i candidati possa regalare qualche colpo di scena.
A cosa stare attenti
Innanzitutto, la percentuale di Beppe Sala al primo turno. Dall’introduzione dell’elezione diretta del Sindaco (1993) Milano ha eletto cinque sindaci in sei elezioni. Due di queste elezioni si sono concluse al primo turno, entrambe a favore del centro-destra: quelle del 2006 con l’elezione di Letizia Moratti, e quelle del 2001, che videro una partecipazione record (82,3%) per la riconferma di Gabriele Albertini.
Sul fronte Bernardo, sarà interessante osservare i rapporti di forza interni alla coalizione: cinque anni fa Forza Italia sopra il 20% doppiava la Lega, mentre Fratelli d’Italia si attestava sotto il 3%. In una città simbolo del centro-destra della Seconda Repubblica verificare gli esiti dello scontro interno costituisce sempre una buona cartina tornasole.
Nella coalizione di Sala invece, gli osservati speciali saranno i Verdi e la lista del Sindaco: in particolare, se quest’ultima arrivasse alla doppia cifra, il Sala-bis potrebbe profilarsi come un’esperienza più “civica”, riducendo l’imprinting di un Partito Democratico che non ha mai convinto il Sindaco fino in fondo.
I 5 Stelle, dal canto loro, si misurano all’indomani di uno stravolgimento interno che ha visto Conte molto preoccupato della scarsa adesione del centro-nord nelle operazioni di rilancio del Movimento.
Le presidenze dei municipi, a elezione diretta, saranno inoltre dirimenti per capire i mutamenti della città: Pisapia nel 2011 li conquistò tutti, Sala soltanto quattro su nove.
Infine, il voto per quartiere: Bernardo dovrà cercare di accreditarsi in centro senza venir meno all’elettorato dei quartieri periferici che hanno sostenuto compattamente il centro-destra alle scorse Europee. Sala invece quei quartieri dovrà riconquistarli, sfidando una tendenza che negli ultimi anni ha visto la sinistra penalizzata nelle periferie urbane del paese.
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