Lo scorso 30 agosto, per la prima volta, il tasso di disapprovazione popolare nei confronti di Joe Biden è stato superiore a quello di approvazione: il 47,5% contro il 47,2%. La fonte è la media di FiveThirtyEight, testata giornalistica americana nata nel 2008 che si occupa di analisi di dati, sondaggi e statistiche.
Le continue ricerche condotte sul giudizio dei cittadini americani sull’operato di Biden hanno testimoniato la parabola discendente che ha accompagnato il 46° presidente degli States soprattutto a partire dal mese di agosto. Fino al 31 luglio, infatti, Joe Biden godeva ancora del 51,5% di approvazione contro il 43,4% di pareri negativi. Nel giro di trenta giorni tali numeri si sono però quasi invertiti, sino ad arrivare al – momentaneo – picco di 49,2% di scontenti contro il 46% di soddisfatti. Dati che testimoniano che, nell’ultimo periodo, qualcosa tra Biden e i cittadini statunitensi potrebbe non essere andato per il verso giusto.
Per aggiungere un ulteriore dato, a maggio il 36% degli intervistati di tutte le ideologie politiche e provenienti da ogni stato degli Usa si diceva soddisfatto di come stessero complessivamente andando le cose nel Paese. Un valore che ad oggi è calato al 23%.
Ma come è stata possibile un’inversione di tendenza così drastica?
La variante Delta
In primo luogo, il Covid. Analizzando l’andamento della popolarità di Biden, il primo crollo è riscontrabile tra il 26 luglio e il 5 agosto. Quel circoscritto periodo di tempo è il momento in cui la variante Delta si è diffusa su larga scala nel Paese, influendo sull’umore dei cittadini.
Se il 6 luglio il New York Times riportava come stima settimanale l’incremento di 27.077 casi al giorno, il 6 agosto la cifra si era alzata a 106.677. Dati che sono quindi quasi quadruplicati nel giro di un mese esatto.
Con l’avanzare di agosto i numeri dei contagi su base giornaliera hanno continuato ad aumentare, arrivando, il 31 del mese, a registrare quota 160.383 contagiati giornalieri. Numeri di questa gravità non venivano registrati da fine gennaio e hanno portato solo poco più della metà della popolazione – il 53% – a dichiararsi soddisfatta delle modalità di gestione della pandemia da parte della presidenza Biden. Un numero tutto sommato deludente, considerati gli sforzi fatti per completare le massicce operazioni di immunizzazione a livello nazionale.
Il conseguente perdurare delle difficoltà economiche legate all’aumento dei contagi, dei tassi di ospedalizzazione e delle morti ha ulteriormente aggravato il dissenso dei cittadini verso il Presidente.
La ritirata dall’Afghanistan
Il secondo grande fattore che ha influito negativamente sull’opinione dei cittadini nei confronti di Biden è stata la ritirata delle truppe americane dall’Afghanistan. Il problema principale non è stato il ritiro dall’Afghanistan in sé, in quanto si è trattato di una scelta “bipatisan”, ossia sostenuta in modo più o meno omogeneo da Democratici, Repubblicani e Indipendenti. D’altronde, il 69% della popolazione si diceva determinato a porre termine alla ventennale guerra in Afghanistan, con solo il 16% che preferiva rimanere ancora in terra afghana (e un 15% incerto sul da farsi).
Per capire ulteriormente come fosse sostenuto da tutti gli schieramenti politici il ritiro delle truppe, basti sapere che volevano andare via dall’Afghanistan l’84% degli elettori Democratici, il 66% degli Indipendenti e il 52% dei Repubblicani. Si è trattato perciò di una ritirata ampiamente condivisa.
Come è stato possibile quindi il calo di Biden? La risposta, ovviamente, sta nelle modalità di ritirata.
L’avanzata inarrestabile dei talebani culminata nella presa di Kabul del 15 agosto, le seguenti operazioni emergenziali di fuga, il caos all’aeroporto e gli attentati del 26 agosto che hanno causato la morte di 13 soldati americani che stavano organizzando il ritiro sono tutti elementi che hanno pesato sul giudizio dell’opinione pubblica nei confronti di Biden: il 62% degli intervistati si è infatti detto contrario a come è avvenuta la ritirata.
Il confronto con i Presidenti americani del passato
Dopo più di 240 giorni di Biden alla Casa Bianca, come può essere valutata la sua popolarità? Non essendoci strumenti di registrazione oggettiva, il modo più concreto e indicativo è fare un’analisi comparata della popolarità del 46° Presidente con quella dei suoi predecessori.
Tornando indietro sino alla presidenza di Jimmy Carter, a cavallo tra il 1977 e il 1981, emerge un dato significativo: dei sette presidenti tra Carter e Biden, soltanto uno arrivato a questo momento del mandato aveva un tasso di approvazione inferiore a quello di Biden, ed è Donald Trump.
Carter, Reagan, George H.W. Bush, Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama avevano tutti una percentuale di consenso superiore al 46%. Donald Trump, invece, si attestava sul 38,8%.
La crisi depressiva dell’elettorato di Biden è quindi irreversibile? In realtà non è così. Nonostante il grande calo, infatti, nell’ultima settimana le cifre stanno cominciando lentamente a risalire, tanto che dall’8 settembre a oggi il presidente Dem ha recuperato un punto percentuale. Il motivo è di natura puramente logica: non appena si spegnerà l’attenzione mediatica dalle tematiche più spinose – Covid ed Afghanistan – il tasso di approvazione tornerà presumibilmente a risalire, tornando gradualmente a riequilibrarsi con la media che finora lo ha accompagnato di un consenso intorno al 51%.
Un esempio lampante di questa dinamica rimanda a quanto accaduto a Trump, che durante la sua presidenza era sceso di quattro punti percentuali in un mese – dal 42% al 38% – per aver licenziato il direttore dell’FBI James Cooney a seguito di uno scandalo. Una volta che lo scandalo non ha più riempito le prime pagine dei giornali, il tasso di approvazione è tornato a oltre il 40%.
Le probabilità di risalita di Biden, perciò, sembrerebbero supportate da logica e precedenti. Insomma, potenziali buone notizie per l’attuale presidente USA, che di certo si augura di riuscire a emulare i suoi predecessori tornando a godere della fiducia della maggioranza del Paese.
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