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I dati che mostrano che i vaccini stanno funzionando

I vaccini in Italia si stanno dimostrando altamente efficaci contro le forme gravi della Covid-19 e anche contro il rischio di infezione 

Ogni settimana l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) diffonde i numeri delle diagnosi, delle ospedalizzazioni, degli ingressi in terapia intensiva e dei decessi divisi per status vaccinale. Partendo da questi dati si possono tracciare bilanci su diversi aspetti, uno fra tutti l’incidenza dei vaccini nel contrasto alla pandemia, con i dati che ci dicono chiaramente una cosa: i vaccini stanno funzionando molto bene.

Per valutare l’efficacia dei vaccini dobbiamo guardare ai dati rapportati al numero di persone non vaccinate, parzialmente vaccinate e completamente vaccinate ogni 100.000 persone. Se si guarda ai numeri assoluti si rischia infatti di avere un quadro distorto, dovuto al fatto che la stragrande maggioranza della popolazione ha già ricevuto almeno una dose di vaccino. Inoltre, è meglio guardare ai dati divisi per fascia anagrafica al fine di evitare di cadere nel paradosso di Simpson, che potrebbe trarre in inganno relativamente alle probabilità di ospedalizzazione tra vaccinati e non vaccinati senza considerare il fattore legato all’età.

 

I dati sull’efficacia

I dati mostrano che i vaccini contro la Covid-19 in uso in Italia riducono sensibilmente la probabilità di contagiarsi e di sviluppare forme gravi della malattia: due dosi si confermano fondamentali per essere protetti, ma si ha un’alta protezione già a partire da una singola dose di vaccino. 

Nel periodo tra il 13 agosto e il 12 settembre, ad esempio, nelle persone tra 40 e 59 anni ci sono state 623 diagnosi ogni 100.000 persone non vaccinate, 275 ogni 100.000 parzialmente vaccinate e 134 ogni 100.000 individui completamente vaccinati. Questi dati mostrano quindi che la riduzione delle diagnosi tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati è stata del 56% per coloro che erano parzialmente vaccinati e del 79% tra chi aveva completato il ciclo vaccinale. I dati sulle diagnosi vanno comunque presi con cautela, in quanto sono influenzati dalle strategia di testing adottata nel èaese: in Italia, nello specifico, le persone che non intendono vaccinarsi ma desiderano avere il Green pass sono costrette a effettuare un numero di tamponi molto maggiore rispetto ai vaccinati. 

Guardando i dati sulle ospedalizzazioni, vediamo però risultati ancora migliori. Nelle persone tra i 60 e i 79 anni che hanno ricevuto una diagnosi di positività tra il 6 agosto e il 12 settembre e in seguito sono state ospedalizzate si vede che il tasso di ricovero è di 103 ogni 100.000 non vaccinati, di 29,5 ogni 100.000 parzialmente vaccinati e di 7,1 ogni 100.000 completamente vaccinati. Questi dati indicano che una persona che aveva completato il ciclo vaccinale tra i 60 e i 79 anni ha avuto il 93% di probabilità in meno di essere ricoverata in ospedale rispetto a un non vaccinato, mentre per un parzialmente vaccinato la probabilità è stata del 71% in meno.

Nello stesso periodo e nella stessa fascia anagrafica i ricoveri in terapia intensiva sono stati 19,8 ogni 100.000 non vaccinati, 2,9 ogni 100.000 parzialmente vaccinati e 0,8 ogni 100.000 completamente vaccinati: la riduzione dell’incidenza rispetto a chi non si è fatto vaccinare è stata quindi dell’85% per coloro ancora in attesa della seconda dose e del 96% per chi ha concluso il ciclo vaccinale.

Infine, osservando i dati sulle persone oltre gli 80 anni che hanno ricevuto una diagnosi di positività tra il 23 luglio e il 7 agosto e che in seguito sono decedute, possiamo osservare che ci sono stati 94,6 decessi ogni 100.000 persone non vaccinate, 17,5 ogni 100.000 parzialmente vaccinati e 7 ogni 100.000 completamente vaccinati. Quindi chi era in attesa della seconda dose ha avuto l’82% di probabilità in meno di morire rispetto a un non vaccinato, mentre un completamente vaccinato il 93% in meno.

Se si confrontano i dati di una settimana con quelli della precedente bisogna inoltre tenere a mente che piccole variazioni possono non essere statisticamente significative, in particolare se il numero di eventi non è molto alto (come per i decessi per i più giovani), ma anche che una piccola variazione dell’efficacia può fare grandi differenze: ad esempio, se un vaccino è efficace al 95% e l’efficacia poi scende al 90% vuol dire che ci attenderemo il doppio dei decessi che si sono verificati in precedenza (10 contro 5).

In breve, comunque, i vaccini stanno funzionando molto bene in Italia andando a prevenire la maggioranza delle forme gravi di Covid-19, riducendo anche il numero di casi e quindi la circolazione virale nel suo complesso.

Lorenzo Ruffino

1 commento

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  • Vediamo, se su 100 tamponi, un solo vaccinato è positivo, qual’è la percentuale di vaccinati positivi?
    1% direte. Anche secondo l’ISS.

    C’è un’equivoco di fondo. Se tra questi 100 tamponi, i vaccinati tamponati sono solo uno e questi è infetto, la percentuale reale sarà il 100%.

    Leggete tutti i bollettini, tutti i comunicati stampa e scoprirete che il dato “quanti tamponi di vaccinati, quanti di non vaccinati”, non lo dicono.
    Posto che il dato dei malati gravi è comunque valido, perchè se uno sta molto male prima o poi il tampone lo fa, per gli infetti asintomatici o lievi questo calcolo è falsato e decettivo.
    Anche perchè se rivelassero la composizione dei tamponi tra vaccinati e non, è evidente che sarà composta in maggioranza da non vaccinati. Vista la furbata del green pass che obbliga solo i non vaccinati a fare periodicamente un tampone. Quindi si avrà un numero molto maggiore di non vaccinati testati e a cui verrà rilevato il virus.
    Che matematicamente aumenterà a dismisura dopo il 15 di ottobre.
    Anche l’effetto paradosso di cui si parla qua, và applicato al contrario, cioè a favore dei non vaccinati. Perchè se è vero che nella popolazione ci sono più vaccinati, però questa non è la popolazione, ma la platea dei tamponati.